«Ora ci ritroviamo senza lavoro», 70 lavoratori precari dell’Agenas scrivono a Speranza
Erano assunti con contratto a termine Lettera al ministro: «Arreso a una logica di compromesso e ricatto propria ormai della politica italiana tutta»
Erano assunti con contratto a termine Lettera al ministro: «Arreso a una logica di compromesso e ricatto propria ormai della politica italiana tutta»
L’Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali (Agenas) è uno dei nodi nevralgici nella lotta alla pandemia. L’agenzia monitora l’efficienza dei servizi sanitari regionali, dallo stress cui sono sottoposti gli ospedali alla percentuale dei pazienti che vengono curati in ciascuno ospedale. I tecnici dell’agenzia, inoltre, consigliano le regioni nelle riorganizzazioni di fronte a squilibri di natura economica o sanitaria, come quella provocata dal Covid.
Difficile che un avamposto sanitario di tale rilevanza possa decidere di fare a meno di persone e competenze proprio in questa fase. Eppure, scrive un gruppo di lavoratrici e lavoratori dell’agenzia in una lettera aperta al ministro della salute Roberto Speranza «al termine del 2020, in 70 ci siamo ritrovati senza il lavoro al quale tanto avevamo dedicato».
Si tratta di lavoratori precari, assunti con contratti a termine ma che evidentemente avevano un ruolo essenziale, visto che quei contratti sono stati puntualmente rinnovati per molti anni. Il governo, che avrebbe dovuto stabilizzarne il rapporto di lavoro, per un anno ha fatto promesse, illuso persone, avviato trattative: tutto inutile. «Al termine del 2021, interamente trascorso tra speranze, manifestazioni, trattative e presidi ci ritroviamo con un pugno di mosche in mano e con la consapevolezza che a vincere sia sempre Golia, se il Davide di turno non ha appoggi potenti», constatano i lavoratori. Agenzia e governo ora hanno interrotto ogni interlocuzione con i 70 ex-precari.
L’unica speranza ormai è riposta nella magistratura, a cui alcuni di loro si sono rivolti per ottenere giustizia e ristabilire un principio di base: «rottamare» persone su cui si è investito, proprio nel momento in cui il bisogno di competenze è più forte, oltre che un’ingiustizia è uno spreco per tutti.
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