È il cinema, la più grande fonte di ispirazione per la chitarrista milanese Alessandra Novaga. I suoi lavori si pongono in dialogo con le immagini e la poetica di registi indagati con passione, dallo sguardo peculiare e unico, come in Fassbinder Wunderkammer o Derek Jarman in I should have been a gardener. Al centro del suo nuovo disco c’è Andrej Tarkovskij e la sua relazione con la musica di Johann Sebastian Bach, elemento fondamentale nei suoi film, a nutrire e ad espandere il suo immaginario. Da qui nasce la musica di Novaga, brani senza tempo, in cui le composizioni chitarristiche ripensano strutture e sonorità, in contatto tanto con la sacralità del compositore barocco quanto con le sperimentazioni più d’avanguardia, che la musicista ha esplorato nelle molte collaborazioni di questi anni (Stefano Pilia, Elliot Sharp, Paula Matthusen, Loren Connors).
«L’arte esiste e si afferma là dove esiste quell’eterna e insaziabile nostalgia della spiritualità, dell’ideale, che raccoglie gli uomini attorno a essa», scriveva il regista sovietico in Scolpire il tempo. Alessandra Novaga, nella sua ricerca astratta, quasi ascetica, vuole riportarci a quella dimensione, che molti di noi hanno dimenticato.