Lavoro

Occupazione record grazie a contratti a termine e lavoretti

Occupazione record grazie a contratti a termine e lavorettiUna manifestazione contro l'alternanza scuola lavoro – Vincenzo Livieri/LaPresse

Istat Ad agosto diminuisce la disoccupazione e vola il precariato In 5 anni su più 1,2 milioni occupati, un milione è temporaneo. 9,7 per cento ad agosto. È il tasso di disoccupazione registrato dall’Istat. «È un numero che ha ancora dentro precariato e sfruttamento» (Di Maio). 59 per cento. È il tasso di occupazione registrato ad agosto. Un record in un paese dov’è molto basso. Ma può essere l’effetto dell’iper-precariato

Pubblicato circa 6 anni faEdizione del 2 ottobre 2018

Sono due le costanti del mercato del lavoro iper-precario in Italia: la schiacciante maggioranza della nuova occupazione è a termine (+351 mila contro i 49 mila «permanenti) grazie al Jobs Act; l’occupazione degli over 50 cresce ancora molto (+2,8% ad agosto) grazie alla «riforma» Fornero che obbliga a restare molto di più al lavoro, mentre quella giovanile ristagna dopo vari rimbalzi (+0,2% sempre ad agosto).

SU QUESTA BASE confermata ieri dall’Istat nei dati provvisori di agosto, si sono registrate alcune variazioni: per la prima volta da anni il tasso di disoccupazione è sceso al 9,7%, ma sono tornati ad aumentare gli «inattivi» (+46mila), ovvero le persone disoccupate che non cercano attivamente un lavoro, ma sono disponibili a lavorare, oppure quelle che cercano lavoro ma non sono subito disponibili. Questo significa che non ci sono più persone occupate, ma che ci sono più persone che hanno cercato un lavoro ma non l’hanno trovato, nell’ambito della forza lavoro attiva. Non è nemmeno escluso che in una prossima rilevazione queste persone tornino a non cercare più il lavoro facendo aumentare la disoccupazione. Va inoltre ipotizzato che sul notevole calo trimestrale dei disoccupati (-5,5%, pari a -154 mila) può avere influito la stagione estiva dove, proprio nel trimestre preso in esame, aumentato i lavori stagionali.

SULL’AUMENTO del tasso di occupazione al 59% – dato storico per un paese che ha comunque i valori più bassi dell’area Ocse – può avere influito l’aumento consistente tra i lavoratori a termine e gli ultracinquantenni (+393 mila in un anno), mentre nello stesso periodo si è registrato un calo di 56 mila unità nella fascia anagrafica tra le più colpite nella crisi, quella dei 35-49enni. Rispetto all’agosto 2017 prosegue anche il calo degli occupati tra i 25 e i 34 anni (-16 mila) e tra i 15-24enni (-9 mila rapportati al numero di chi cerca lavoro, non a tutti i giovani di quell’età). Ad agosto sono cresciuti anche gli occupati dipendenti (+95 mila) e quelli permanenti (+50 mila), effetto del trascinamento di una crescita economica lasca centrata tuttavia sul lavoro a termine. Non è l’effetto del «decreto dignità» approvato al Senato il 7 agosto scorso, che ha apportato una lieve manuntenzione alla durata dei contratti a termine (e la causale dopo 12 mesi), ma la scia lunga di un mercato del lavoro che si è strutturato sull’occupazione intermittente e iper-precaria negli ultimi vent’anni.

IL VICEPREMIER MINISTRO del lavoro e dello sviluppo Di Maio, memore forse della caduca retorica renziana sui numeri dell’occupazione, si è mostrato prudente: «C’è ancora troppo precariato e sfruttamento» ha detto. E ha confermato che nella legge di bilancio ci saranno «incentivi per le assunzioni a tempo indeterminato». Si tratta del prolungamento dei bonus renziani, inizialmente previsti per gli under 35 nel Mezzogiorno, probabilmente rifinanziati e allargati a quelli del resto del paese. A questi sgravi Renzi affidò la speranza di aumentare l’occupazione «stabile». I risultati sono oggi sotto gli occhi di tutti.

NEGLI ULTIMI CINQUE ANNI in Italia il mercato del lavoro è stato rivoluzionato. Tra agosto 2013 e agosto 2018 l’occupazione complessiva è aumentata di 1,2 milioni di unità, soprattutto nel lavoro dipendente. Di questi più di un milione sono a termine (da 2 milioni 176 mila a 3 milioni 143 mila). Gli occupati over 50 sono cresciuti da 6,76 a 8,52 milioni (+1,8 milioni, quasi tre dal 2008). è l’effetto combinato della «riforma» Fornero e del Jobs Act che non è stato modificato – nemmeno nella cornice normativa complessiva – dal «decreto dignità».

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