Omega 3, un tesoro tra le onde del mare
Alimentazione Questi oli polinsaturi benefici per la salute si trovano soprattutto in pesci come sgombro, salmone e tonno. Ma anche nelle noci e nei semi di chia
Alimentazione Questi oli polinsaturi benefici per la salute si trovano soprattutto in pesci come sgombro, salmone e tonno. Ma anche nelle noci e nei semi di chia
Una notizia curiosa porta alla luce un’inattesa proprietà di alcuni animali marini. Le scienze biologiche, che hanno fatto passi da gigante nell’ultimo secolo, continuano a fornirci sorprese interessanti.
Una branca affascinante è quella che studia la vita negli oceani, spesso considerati solo a fini di sfruttamento commerciale, come indica la politica dell’ultima amministrazione americana e più in generale il rischio estinzione che riguarda molte specie ittiche in tutti i mari del pianeta.
A volte invece, emergono notizie che confermano quanto un buon rapporto con il nostro ecosistema, anche quello marino, possa dare frutti valevoli per tutti; in fin dei conti la superficie terrestre è composta per il 75% di acqua, esattamente come il nostro corpo. Ed un’area di questa enorme portata, da immaginare su tre dimensioni e non su due, nasconde evidentemente ancora tanti segreti, a volte anche molto utili per la salute di tutti gli esseri umani.
Una nuova ricerca ha scoperto infatti una cosa sorprendente: partendo dal principio che gli animali ottengono i loro acidi grassi Omega 3 da piante e microbi (alghe e batteri), un team di biologi ha rilevato invece che alcuni animali marini – come coralli, molluschi e vermi policheti – possono produrre autonomamente tali benefiche sostanze.
Nei paesi dell’Occidente, a causa della vita frenetica, dello stress e dell’alimentazione poco sana, le malattie cardiovascolari rimangono tra le principali cause di decesso. Da anni ormai, sono note le proprietà degli acidi grassi polinsaturi, che aiuterebbero nella prevenzione a queste malattie. Queste salutari molecole, identificate come oli Omega 3 polinsaturi a catena lunga, si trovano innanzitutto in alcuni pesci come lo sgombro, il salmone ed il tonno, o, in alternativa, in alcuni alimenti vegetali come la microalga Schizochytrium, le noci ed i semi di Chia, di lino e girasole. Da questi alimenti vengono poi preparati gli integratori alimentari, normalmente in associazione con gli acidi grassi Omega 6, in vendita in farmacia.
La scoperta degli Omega 3 e dei loro effetti sulla salute risale a una quarantina di anni fa, gli studi riguardanti queste molecole datano addirittura dagli anni ’70. Alcuni ricercatori americani studiarono lo stato di salute degli Inuit, le popolazioni eschimesi che vivono presso il Circolo Polare Artico, in Alaska, Canada e Groenlandia. I risultati stupirono gli scienziati, i quali, considerata l’alimentazione particolarmente ricca di grassi di queste popolazioni, immaginavano di imbattersi in grandi problemi cardiovascolari. Al contrario, gli Inuit avevano una funzionalità cardiaca più efficiente ed uno stato generale di salute ottimo
Il motivo derivava dal tipo di grassi assunti, proveniente da salmoni, foche, balene ed altri animali marini ricchi di acidi grassi Omega 3. Queste molecole sono acidi grassi essenziali che il nostro corpo non è in grado di sintetizzare autonomamente e che vanno quindi introdotti con la dieta. I principali sono l’acido docosaenoico (DHA), l’acido alfa-linoleico (ALA) e l’acido eicosapentaenoico (EPA).
Perché fanno bene? Sono particolarmente abbondanti nelle cellule cerebrali, nelle sinapsi nervose, nei recettori visivi, nelle ghiandole surrenali e sessuali. Ma è il sistema cardiovascolare a trarne i maggiori vantaggi: essi aiutano la dispersione degli acidi grassi saturi, diminuiscono la produzione di coaguli, riducono trigliceridi, colesterolo e le lipoproteine a bassa densità (il famoso LDL). Sono quindi una protezione essenziale per il cuore e le arterie.
Gli studi più recenti potrebbero arrivare anche a scoprire nuovi effetti benefici. La nuova scoperta scientifica, fatta dai ricercatori dell’università scozzese di Stirling, con la collaborazione di studiosi spagnoli, portoghesi, australiani e giapponesi, potrà essere utile per comprendere più precisamente il meccanismo di produzione di Omega 3.
Mentre si è sempre pensato che anche gli animali marini li ottenessero da piante e microbi, cioè alghe e batteri, è infatti stato scoperto che una grande varietà di coralli, molluschi, policheti e crostacei possiedono enzimi definiti «desaturasi», in grado di produrre acidi grassi Omega 3: una capacità finora relegata appunto ai microbi marini.
Poiché gli invertebrati rappresentano una componente importante nella biomassa marina, afferma il professor Naoki Kabeya dell’università di Tokio, il loro contributo alla produzione complessiva di Omega 3 è probabilmente notevole.
Anche il ricercatore capo Oscar Monroig è convinto che gli invertebrati acquatici possano apportare un contributo molto significativo alla loro produzione globale. Questo ovviamente impatterà non solo sulla comunità scientifica, ma anche e soprattutto sulla produzione degli integratori di acidi grassi polinsaturi: un guadagno, probabilmente, per la salute di tutti.
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