Politica

Olivetti, macchine all’amianto

Olivetti, macchine all’amiantoL'uscita dagli stabilimenti Olivetti di Ivrea

Torino Indagati per omicidio colposo e lesioni colpose Carlo De Benedetti e Corrado Passera

Pubblicato quasi 11 anni faEdizione del 8 novembre 2013

Ventuno tra morti e malati all’Olivetti di Ivrea per mesotelioma pleurico. A causa dell’amianto. La procura della cittadina piemontese ha aperto un’inchiesta che vede indagati illustri come Carlo De Benedetti, che fu presidente dell’azienda dal 1978 al 1996, e Corrado Passera, co-amministratore delegato tra il 1992 e il 1996. Le ipotesi di reato sono di omicidio colposo e lesioni colpose plurime. Il sospetto dei magistrati è che non fossero state adottate tutte le misure necessarie per evitare che gli operai venissero a contatto con la fibra killer. I decessi riguardano dipendenti, morti dopo la pensione, che avevano lavorato tra la fine degli anni ’60 e i primi anni ’90 alle Officine Ico, nei capannoni di San Bernardo o nel comprensorio di Scarmagno, in reparti presumibilmente contaminati .
Le indagini partite nel 2012 e ora in fase conclusiva sono coordinate dal procuratore capo Giuseppe Ferrando, che parla di «caso delicato». Sono state portate avanti in silenzio in una città dove il marchio Olivetti è un’icona di fama e benessere. Tutto inizia da una precedente inchiesta scaturita dalla denuncia presentata sei anni fa dai familiari di un’operaia, Lucia Delaurenti. «Usava dei rulli pieni di talco, per cui il grembiule che portava a casa, alla sera, era tutto bianco», ricorda il marito Giovanni. Non aveva né mascherina né guanti. Programmava i tempi per la messa a punto dei pezzi di gomma per insonorizzare le macchine da scrivere. Il problema era il talco che si utilizzava per il montaggio delle parti. Conteneva tremolite, un particolare tipo di amianto. Il processo non si concluderà, perché l’imputato – l’ingegner Ottorino Beltrami, ad dal 1970 al 1978 – condannato in primo e secondo grado a sei mesi per omicidio colposo, è morto ad agosto, prima del pronunciamento della Cassazione. La sentenza di condanna della Corte d’appello di Torino aveva sostenuto che alla Olivetti si sapesse «della pericolosità degli agenti chimici» utilizzati durante la lavorazione, ma si era provveduto «con colpevole ritardo» ad affrontare il problema». Erano «stati violati principi basilari della sicurezza e igiene del lavoro». Parallelamente è nata l’attuale indagine della magistratura su altre vittime, incrociando i dati raccolti dalla Cgil e dall’Asl 4. L’amianto, oltre che nel talco, era nei capannoni, nei controsoffitti, nelle condutture di calore, nelle centrali termiche, persino nel locale mensa. De Benedetti, indagato insieme ad altri 23 dirigenti, ha dichiarato: «Nel rispetto degli operai e delle loro famiglie, attendo fiducioso l’esito delle indagini nella certezza della totale estraneità ai fatti contestati». Spiega, poi, che la realizzazione delle strutture oggetto di indagine precede di diversi anni l’inizio della sua gestione alla Olivetti. Sottolinea di «aver prestato attenzione alla salute e alla sicurezza dei lavoratori».
La Fiom e la Cgil di Ivrea stanno rricostruendo il contesto. «Abbiamo allestito uno sportello di ascolto e di consulenza – racconta Beppe Catella – stiamo facendo una mappa dei diversi reparti, dei cicli di lavorazione». Per Federico Bellono, segretario Fiom Torino «questa vicenda, che non a caso emerge nei giorni in cui si parla di Olivetti in termini celebrativi, ci dice che non esistono fabbriche perfette». Sono, però, gli stessi familiari, parte offesa, a fare dei distinguo. «Fra i nostri assistiti – dice Enrico Scolari, avvocato di parte civile – nessuno ha mai pronunciato una sola parola negativa nei confronti della società Olivetti o della famiglia Olivetti».

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