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Omicidio Scieri, un nome dal buio

Omicidio Scieri, un nome dal buioEmanuele Scieri

Omicidio alla Folgore Dopo 19 anni, e grazie alla commissione parlamentare che ha fatto riaprire il caso, la procura di Pisa ha arrestato Alessandro Panella, 39 anni, all'epoca caporal maggiore alla caserma Gamerra di Pisa, centro di addestramento parà. E' accusato di concorso in omicidio volontario. Indagati anche due suoi vecchi commilitoni. L'ex parà ha la cittadinanza Usa, stava per tornare in California.

Pubblicato più di 6 anni faEdizione del 3 agosto 2018

Esce un nome dal buio per l’omicidio di Emanuele Scieri. Dopo 19 anni, e grazie al lavoro della commissione di inchiesta parlamentare che aveva fatto riaprire il caso della morte del giovane parà di leva, la procura di Pisa ha chiesto e ottenuto l’arresto di Alessandro Panella, 39 anni. Un ex parà che nell’agosto del 1999 era in ferma prolungata alla caserma Gamerra di Pisa, centro di addestramento della brigata Folgore. Panella era caporal maggiore e capo-camerata, in un ruolo chiave per i meccanismi dei diffusi atti di nonnismo che scandivano la vita alla Gamerra, e al tempo stesso per la patologica omertà che ha segnato le indagini sulla notte del 13 agosto 1999. Un venerdì.

Panella è accusato di concorso in omicidio volontario. Nelle intercettazioni ambientali, scrive il gip. “di fronte all’ottimismo del fratello sugli anni di carcere a cui potrà essere condannato, Panella risponde: ‘Se stavolta riescono a incastrarmi, mi sa che ci muoio in carcere’”. Stessa accusa per due suoi commilitoni dell’epoca, di Roma e di Rimini, a piede libero perché non c’è il pericolo di fuga. Il romagnolo è ancora un militare. Per l’ex caporale invece il pericolo di fuga esisteva: “C’è stata un’accelerazione – ha spiegato il procuratore Sandro Crini – perché stava per lasciare il territorio nazionale”.
Panella, originario di Cerveteri, era tornato nella casa di famiglia da qualche tempo. Ma aveva già acquistato il biglietto aereo per tornare fra poche ore a San Diego in California, dove lavora come interprete da oltre dieci anni, e dove è stato sposato con una statunitense, acquisendo la cittadinanza Usa. Ancora intercettato, spiegava ai familiari di voler abbandonare la cittadinanza italiana. Il suo nome era già emerso in commissione: “Una volta sono stato legato a metà scala con delle lenzuola da Ceci e Panella – aveva raccontato un altro parà di leva, Stefano Ioanna – e sono stato lanciato su dei materassi. Io insieme alla scala”.

Non c’erano invece materassi per attutire la caduta di Emanuele Scieri dalla torre di asciugamento dei paracadute. Il giovane siracusano, 26 anni, già laureato e futuro procuratore legale, quel venerdì 13 era appena arrivato alla Gamerra. La parlamentare siciliana Stefania Prestigiacomo di Fi, che della commissione è stata vicepresidente, aveva anticipato: “Qualcosa è successo già sul pullman che ha trasferito Emanuele e altre reclute a Pisa. Sappiamo che sono stati fatti viaggiare con i finestrini chiusi e il riscaldamento al massimo, nella posizione della sfinge. Lui non accettava questi soprusi”.

Quella sera Scieri rientrò dopo la libera uscita, dopo aver anticipato ai superiori che non avrebbe più fatto il parà nel suo anno di militare. Invece, nonostante più di un testimone lo avesse visto in caserma, al contrappello non c’era. E, con una leggerezza inaudita, fu dato per assente. Mentre stava subendo violenze nella zona della torre di asciugamento dei paracadute. Lì dove i “nonni” e i graduati avevano libertà d’azione. Con il tacito placet dei comandanti della Folgore, che secondo le conclusioni della commissione ha poi sviato le prime indagini.

In quella zona franca Emanuele fu picchiato. “La consulenza cinematica – ha raccontato Sofia Amoddio del Pd, anche lei siciliana e presidente della commissione – ha accertato che la presenza di una delle sue scarpe ritrovata troppo distante dal cadavere, la ferita sul dorso del piede sinistro, e sul polpaccio sinistro, sono incompatibili con una caduta. Mostrano che Scieri è stato aggredito prima di salire sulla scala”. Poi la recluta fu costretta a salire sulla torre dalla parte esterna, dove poteva tenersi solo con le braccia, e precipitò al suolo. Forse gli avevano pestato le mani, per certo Panella buttò via i suoi anfibi e se ne fece dare di nuovi.

Nella caduta Scieri si era rotto la colonna vertebrale. Ma era ancora vivo, almeno per qualche ora: “C’era il tempo per soccorrerlo – annota Crini – per questo contestiamo l’omicidio volontario. Non è una congettura, è ricavata dai vecchi accertamenti e attualizzata con quelli peritali della commissione. Sulle modalità dei fatti c’è stata condivisione anche con le testimonianze che abbiamo raccolto”. Ancora: Scieri era caduto a soli cinque metri dal muro di cinta della caserma Gamerra. E, per quanto parzialmente occultato dai suoi assassini, era impossibile che il picchetto armato ordinario – Pao – non si fosse accorto di niente. Per tre lunghissimi giorni, fino a quando il 16 agosto non fu rinvenuto il cadavere. Quando i “nonni” erano stati congedati. E Panella era in licenza.

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