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Opac a Douma, Riyadh pronta a mandare in Siria i suoi soldati

Opac a Douma, Riyadh pronta a mandare in Siria i suoi soldati

Siria Trump, scrive il Wall Street Journal, vuole sostituire le truppe Usa nel nord della Siria con soldati arabi. Riyadh si mostra disponibile. Intanto il noto giornalista britannico Robert Fisk, entrato nella Ghouta, raccoglie testimonianze e smentisce attacco con armi chimiche.

Pubblicato più di 6 anni faEdizione del 18 aprile 2018

La missione dell’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (Opac) è ‎giunta ieri a Douma. I suoi membri indagheranno sul presunto raid con armi ‎chimiche del 7-8 aprile che avrebbe fatto decine di morti. Raid al quale Usa, Francia ‎e Gb il 14 aprile hanno risposto con il lancip di oltre 100 missili contro la Siria. ‎Appena entrata a Douma la delegazione dell’Opac si è diretta verso l’ospedale dove ‎si trovano ricoverate alcune delle “vittime”. Nelle stesse ore mentre si aspettavano ‎gli esiti dell’audizione al Congresso del segretario alla difesa Usa, James Mattis, e ‎del capo degli stati maggiori riuniti Joseph Dunford, sui raid americani contro ‎Damasco, i sauditi hanno accreditato un articolo del Wall Street Journal ‎sull’intenzione degli Stati uniti di rimpiazzare la propria presenza nel nord della ‎Siria (almeno 2mila uomini) con una forza militare congiunta composta da diversi ‎Paesi arabi: Egitto, Arabia Saudita, Emirati e forse il Qatar. Riyadh, per bocca del ‎ministro degli esteri Adel Jubeir, si è detta disponibile a inviare proprie truppe in ‎Siria, con altri paesi, al fine di «stabilizzare la situazione nel Paese». Questa ‎‎”soluzione” – sarebbe l’inizio della partizione della Siria di cui si parla da tempo – ‎darebbe il via a una guerra devastante. La Siria e l’Iran, e probabilmente anche la ‎Russia, non la accetteranno mai.

‎ Si spera che la missione Opac possa operare senza ostacoli. Il rischio di pressioni è ‎enorme perché se l’Opac dovesse confermare ciò che ripetono Mosca e Damasco, ‎ossia che a Douma non sono mai state usate armi chimiche, l’aggressione alla Siria ‎ordinata sabato da Trump, Macron e May risulterebbe ancora più grave e illegittima. ‎Washington nel frattempo già sostiene che russi e siriani hanno fatto sparire le ‎prove. Sui fatti di Douma ha scritto sull’Independent il famoso giornalista ‎britannico e vincitore di premi internazionali Robert Fisk. A Douma, Fisk ha ‎intervistato medici e abitanti testimoni di quanto avvenuto tra il 7 e 8 aprile. La sua ‎conclusione è netta: sono vere le immagini che mostrano medici e volontari ‎impegnati nei soccorsi ma le “vittime” non erano state attaccate dal cloro o da gas ‎velenosi ma soffrivano di ipossia, mancanza di ossigeno. Fisk riporta la ‎testimonianza di un medico, Assim Rahaibani, dal luogo del presunto attacco ‎chimico. Rahaibani spiega che le persone nei filmati hanno rischiato di rimanere ‎asfissiate dopo un bombardamento che aveva fatto crollare numerosi edifici sui ‎ricoveri e tunnel sotterranei in cui la popolazione di Douma trovava rifugio durante ‎i combattimenti tra jihadisti e forze governative. ‎«La gente è arrivata qui soffrendo ‎di ipossia – ha raccontato il dottor Rahaibani – poi qualcuno alla porta, un membro ‎degli ‘Elmetti Bianchi’, ha gridato ‘Gas’ ed è stato il panico. Le persone hanno ‎iniziato a gettarsi acqua addosso. Sì, il video è stato girato qui, è autentico, ma ‎quello che si vede sono persone che soffrono di ipossia, non di avvelenamento da ‎gas‎». Altri abitanti di Douma intervistati da Fisk non hanno confermato l’attacco ‎chimico. ‎

‎ Intanto in Siria continua la guerra. Riconquistata la Ghouta orientale e ottenuta ‎la resa dei miliziani di Jaysh al Islam ad al Dumair, ieri l’esercito siriano ha dato il ‎via alla fase preliminare di una nuova grande offensiva a sud Damasco. L’area ‎interessata è quella del più grande dei campi profughi palestinesi, Yarmouk, e di ‎alcune zone limitrofe – Hajar al Aswad e Tadamon – dal 2015 sotto il controllo ‎dell’Isis che a marzo ha occupato anche Qadam. Da Yarmouk la popolazione è in ‎gran parte fuggita ma alcune migliaia di rifugiati restano nel campo. Una ‎riconquista da parte del governo di quest’area libererebbe Damasco da qualsiasi ‎pressione. Inoltre aprirebbe la strada ad una nuova offensiva, nel sud del Paese ‎contro altre formazioni islamiste armate e per il controllo pieno del territorio a ‎ridosso delle linee israeliane sul Golan occupato. In quel caso il rischio già elevato ‎di un conflitto tra gli alleati Siria-Iran-Hezbollah e Israele si farebbe ancora più alto.

‎ Ieri i media israeliani hanno ripetuto per tutto il giorno che Lo Stato ebraico è ‎pronto ad affrontare un possibile attacco, con missili terra terra o droni armati, da ‎parte dei Guardiani della Rivoluzione dell’Iran in risposta al recente raid di Israele ‎sulla base siriana T4 che ha ucciso sette consiglieri militari iraniani. Se sia un ‎rischio reale o solo allarmismo per guadagnare appoggi internazionali in vista di un ‎conflitto ampio, nessuno sa dirlo. Solo i comandi militari delle parti coinvolte ‎conoscono la verità. I media, questa volta siriani, ieri mattina avevano riferito di un ‎attacco, lasciando intendere da parte di Israele, contro la base di Shiryat poi risultato ‎un falso allarme. A quanto pare sarebbe stato un attacco hacker a far attivare i ‎sistemi di difesa missilistica siriana senza che vi fosse una reale minaccia. ‎

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