Omerovic, un agente rompe il muro di omertà
L’arresto di Andrea Pellegrini, accusato di tortura, grazie alla confessione e alle accuse di uno dei poliziotti presenti nell’appartamento. Nell'ordinanza la conversazione tra l'ispettore Centamori della Squadra mobile e l'ispettrice Passalia del commissariato Primavalle: «Roby te l’ho detto pure al telefono, in caso di dubbi scrivi e parati il culo che poi l’onda di merda semmai arriva sommerge tutti»
L’arresto di Andrea Pellegrini, accusato di tortura, grazie alla confessione e alle accuse di uno dei poliziotti presenti nell’appartamento. Nell'ordinanza la conversazione tra l'ispettore Centamori della Squadra mobile e l'ispettrice Passalia del commissariato Primavalle: «Roby te l’ho detto pure al telefono, in caso di dubbi scrivi e parati il culo che poi l’onda di merda semmai arriva sommerge tutti»
«Il muro di omertà che pareva esserci dentro la polizia sembra ora essersi rotto». Tira un sospiro di sollievo, Carlo Stasolla, portavoce dell’associazione 21 Luglio che fin da subito ha scortato la famiglia di Hasib Omerovic e l’ha sostenuta nella difficile battaglia per ottenere la verità su quanto avvenuto quel 25 luglio nel loro appartamento di Primavalle, in via Gerolamo Aleandri. La sorella di Hasib, Sonita, l’unica testimone oculare, ancora non è stata ascoltata dalla procura di Roma perché la fragilità della ragazza, affetta da un ritardo cognitivo, richiede un incidente probatorio, con tanto di psicologo e interprete dal romanè. E anche lo stesso Hasib non è ancora in grado di affrontare il ricordo di quelle ore, malgrado sia uscito dal coma, abbia ricominciato a respirare autonomamente, riesca a masticare e abbia perfino compiuto i primi passi. È accudito con amore e carezze ma i gesti con i quali si esprime indicano solo bisogni momentanei.
Ma a rompere il muro di omertà è stato Fabrizio Ferrari, uno dei quattro poliziotti che si sono intromessi quel giorno nell’appartamento senza mandato (ma su incarico conferito dalla dott.ssa Buia, commissario capo di Primavalle, secondo lo stesso Gip). La sua testimonianza è però anche «corredata da una robusta piattaforma indiziaria», scrive il giudice Ezio Damizia che ha disposto gli arresti domiciliari per l’agente cinquantenne Andrea Pellegrini, accusato di aver torturato il giovane rom sordomuto e di aver poi testimoniato il falso. E ha disposto «misure interdittive» per gli altri due agenti presenti quel giorno nell’appartamento, il 28enne Alessandro Sicuranza e la 21enne Maria Rosa Natale (per i quali il giudice si riserva di intervenire successivamente con un’ulteriore ordinanza). Sono 4 gli altri agenti indagati, a vario titolo, per falso ideologico commesso da pubblico ufficiale in atti pubblici e depistaggio.
DALLE CARTE emergerebbe che l’agente Pellegrini – che gli inquirenti definiscono dal passato «turbolento», con un fascicolo personale connotato da «numerose sanzioni» inflitte nel corso degli anni «sin dal momento in cui svolgeva il corso alla Scuola Allievi di Alessandria» – avrebbe torturato Hasib legandogli i polsi con un filo elettrico strappato da un ventilatore, colpendolo al volto e minacciandolo con un coltello («se lo rifai te lo ficco nel culo», avrebbe urlato Pellegrini secondo la testimonianza di Ferrari). Sarebbe stato un modo per punire Omerovic e indurlo a non commettere più le presunte molestie verbali che avrebbe commesso nei confronti di alcune ragazze, episodi denunciati solo attraverso alcuni post pubblicati su Facebook da abitanti del quartiere.
IN PARTICOLARE nell’ordinanza si fa riferimento ad alcune foto scattate dallo stesso Pellegrini e mostrate come “prova” dell’incolumità di Hasib durante la loro spedizione anche ai genitori del ragazzo quando, il giorno dopo, si recarono al commissariato di Primavalle per chiedere spiegazioni sull’accaduto. Foto, del giovane sordomuto seduto su un sedia nella sua camera da letto, che l’agente avrebbe inviato via WhatsApp anche alla commissaria Buia che gli aveva conferito l’incarico di individuare l’uomo segnalato su Fb. Dall’esame di quelle fotografie, gli inquirenti hanno potuto verificare l’esistenza di segni rossi sui polsi di Hasib, compatibili con la tortura testimoniata del poliziotto pentito. Nell’inchiesta coordinata dal procuratore aggiunto Michele Prestipino e dal pm Stefano Luciani si riportano anche le parole del poliziotto pentito che ricorda di come Pellegrini «si era persino vantato con il collega di aver “malmenato un pedofilo in occasione di un arresto”». Ferrari «ha riferito di essersi sentito “intimorito” dal Pellegrini “conoscendolo come un soggetto del quale non sono prevedibili i comportamenti e le reazioni”».
TORNANDO alla scena del crimine, in quei minuti drammatici, mentre venivano scattate le foto, presumibilmente, Hasib Omerovic sarebbe riuscito a sottrarsi al suo aguzzino e, secondo quanto riportato da Ferrari, tirata su la serranda della camera da letto (bloccata da mesi), avrebbe tentato di fuggire dalla finestra; avrebbe esitato ma poi sarebbe scivolato giù. Ma la versione non combacia con quanto riferito da Sonita che ha detto di essere entrata nella camera da letto, attratta dalle urla di suo fratello, e di aver visto un poliziotto che teneva Hasib per i piedi fuori dalla finestra.
Sul caso, le indagini sono state effettuate dalla Squadra mobile. Come si legge nell’ordinanza, un suo dirigente, l’ispettore Centamori, sarebbe stato contattato dall’ispettrice Roberta Passalia, del commissariato di Primavalle, che gli avrebbe raccomandato di svolgere «bene bene le indagini perché le cose non stanno come hanno scritto gli operanti». Viceversa però, Centamori (non indagato) avrebbe consigliato alla dirigente di P.S. di «redigere una relazione di servizio “per pararsi il culo dall’onda di merda” che quando “arriva sommerge tutti”».
Il capo della Polizia, Lamberto Giannini, ha espresso ieri «rammarico» per quanto accaduto e «vicinanza alla famiglia», ma anche «serenità e orgoglio per aver fatto quello che bisognava fare, per esserci messi a disposizione della procura in indagini affidate alla Squadra mobile che ha ricostruito il quadro che ha portato al provvedimento».
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