Oltre i tre metri quadri, i numeri del disastro
Carcere L'associazine Antigone ha presentato l'undicesimo rapporto nazionale sulle condizioni della detenzione in Italia. Si tratta di un documento ricco di dati e spunti redatto dalla fonte di informazione indipendente più completa sul sistema penitenziario italiano (info: www.associazioneantigone.it)
Carcere L'associazine Antigone ha presentato l'undicesimo rapporto nazionale sulle condizioni della detenzione in Italia. Si tratta di un documento ricco di dati e spunti redatto dalla fonte di informazione indipendente più completa sul sistema penitenziario italiano (info: www.associazioneantigone.it)
Uno sguardo attento su chi è dentro restituisce sempre l’immagine più nitida su ciò che sta succedendo qui fuori. Ecco perché l’undicesimo rapporto nazionale sulle condizioni di detenzione di Antigone è uno strumento di analisi molto utile anche per i non addetti ai lavori (consultabile sul sito www.associazioneantigone.it).
I detenuti nelle carceri italiane sono 53.982. Nel dicembre del 2013 erano 62.536, dunque la popolazione carceraria è diminuita di 8.554 unità in un anno e tre mesi. Un calo analogo si è verificato nelle carceri europee (complessivamente ci sono 1 milione 737 mila detenuti, 100 mila meno rispetto all’anno precedente). Il dato italiano, se confrontato con il 2011, dice che in tre anni i detenuti sono diminuiti di 12.915 unità. Ma non basta: secondo il Dap i posti letto sono 49.943, dunque il tasso di sovraffollamento è pari al 108% (108 persone ogni 100 posti letto).
Oggi si entra meno in carcere: nel 2008, ministro degli Interni Maroni, ci sono stati 92.800 ingressi, l’anno scorso 50.217 (in sei anni una diminuzione di 42.683 unità). Il calo è dovuto alla modifica della legislazione sugli stranieri (non c’è più la norma che prevedeva il carcere per il mancato rispetto dell’obbligo di espulsione) e alle nuove norme in materia di arresto che tendono ad evitare detenzioni brevi e custodia cautelare. Ma la “notizia”, da tenere a mente quando il discorso fa leva sulla paura, è un’altra: calano i detenuti ma calano anche i reati, quindi non c’è legame tra i tassi di detenzione e quelli di delittuosità. In carcere ci sono persone non criminali che una volta libere non commettono altri reati. Nel 2014, con meno carcerati, l’indice di delittuosità calcolato sul numero di abitanti è calato del 14% (gli omicidi sono diminuiti dell’11,7%, le rapine del 13% e i furti dell’1,5%). L’Italia ancora una volta si conferma come uno dei paesi più sicuri al mondo con 0,9 omicidi ogni 100 abitanti, al di sotto della media europea, con un indice più basso anche di paesi come Norvegia e Finlandia (a livello mondiale è al 157esimo posto, gli Usa con 4,7 omicidi sono al 94esimo).
Altri numeri inducono a una riflessione sulla legalizzazione delle droghe leggere (cannabis), come ha suggerito al parlamento anche la Direzione nazionale antimafia evidenziando “l’oggettiva inadeguatezza di ogni sforzo repressivo”. I reati in violazione della legge sulle droghe nel 2014 sono stati 18.946 ovvero il 15% del totale (erano 10 mila in più nel 2010 ai tempi della legge Fini-Giovanardi). A fronte di questo calo c’è stato invece un aumento di detenuti accusati di criminalità organizzata (6.903 a fronte dei 5.227 del 2008). Inoltre, con la legalizzazione della cannabis in Italia, come è avvenuto negli stati del Colorado e di Washington, lo stato risparmierebbe 100 milioni di euro (tra introiti delle tasse e riduzione dei costi per la repressione). Ci sarebbero almeno 10 mila detenuti in meno, e un calo di reati legati al consumo.
Il capitolo più interessante sulla composizione sociale della popolazione detenuta parla degli stranieri, dunque anche degli italiani. La percentuale di stranieri nelle nostre carceri è del 32% sul totale (17.462 persone), quasi uno su tre: 11 punti in più rispetto alla media europea. Ma a livello europeo, su 370 mila stranieri detenuti, uno su tre è di origine comunitaria: dunque gli extracomunitari sono 250 mila, il 14% del totale. Sono numeri che spiegano l’infondatezza della propaganda razzista che sta dilagando in tutta Europa. Tornando a noi, “l’etnicizzazione del diritto penale” comincia nel 1998 con l’entrata in vigore di Schengen e la lunga teoria di “pacchetti sicurezza” che da quel momento hanno contraddistinto le politiche migratorie di tutti i governi. Rispetto al 2008 la percentuale di stranieri detenuti è calata del 5%, ma è probabile che nuove campagne xenofobe possano invertire la tendenza.
Un’altra “patologia” del sistema penitenziario è il suicidio: 9 persone si sono tolte la vita dall’inizio del 2015, 44 nel 2014. Una media di 7,7 decessi ogni 10 mila detenuti quando in Europa è del 5,45, anche se molto inferiore alle percentuali di suicidi in Francia (14,4), Svezia e Norvegia (10) o Germania (8,2). Sempre nel 2014, 933 persone hanno tentato di uccidersi e 6.919 si sono ferite con atti di autolesionismo. Ricco di informazioni anche il capitolo sulla salute. Un dato su tutti: un detenuto su due ha una malattia infettiva, uno su tre è affetto da un disturbo di natura psichiatrica.
Infine, far di conto aiuta per capire quanto i soldi siano spesi male. Il sistema penitenziario italiano è piuttosto “caro”. Il costo medio giornaliero per detenuto è di circa 150 euro e la spesa per il personale è pari all’82,9% del totale. Due record europei. Su altre voci, scrive Antigone, si tira la cinghia, “e questo forse aiuta a capire la ragione dell’attuale disastro”.
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