Hanno ancora un senso le riviste politiche nell’assenza dei partiti di cui un tempo erano laboratori necessari, a cui venivano dedicate risorse, comitati scientifici, uffici di programma? Se lo chiede Claudio Grassi, direttore di Oltre il Capitale e probabilmente non è l’unico dal momento che proprio Grassi, rivela l’esistenza di un confronto tra testate storiche della sinistra (Alternative per il socialismo, Critica marxista, Critica sociale, Democrazia e diritto) che sta per prendere la forma di un convegno, di una messa in rete, attorno a una domanda cruciale per quanto reiterata da tempo: come può rinascere la sinistra? Oltre il Capitale, giunta al suo nono fascicolo, interroga sul tema Fausto Bertinotti, intervistato da Linda Santilli, ma riconosce il fallimento dell’obiettivo inseguito negli ultimi anni di invertire la rotta della frammentazione.

IL PUNTO D’OSSERVAZIONE, ossia l’area che dà vita alla rivista, è quello di chi, nella diaspora della Rifondazione, ha tentato di cucire quello che si muoveva a sinistra del Pd. È proprio un corposo editoriale di Grassi a ripercorrere le tappe. Allora si parlò di «grande Sel» grazie all’approdo di fuoriusciti dal Pd e dal Prc ma l’operazione andò in crisi prima ancora di decollare depositando due sigle, Articolo 1 – che sarebbe tornata verso il Pd – e Sinistra Italiana che non è riuscita a diventare un punto di riferimento, almeno secondo la redazione di OiC, per le classi subalterne. La domanda dunque resta in un contesto sempre più drammatico al punto che la crisi della sinistra non è solo di consenso ma di significanza.

Per dirla in breve: quella crisi è reversibile? Oltre il Capitale se la pone fin dal numero zero (maggio 2019) di un’iniziativa editoriale volutamente ambivalente fin dal suo nome: superare il capitalismo ma anche guardare al di là dell’analisi del capitale. Ovvero soffermarsi sulle responsabilità soggettive mettendo in dubbio la logica emergenziale del salvare il salvabile che ha condizionato l’agire politico dei settori della sinistra radicale dopo la disfatta del 2008. Nel frattempo le crisi si sono succedute e intanto quello spazio politico è stato occupato da altri.

IL GRUPPO CHE DÀ VITA alla rivista sottolinea da tempo la novità politica della mutazione del Movimento 5 Stelle (ne scrive Stefano Fassina presentando il Coordinamento 2050) che, se certamente non è di sinistra, starebbe indiscutibilmente nel campo progressista. E, soprattutto, è schierato contro l’invio di armi all’Ucraina, cosa che non si può dire del Pd nemmeno nella versione Schlein, i cui talloni d’Achille sarebbero proprio la guerra e la questione sociale. La guerra, per Grassi, è lo spartiacque: la condanna dell’invasione russa «è inutile se non si accompagna a una lettura più profonda del contesto». E quel contesto viene letto con un’intervista a Oskar Lafontaine, presidente di Die Linke, tradotta proprio in questo numero che, nelle sue 116 pagine, ospita articoli, tra gli altri, di Monica Di Sisto, Marta Collot, Susanna Ronconi, Alfonso Gianni.