Oggi la preghiera «per la pace» di Bergoglio. Appello dei pacifisti
Crisi Ucraina Rete disarmo si rivolge al governo italiano e all’Europa perché mettano in atto un’azione di «neutralità attiva per ridurre la tensione e favorire un accordo politico»
Crisi Ucraina Rete disarmo si rivolge al governo italiano e all’Europa perché mettano in atto un’azione di «neutralità attiva per ridurre la tensione e favorire un accordo politico»
Le comunità cattoliche oggi pregano per la pace in Ucraina, rispondendo all’appello di papa Francesco lanciato domenica scorsa da piazza San Pietro al termine dell’Angelus. Contemporaneamente i pacifisti della Rete italiana pace e disarmo si rivolgono al governo italiano e all’Europa perché mettano in atto un’azione di «neutralità attiva per ridurre la tensione e favorire un accordo politico» fra Russia e Ucraina.
DUE INIZIATIVE diverse e autonome, ma convergenti verso lo stesso obiettivo: scongiurare una soluzione militare armata che inevitabilmente coinvolgerebbe altri attori, a partire dagli Usa che già scaldano i motori.
Lo strumento di una «giornata di preghiera per la pace» indetta dal pontefice, in questo caso per l’Ucraina, non è una novità. E, pur configurandosi come un atto di fede che chiama in causa soprattutto i credenti, presenta evidenti caratteri politico-diplomatici. Come fu, per esempio, la «giornata di digiuno e preghiera per la pace in Siria», il 7 settembre 2013, che ebbe il merito di rafforzare l’opposizione internazionale a quello che sembrava un attacco imminente da parte di Usa e Regno Unito ad Assad.
«Seguo con preoccupazione l’aumento delle tensioni che minacciano di infliggere un nuovo colpo alla pace in Ucraina e mettono in discussione la sicurezza nel continente europeo, con ripercussioni ancora più vaste», ha detto Bergoglio all’Angelus di domenica. «Faccio un accorato appello a tutte le persone di buona volontà, perché elevino preghiere a Dio onnipotente, affinché ogni azione e iniziativa politica sia al servizio della fratellanza umana, più che di interessi di parte – ha aggiunto il papa –. Chi persegue i propri scopi a danno degli altri, disprezza la propria vocazione di uomo, perché tutti siamo stati creati fratelli. Per questo e con preoccupazione, viste le tensioni attuali, propongo che mercoledì prossimo 26 gennaio sia una giornata di preghiera per la pace».
DELLA SITUAZIONE al confine fra Russia e Ucraina il pontefice aveva parlato anche due settimane fa, quando aveva ricevuto in Vaticano gli ambasciatori presso la Santa sede, riproponendo, in quell’occasione, la denuncia della proliferazione degli armamenti («tutti i conflitti sono agevolati dall’abbondanza di armi a disposizione»), a cominciare da quelli atomici, il cui solo «possesso è immorale». E oggi la giornata di preghiera che, sebbene non abbia assunto la rilevanza mediatica di quella del 2013 per la Siria, ha ricevuto adesioni da mezzo mondo, da parte delle comunità cattoliche – in Italia, fra gli altri, i francescani di Assisi e la Comunità di Sant’Egidio, che stasera si riunisce a Santa Maria in Trastevere insieme al “ministro degli esteri” vaticano, monsignor Gallagher – e cristiane. Aderiscono, ma era ovvio, i vescovi ucraini e polacchi, che però hanno piegato l’iniziativa in funzione antirussa, contrariamente alle intenzioni del papa.
SUL FRONTE LAICO, la Rete italiana pace e disarmo, esprimendo preoccupazione per l’aumento «della tensione tra la Russia, gli Stati Uniti e la Nato», si rivolgono direttamente al governo italiano e alle istituzioni europee per raffreddare «un’escalation nella quale nessuno dei contendenti esclude l’eventualità del ricorso alle armi e rispetto alla quale nessun osservatore esclude che possa evolvere in conflitto armato, anche nucleare, che potrebbe coinvolgere la stessa Europa»: «è forse dall’epoca della crisi dei missili a Cuba che il rischio di un nuovo conflitto globale non è stato così palpabile». Pertanto i pacifisti chiedono all’Italia e all’Europa «di prendere iniziative urgenti e significative da una posizione di neutralità attiva, per ottenere una de-escalation immediata della tensione e avviare la ricerca di un accordo politico negoziato nel rispetto della sicurezza e dei diritti di tutte le popolazioni coinvolte, chiarendo la propria indisponibilità a sostenere avventure militari».
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