Sono giorni di festa e di orgoglio, questi del Pride a Palermo. E di insperati passi avanti nella lunga lotta per l’affermazione dei diritti Lgbt. Oggi un caleidoscopio di colori, istanze, musica strariperà nelle strade del capoluogo siciliano, dove si prevede che a sfilare nella grande parata, culmine della manifestazione nazionale, possano essere in centomila. In molti arriveranno anche dall’estero, una ventina i «carri» già pronti; hotel e b&b sono strapieni, e si allunga la lista dei politici che assicurano la propria presenza: il sindaco Leoluca Orlando e il presidente della Regione Rosario Crocetta, innanzitutto. Ma anche Nichi Vendola e numerosi parlarmentari del M5S, Pd, Sel.
È una grande festa di libertà e di «riappropriazione», questa edizione meridionale del Pride. Di gioiosa rivendicazione di diritti negati, e non solo quelli delle persone Lgbt ma in generale anche di tutta una città che da venerdì 14 giugno sta riscoprendo ad esempio un luogo come i Cantieri culturali della Zisa, enorme area industriale ristrutturata negli anni della «primavera» di Leoluca Orlando, trasformata in cittadella della cultura, poi lasciata marcire nel decennio buio di Cammarata. Riaperta solo in parte nei mesi scorsi, al debutto della nuova amministrazione Orlando, in questi giorni si è riempita dappertutto, anche negli enormi spazi all’aperto abbandonati alle sterpaglie, e nei capannoni che «a dicembre erano già stati liberati da 170 tonnellate di rifiuti», dice l’assessore comunale alla Cultura Francesco Giambrone, che sul recupero-bis dei Cantieri punta moltissimo per la candidatura di Palermo a capitale della cultura 2019.

In un luogo così simbolico, in termini di negazione e riappropriazione, è stato allestito il Village Pride «più grande d’Europa», si inorgoglisce il sindaco, che della manifestazione Lgbt è stato il sostenitore più attivo, (il Comune è copromotore) ricevendone in cambio una visibilità che in questo primo anno di governo stentava a ritrovare. E’ anche il Village lgbt più a sud d’Europa (come ha segnalato il presidente del Parlamento europeo Martin Schulz, in un video-messaggio di saluto), da cui stanno passando decine di migliaia di visitatori ogni sera. Ottantamila, nei primi sei giorni, con duecento artisti coinvolti nel fittissimo calendario di spettacoli, mostre e concerti in programma fino a domani. E un pubblico invidiabile. Tutti attivisti? No, certo. «Ma è esattamente il senso di questo Pride, che si è rivelato un luogo d’incontro che da vent’anni mancava nella nostra città, e nello stesso tempo è un luogo caratterizzato. Incontrarsi è il modo migliore per far cadere i pregiudizi», assicura Titti De Simone, fondatrice di ArciLesbica, ex deputato di Rifondazione e presidente del comitato organizzatore.

Lei sottolinea la grande partecipazione popolare, ma anche il rilievo politico che questa edizione sta assumendo. «Un successo al di sopra di ogni aspettativa. Abbiamo aperto con una giornata storica, il 14, con un convegno a cui hanno partecipato la presidente della Camera Laura Boldrini e il ministro per le Pari opportunità Josefa Idem. Per la prima volta un Pride nazionale ha registrato presenze così autorevoli dal punto di vista istituzionale – dice ancora la De Simone – Segno che qualcosa sta cambiando. Tra l’altro entrambe si sono impegnate, sia per la legge contro l’omofobia che per quella di riconoscimento delle coppie omosessuali. Indietro non si può tornare».
Indietro non si torna, hanno detto anche la Boldrini e la Idem, al convegno che ha inaugurato la kermesse. La prima ha duramente bacchettato la politica, che «in tema di diritti avrebbe il compito di fare da apripista e invece troppo spesso si muove in ritardo…». In diciotto paesi dell’Ue – ha ricordato la presidente della Camera, «i gay e le lesbiche hanno il diritto di sposarsi o di contrarre un’unione civile. L’Europa non ci chiede solo politiche di rigore fiscale, non ci chiede solo austerità…». Un discorso salutato da una vera ovazione in platea. La Boldrini ha promesso di stimolare la discussione parlamentare su questi temi, la Idem si è impegnata a presentare «un disegno di legge sulle unioni civili, cosa che sempre più cittadini e cittadine chiedono giustamente».
C’è una società più matura dei suoi politici, e un parlamento nazionale che non tiene conto di istanze già recepite in parte dalle istituzioni locali. Anche questo mostrano Palermo e il Pride 2013, preceduto da due atti anch’essi storici, per la città; uno del consiglio comunale che a ridosso della manifestazione dell’orgoglio Lgbt ha approvato il registro delle unioni civili (con l’inspiegabile «diserzione» dei tre consiglieri pd) e l’altro dell’Università, che ha finalmente approvato il «doppio libretto» per gli studenti transgender. E poi c’è la Regione, con un presidente gay come Crocetta, che nel presentare il Pride palermitano a Roma è stato netto: «Se il governo e il parlamento vogliono essere fedeli alla Costituzione, devono rimuovere gli ostacoli all’uguaglianza, varando leggi contro l’omofobia, che sanciscono le unioni civili e contro ogni discriminazione. Il Paese è maturo».
Una battaglia che richiede ancora impegno in prima linea, «supervisibilità» e parate, che al consigliere comunale Angelo Figuccia evocano Sodoma e Gomorra, come ha scritto in una lettera a Napolitano, chiedendogli di bloccare la sfilata di oggi. Voci isolate, quasi folkloristiche. Meno divertente è che una trentina di associazioni cattoliche abbiano organizzato proprio per oggi in città il loro Family day. Mentre tantissimi altri cattolici hanno calpestato i viali del Village in questi giorni, e partecipato ad affollati dibattiti che hanno chiarito ancora una volta come anche sul fronte religioso la base sia molto più avanti dei cosiddetti vertici.

«Abbiamo saputo costruire un dialogo intelligente con le istituzioni e anche trasmettere alla città il senso del Pride e delle sue rivendicazioni: i diritti lgbt sono primari come quello al lavoro e alla sopravvivenza», dice Luigi Carollo di Articolo 3, una delle associazioni che compongono il comitato per il Pride. Fu lui nel 2010 a organizzare la prima festa dell’orgoglio gay a Palermo, che oggi si scopre «capitale della tolleranza».

Un movimento «contaminato» dalle origini, e che oggi si presenta con la consapevolezza di «scendere nelle strade di un paese immobile, impoverito, precario…». E la scelta di Palermo come vetrina nazionale delle rivendicazioni Lgtb «ha una valenza fortissima, che anche le istituzioni hanno colto – assicura Carollo – Da qui mandiamo un messaggio a tutto il mondo: il sud d’Italia è un luogo che può produrre avanzamento culturale e innovazione, non necessariamente un luogo d’arretratezza». Un messaggio che Marco dei Manetti Bros, che sul Pride stanno girando un documentario, assicura di aver recepito nettamente tra la folla del Village: «E’ incredibile sentire come i siciliani siano molto più aperti di quello che ti aspetteresti».

Oggi tutto questo strariperà in strada, «ritroviamo la nostra favolosità in un mondo che ci vuole tutti uguali e tristi», ha gridato dal palco qualche sera fa Massimo Milani, notissima queer palermitana. Un invito perentorio, non solo per oggi: siate favolosi.