Omofobia, il ddl Zan fa un passo avanti. Ma la strada è in salita
Diritti Si sblocca l’iter del disegno di legge: sarà calendarizzato al senato. Tutto il centrodestra contrario, la Cei vede rischi di «intolleranza»
Diritti Si sblocca l’iter del disegno di legge: sarà calendarizzato al senato. Tutto il centrodestra contrario, la Cei vede rischi di «intolleranza»
Si sblocca al Senato il disegno di legge contro l’omotransfobia. Ma il cammino si preannuncia accidentato: il relatore del provvedimento sarà infatti il leghista Andrea Ostellari, che più di tutti in queste settimane si è impegnato per far arenare la norma contro le discriminazioni e le violenze per orientamento sessuale, genere e identità di genere, abilismo.
Ieri mattina, dopo settimane che hanno visto contrapposti da un lato i sostenitori della legge, che hanno promosso flash-mob e campagne social per l’avvio dell’iter del testo già approvato alla Camera nello scorso novembre, e dall’altro l’opposizione e l’ostruzionismo di Fratelli d’Italia e soprattutto della Lega, la Commissione giustizia di Palazzo Madama ha dato il via libera al ddl Zan (dal nome del deputato del Pd, Alessandro Zan, che lo ha presentato a Montecitorio).
OGNI GRUPPO parlamentare ha indicato tre provvedimenti considerati prioritari. Fra questi c’era anche il ddl Zan, che è passato con 13 voti favorevoli di Pd, M5s, Leu e Italia Viva e 11 contrari, di tutto il centrodestra, compreso quello di governo (con poche eccezioni in Forza Italia), che ora accusa la sinistra di aver spaccato la “santa alleanza” costruita attorno a Mario Draghi («per una questione ideologica si va a infrangere l’unità a sostegno del governo, così si avvelena il clima», ha attaccato il senatore leghista Simone Pillon).
Entro il mese di maggio il ddl sarà incardinato in Commissione giustizia. Successivamente la stessa Commissione definirà un calendario dettagliato, stabilendo l’inizio dell’esame del provvedimento e le eventuali audizioni.
IL CAMMINO è quindi cominciato. Ma i tempi non saranno brevissimi, e soprattutto c’è il nodo del relatore. Ostellari, senatore della Lega – la forza politica maggiormente ostile alla legge contro l’omotransofobia, insieme a Fratelli d’Italia e a una parte consistente di Forza Italia -, è il presidente della Commissione giustizia di Palazzo Madama, che si è tolto i panni di arbitro super partes per assumere quelli di giocatore. «Il regolamento prevede che il relatore di ciascun disegno di legge sia il presidente della commissione, che ha la facoltà di delegare questa funzione ad altri commissari – ha dichiarato Ostellari -. Poiché sono stato confermato presidente, grazie al voto della maggioranza dei componenti della Commissione, per garantire chi è favorevole al ddl e chi non lo è, tratterrò questa delega».
«Dispiace che il presidente Ostellari abbia ritenuto di assumere il ruolo di relatore – ha replicato la senatrice dem, Monica Cirinnà -. In queste settimane ha dimostrato, purtroppo, di non avere a cuore l’imparzialità del suo ruolo: sono curiosa di capire come eserciterà, a questo punto, quello di relatore». E Laura Boldrini, che alla Camera aveva presentato un analogo provvedimento, poi confluito nel ddl Zan: «Il fatto che il leghista Ostellari nomini se stesso come relatore è un atto di prepotenza per perdere altro tempo. L’omotransfobia e la misoginia feriscono le vite delle persone. Per questo va approvata subito la legge».
UNO DEGLI ATTORI extraparlamentari che potrebbe giocare un ruolo fondamentale nell’approvazione o meno della legge è il mondo cattolico, se avviasse una vera e propria “crociata” contro il ddl Zan, come peraltro fatto in passato verso altri provvedimenti. Quello conservatore, come le associazioni del Family Day, che già annunciano manifestazioni di piazza: «Una parte di maggioranza vuole tenere il Parlamento occupato a parlare di un testo divisivo, che introduce nell’ordinamento un vago e pericoloso concetto di identità di genere, che apre a derive liberticide e all’indottrinamento nelle scuole tramite corsi affidati alle sigle lgbt, rallentando così la discussione e l’approvazione delle riforme necessarie per implementare il Recovery plan».
Ma anche quello istituzionale, con una nota della Presidenza della Cei, che continua a considerare il provvedimento un rischio per la libertà di opinione e a vedere quello che nella norma proprio non c’è: «Una legge che intende combattere la discriminazione non può e non deve perseguire l’obiettivo con l’intolleranza, mettendo in questione la realtà della differenza tra uomo e donna».
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