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Ora c’è la fronda dei velocisti

Ora c’è la fronda dei velocistiIl segretario del Pd Pier Luigi Bersani

Politica Renzi attacca: «Stiamo perdendo tempo». Ce l’ha con il segretario, riceve gli applausi della destra. I suoi presentano una proposta di legge per l’abrogazione dei finanziamenti pubblici. Il Pd: «Non è la nostra linea»

Pubblicato più di 11 anni faEdizione del 4 aprile 2013

«Stiamo vivendo una situazione politico-istituzionale in cui stiamo perdendo tempo mentre il mondo ci chiede di correre a velocità doppia». Non si fa aspettare la risposta di Matteo Renzi al ritorno in campo di Bersani, che martedì ha ribadito che la proposta del Pd per il governo resta la stessa ante-preincarico, candidato premier compresi. Renzi non parla direttamente a Bersani. Ma da comunicatore professionale (era il suo mestiere prima della politica) qual è, sa bene che queste parole suonano come una polemica con il segretario. Non a caso, arrivano applausi da destra e repliche stizzite dall’area bersaniani. I malpancisti democratici gradirebbero la convocazione rapida di una direzione. Non invece i ’seniores’ del partito: che per ammorbidire la linea Bersani («no a governissimi né a governi tecnici», quindi neanche del presidente) puntano sulla discussione sulla rosa di nomi non sgraditi al Pdl al Colle. O alla conferma di Napolitano: sarebbe «felicissimo di votarlo» Nicola Latorre e la bersaniana Alessandra Moretti, per l’ex cislino Sergio D’Antoni «sarebbe un bene riuscire a convincerlo».

 

Bersani non sta fermo. Oggi potrebbe già incontrare Monti. I suoi confermano un lavorìo per un appuntamento con Berlusconi. Il plenipotenziario Pd è Vasco Errani, uno dei due fedelissimi emiliani (l’altro è Maurizio Migliavacca) che affiancano il segretario. «A patto che tutto si svolga nelle sedi istituzionali», si sottolinea al Nazareno. Non siamo alla richiesta della diretta streaming, ma Bersani non vuole rimanere incastrato in una trattativa che Berlusconi avrebbe tutto l’interesse di far risultare inciucio. Soprattutto agli occhi dei grillini. I cui voti non dispiacerebbero a Bersani: anche perché l’elezione di un nuovo capo dello stato senza una qualche collaborazione del M5S riproporrebbe quello schema Pd-Pdl-Monti che la sinistra interna vede come fumo negli occhi.

 

Da pontieri con i grillini lavorano i vendoliani. Schierandosi con loro per far partire le commissioni parlamentari prima della nascita del governo, affidando – come sostiene il capogruppo Gennaro Migliore – le presidenze agli onorevoli anziani. Un percorso che potrebbe portare il centrosinistra a affrontare un argomento spinoso: il ritiro delle truppe italiane dall’Afghanistan. E’ previsto entro il 2014, ma M5S annuncia una mozione per accelerarne i tempi. I montiani sono contrari, e la cosa – se arrivasse in aula – potrebbe rovinare definitivamente i rapporti già non facili fra Scelta civica e Pd.

 

Ma se i seniores del Pd lasciano per ora Bersani tessere la sua tela, ci pensano i renziani a disfarla. Ieri un gruppo di senatori di area renziana (Marcucci, De Giorgi, Collina, Ginetti, Cociancich, Cantini, Del Barba, De Monte, Lepri, Morgoni) hanno presentato una proposta di legge per «abrogare» il rimborso elettorale ai partiti perché «una forma impropria di finanziamento pubblico alla politica». Un’iniziativa marcatamente di corrente, una quasi-prima nel partito; per esempio nella scorsa legislatura Veltroni ha firmato la proposta di introdurre le primarie per legge, ma con l’avevano sottoscritta anche deputati di altre aree cultural-politiche. «Iniziativa legittima ma che non riflette la proposta del Pd», li ha stoppati il tesoriere Antonio Misiani. «La linea del segretario è una riforma più ampia che investa anche il nodo della trasparenza». Quella dei soldi ai partiti è con ogni evidenza una partita che Renzi vuole giocare per marcare la differenza con Bersani. Lo ha già fatto nelle settimane scorse. Anche perché, nonostante i tagli draconiani (il 75%) per i funzionari, il Pd avrebbe già fatto richiesta della tranche di luglio del rimborso.

 

Ma la questione è seria, ha a che vedere con l’idea di partito, diversissima, che hanno Bersani e Renzi. Il sindaco di Firenze ha reso noti i finanziatori del suo tour «BigBang» per le primarie. Un milione di euro: a colpi di grande taglio dal finanziere David Serra, da Guido Ghisolfi, della multinazionale della chimica Mossi, da Paolo Fresco, ex presidente Fiat, dal banchiere Guido Roberto Vitale, da Fausto Boni, ex McKinsey & Company, dall’immobiliare Blau Meer, dalla Cimis (impianti petrolchimici) , dalla Simon Fiduciaria, della famiglia Grande Stevens. Alcuni finanziatori non hanno accettato di essere resi pubblici. In ogni caso, non proprio una sottoscrizione popolare.

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