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Oddati: «Bettini ha ragione, il Pd non sia subalterno al governo Draghi»

Oddati: «Bettini ha ragione, il Pd non sia subalterno al governo Draghi»Nicola Oddati – Lapresse

Intervista Il dirigente dem: «In carica fino al 2023? Autunno decisivo, il voto è la via maestra»

Pubblicato circa 3 anni faEdizione del 8 settembre 2021

Ma come è possibile pensare che il Pd debba coincidere col governo Draghi? Ai tempi del Conte 2 attaccavano Zingaretti, anche da dentro il partito, accusandolo di essere subalterno al M5S. E ora gli stessi vorrebbero che fossimo subalterni a un esecutivo con dentro Lega e Forza Italia?». Nicola Oddati è stato nella segreteria di Zingaretti, ora Letta gli ha affidato il delicato dossier delle agorà democratiche.

Il Pd è il partito più draghiano di tutti», come dice Letta?

Il Pd deve difendere le proprie idee e la propria autonomia. Sosteniamo lealmente il governo, probabilmente Letta voleva sottolineare che altri, come la Lega, creano ogni giorno problemi al premier.

Deve durare fino al 2023 o, come dice Goffredo Bettini, sarebbe meglio andare al voto anticipato?

Questo governo è nato in una situazione di emergenza, tiene insieme forze che sono alternative. E dunque è chiaro che il voto è sempre la strada maestra per dare al paese un governo politico. Però vorrei evitare una discussione slegata dalla realtà: ora bisogna chiudere la campagna vaccinale, fronteggiare la crisi sociale, avviare il PNNR. Questo autunno sarà un banco di prova fondamentale per verificare se il governo può o meno darsi l’obiettivo di fine legislatura: sul tavolo ci saranno temi fondamentali come gli ammortizzatori sociali, il salario minimo legale, lo stesso reddito di cittadinanza che per il Pd va mantenuto. E nella maggioranza le divisioni sono quotidiane.

Anche lei vedrebbe bene Draghi al Quirinale?

Senza dubbio svolgerebbe anche quel ruolo in modo eccellente.

C’è un pezzo di Italia, anche tra i vostri, che invece vorrebbe farlo restare a lungo a palazzo Chigi dicendo che solo lui può gestire il PNNR

Un Paese non può dipendere da una sola persona, neppure della massima autorevolezza. È evidente che la sua figura ha pesato positivamente nei rapporti con Bruxelles, ma se anche si andasse al voto non scomparirebbe. Continuerebbe a essere un punto di riferimento fondamentale.

Il Pd rischia di pagare ancora una volta per l’eccesso di responsabilità?

Diciamo che fa parte del nostro dna, che abbiamo pagato dei prezzi ma che l’abbiamo sempre fatto per il Paese. Rispetto al periodo di Monti io vedo un Pd più attento ai bisogni dei cittadini. E soprattutto consapevole che un partito non può mai identificarsi fino ad annullarsi in un governo.

Cosa direbbe a chi vede in futuro una coabitazione tra Pd, Forza Italia e le aree moderate della Lega sotto il segno di Draghi?

Direi che la linea del partito è unire il centrosinistra e allearsi col M5S. Questo ha detto Letta al momento della sua elezioni. E direi anche il leader della Lega è Salvini, e che cercare i “buoni” nei partiti avversari è un giochino che non porta da nessuna parte. Alle elezioni avremo come avversario il centrodestra unito. Il resto sono fantasie. Sfido chiunque, nel Pd, a dire che vorrebbe governare ancora con Giorgetti.

Nel Pd la “pax lettiana” sta finendo? Già si parla di congresso prima delle politiche.

Non ho mai creduto all’unanimismo. Mi pare però che ci siano le condizioni per un partito unito. Il congresso si farà nell’autunno del 2023, dunque dopo le elezioni. Sempre che qualcuno non chieda di anticiparlo. Ma ho letto che il coordinatore di Base riformista Alfieri ha escluso questa possibilità. Più che sul congresso è meglio concentrarsi sulle agorà democratiche.

Le agorà. Per ora c’è un sito dove le persone possono iscriversi per lanciare e votare delle proposte per il prossimo programma del centrosinistra. Un po’ poco per definirla una rivoluzione dal basso.

Per anni il Pd è stato accusato di decidere in pochi chiusi in una stanza e di fare le primarie solo per il segretario e i candidati. Questa è l’occasione di una grande discussione collettiva sui temi, che servirà ad aprirci a nuove forze. Il Pd fa una reale cessione di sovranità: chi partecipa deve sapere che le proposte più votate saranno raccolte.

Bersani teme che sia solo l’occasione «per dare un po’ d’aria al Pd».

L’aria nuova serve a portare ossigeno e a rigenerare un organismo. Noi crediamo che se si vuole davvero aprire, non si possa fare con un accordo tra gruppi dirigenti, che serva una spinta dal basso: esperienze e idee nuove possono cambiare la natura e la pelle del Pd, scardinare vecchie incrostazioni. Questa sarebbe una rivoluzione dolce. In una settimana abbiamo già raggiunto 10mila iscritti, alla fine saranno molti di più.

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