Visioni

«Oltremari», scorci dal fumetto arabo

«Oltremari», scorci dal fumetto araboUn arazzo dalla serie «Resembling resilience» di Tracy Chahwan

In mostra Le rivolte, la politica, il dialogo. Temi che si intrecciano a diversi medium. Sei artisti a Jesi fino al 24 novembre, tra cui l’autrice urban fantasy Deena Mohamed

Pubblicato circa 12 ore faEdizione del 31 ottobre 2024

Una piccola barca di carta che naviga in acque non tranquille. È cosi che Oltremari, nuove traiettorie del fumetto arabo (Jesi, Palazzo Bisaccioni, fino al 24 novembre) accoglie chi visita la mostra. Un mare davvero molto poco tranquillo il Mediterraneo, che pure conduce in Italia, per la cura di Luce Lacquaniti e Alessio Trabacchini, un gruppo tra disegnatori e disegnatrici provenienti sia da Paesi arabi che dalla diaspora che allarga quel mare in oltre oceano.
Molti i significati attribuiti alla parola Oltremare fin dall’antichità, il corso delle correnti l’ha riempita conducendola dal meraviglioso lapislazzulo medievale per cieli e manti dipinti, riservati a committenze ricchissime, fino a una sgradita parola coloniale di terre conquistate con violenza e soprusi, di culture altre negate e soffocate.

QUI IL PERCORSO invece accompagna lungo molte forme di ricerca grafica che si fa segno di inchiostro, di grafite, di acidi colori acrilici, di videoclip, di spiazzanti arazzi.
Cinque autori che disegnano traiettorie e attraversamenti culturali e narrativi che si pongono in una sorta di terza via tra le due tradizionali del fumetto arabo. Come spiega Luce Lacquaniti nel testo che introduce la mostra, «C’è il fumetto per l’infanzia, storicamente sfruttato dall’alto come strumento di propaganda e la vignetta giornalistica e politica di segno opposto, scomoda ai governi e spesso oggetto di censure o conseguenze anche peggiori». Le rivolte del 2011, spesso chiuse da esiti repressivi e governi assai poco democratici, hanno però aperto una grande rete di sperimentazioni, un filone nuovo, spesso tutto underground, di vivace ricerca e innovazione artistica, editoria indipendente, autoproduzioni, riviste di grande coraggio e altissima qualità come la libanese Samandal, le egiziane Tok Tok e Garage, la tunisina Lab619. In una mostra sul fumetto è difficile scegliere delle tavole quando sono parte di una storia e tuttavia è stata compiuta una selezione molto accurata che, rompendo anche la linearità narrativa, ha mostrato una potenza di racconto che riempie e tracima da ciascuna tavola rendendole perfettamente capaci di raccontare a chi guarda mondi, società, drammi, distopie, speranze, vitalità che vanno ben oltre il genere.
Sei gli artisti in mostra, dall’Egitto arrivano Deena Mohamed, autrice dell’ormai pluripremiato urban fantasy Shubbek Lubbek, i gemelli Mohamed e Haitham El-Seht che si firmano Twins Cartoon e Ganzeer, dalla Tunisia Issam Smiri e dal Libano Tracy Chahwan.

IN MOSTRA il dialogo è serrato e racconta di una ricerca drammaticamente e politicamente connotata su temi che non riguardano solo quegli oltremari. Ganzeer, attualmente residente negli Usa, ad esempio, ha cominciato con importanti e famosi interventi di street art durante la rivoluzione egiziana del 2011 e attraversa con una ricerca decisa e visivamente fortissima vari generi artistici, pittura, grafica, video, installazioni. È in mostra con dei videoclip e con alcune tavole tratte da Solar Grid, un’apocalittica graphic novel, vera epica digitale ed editoriale cominciata nel 2016 e ancora in corso, in cui la Griglia Solare che ruota intorno alla terra in un giorno produttivo eterno, illumina eternamente anche un allucinatorio e violento ipercapitalismo, iperimperialismo, iperazzializzazione di ciò che resta dell’umano. I Twins Cartoon, fondatori della piattaforma Kawkab el Rasameen, riprendono spesso la linearità poetica e scheggiata del fumetto classico francese per spogliarlo da ogni contenuto e andatura di tipo coloniale e raccontare la quotidianità dura e spesso da incubo delle città egiziane. Tracy Chahwan dai colori lisergici e il segno groove frutto di un’intensa collaborazione col mondo musicale underground di Beirut, scardina iconografie e luoghi comuni di genere certo non solo presenti nella cultura ufficiale araba. Infine troviamo gli arazzi di Issam Smiri, eseguiti con le donne del suo paese di origine, che trasforma il prodotto più classico dell’artigianato tunisino in veri e propri excursus sui simboli della narratologia che, in modo molto tecnico, narrano storie e che nell’ultimo pezzo in mostra si fa gioco di società che chiede a chi visita una partecipazione fattiva ed emotiva che possa, finalmente, costruire una storia collettiva.

 

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