Rubriche

Oltre ogni confine

Verso l'eutanasia legale La rubrica settimanale dell'associazione Luca Coscioni

Pubblicato circa 10 anni faEdizione del 11 ottobre 2014

Dall’Australia agli Stati Uniti passando per il Regno Unito, il controllo dell’eutanasia clandestina scalda il dibattito pubblico. Tra i favorevoli alla legalizzazione preoccupati per la strage nascosta dei malati e i contrari preoccupati per le ricadute che la regolamentazione potrebbe avere, fa innanzitutto discutere la proposta dell’australiano Richard Di Natale, parlamentare federale dei Verdi eletto a Canberra. Non tanto per il dispositivo contenuto nel testo, quanto più per l’esser stato presentato a livello federale, sorpassando quindi gli annosi conflitti che bloccano i parlamenti locali.

Nel vecchio continente è il Regno Unito, con la proposta di Lord Falconer, a far discutere di legalizzazione dell’eutanasia. Dopo che in passato un simile disegno presentato da Lord Joffe è stato respinto tre volte, l’attuale testo osteggiato anche dal governo Cameron – come in precedenza da quelli Blair e Brown – attende il passaggio alla Camera dei Lord prima di trasferirsi ai Comuni e successivamente al sigillo di Elisabetta II.

Contemporaneamente dagli USA parte la campagna di Brittany Maynard, ragazza ventinovenne di Portland malata di cancro al cervello. I medici a gennaio le hanno dato quattordici mesi di vita e lei, per non cedere alle sofferenze degli ultimi istanti, si è trasferita in Oregon, dove l’eutanasia è legale, insieme ai familiari.

E’ qui che ha iniziato la sua battaglia mediatica per allargare il numero di Stati americani dove il “morire con dignità” è regolamentato. Ha creato una fondazione (www.thebrittanyfund.org) per raccogliere contributi destinati alla sua campagna e sta registrando video per sensibilizzare cittadini e parlamentari locali.

Il primo novembre, a quattro mesi dalla morte annunciata, assumerà i farmaci letali che già  le sono stati prescritti: «Voglio morire alle mie condizioni: godrò appieno di ogni istante della vita finché potrò, poi morirò. E’ una scelta etica, perché è la mia». Un appello che supera i confini del nuovo continente toccando anche le nostre coste dove il dibattito, al momento, è silenziato.

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