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Omofobia, 170 audizioni per fermare il ddl. È scontro

Omofobia, 170 audizioni per fermare il ddl. È scontro

La decisione del leghista Ostellari. Pd, M5S e LeU:« Subito in aula», ma i renziani frenano

Pubblicato più di 3 anni faEdizione del 26 maggio 2021

«Certo, andare in aula senza relatore è un rischio, ma l’alternativa è permettere alla Lega di bloccare per sempre il ddl Zan». È sera quando un senatore Pd commenta l’ennesima giornata di scontro sul disegno d legge contro l’omofobia. Nel tentativo di salvare il provvedimento bloccato da mesi in commissione Giustizia dall’ostruzionismo del Carroccio, M5S, Pd, e Leu ragionano sulla possibilità di mettere fine ai lavori della Commissione e dare la parola all’aula. Una decisione presa dopo l’annuncio dato ieri dal leghista Andrea Ostellari, presidente della commissione autoproclamatosi relatore del ddl, di ammettere 170 audizioni su un massimo consentito di 250. Il che significa che, pur accelerando al massimo i tempi, slitterebbe tutto a dopo l’estate. Se poi si considera il tempo per presentare e discutere gli emendamenti si finirebbe a autunno inoltrato. Quando, inutile dirlo, ad avere la precedenza subentrerebbero altre priorità, come ad esempio la legge di bilancio. Il risultato sarebbe quello di non parlare più del ddl chissà fino a quando.

Capito il pericolo, ieri il M5S ha lanciato la sfida agli alleati. «Basta aspettare andiamo in aula. Noi siamo pronti» dice la senatrice Alessandra Maiorino. Per farlo basta un voto a maggioranza in commissione e i numeri ci sono. LeU condivide subito la proposta, il Pd anche ma attraverso il senatore Franco Mirabelli chiede una riunione dei gruppi favorevoli al testo per decidere come muoversi. Due i dubbi che spingono il Pd alla prudenza. Il promo è tecnico: andare in aula senza relatore e con due testi, oltre al ddl Zan c’è anche quello del centrodestra a prima firma Renzulli, significherebbe imboccare un percorso difficile e reso più accidentato dal voto segreto. Il secondo è più politico. Fino a ieri sostenitrice del ddl Zan, Italia viva sembra avere dei ripensamenti. Non solo non si pronuncia sulla possibilità di andare in aula, ma nei giorni scorsi il capogruppo al Senato Davide Faraone ha chiesto un tavolo con tutti i capigruppo «per superare steccati e contrapposizioni sterili e trovare un accordo in tempi brevissimi».

Proposta che alcuni hanno letto come un passo indietro da parte dei renziani, contrari adesso a forzare la mano andando direttamente in aula. «Sento che il senatore Faraone dice ora cose diverse, ci spieghi su cosa ha cambiato idea», chiede non a caso la dem Monica Cirinnà. «Chi ha problemi parli, perché se si vuole portare fino in fondo la legge servono certezze per non correre rischi con il voto alla cieca». E a favore della legge si pronuncia anche il forzista Elio Vito, per il quale dentro Forza Italia «non esiste una linea di partito come dice Ronzulli, perché Silvio Berlusconi ci ha dato libertà di coscienza, come fece con le unioni civili, e gli organi di partito non si sono mai occupati di questo».

«Chi a paura del confronto? Noi no e siamo pronti a discutere con lealtà», ha detto ieri Ostellari dimenticando l’ostruzionismo leghista che ha ritardato per mesi la discussione. E 170 audizioni non facilitano certo un confronto sereno. «Nemmeno per cambiare la Costituzione si sono fatte tante audizioni», ironizza Vito. Tra gli esperti che saranno ascoltati a partire da giovedì ci sono femministe, associazioni gay e trans, giuristi, ma anche giornalisti, l’ex presidente della Consulta Cesare Mirabelli e l’ex ministro Giovanni Maria Flick, esponenti del mondo cattolico ma anche mormoni, l’Ucoii, l’Unione delle comunità islamiche in Italia e il rabbino Riccardo Di Segni. E poi l’Associazione nazionale genitori irpini, le Assemblee di Dio in Italia, il Movimento per la vita, esponenti di Se non ora quando, l’Azione cristiani perseguitati, la Cei e il presidente della regione Calabria Nino Spirlì. In tutto per l’appunto 170 personalità. «Una presa in giro» per il Pd, che parla di «provocazione intollerabile» e di «forzatura democratica».

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