Aperta con Mario e Saleh, la ricerca di Saverio La Ruina intorno alla relazione tra Occidente e Islam giunge a compimento e diventa occasione per riconfermare il senso del teatro come mezzo di trasmissione, e di deflagrazione, dei conflitti umani e culturali. Già col titolo, Saverio e Chadli vs Mario e Saleh, l’autore-attore-regista di Scena Verticale ne esplicita questa duplice valenza, conservando la traccia del percorso osmotico tra realtà e finzione, divenuto miscela esplosiva per l’attore tunisino Chadli Aloui nel 2019, e che oggi sembra assumere valore di prologo. Ritroviamo i due personaggi – Mario e Saleh – sotto la tenda della Protezione civile, ma la circostanza è decontestualizzata, sparisce il terremoto dell’Aquila, causa della convivenza forzata in quello spazio angusto di un «italiano» e un «tunisino», mentre la finzione viene esasperata dalla presenza di Alex Cendron – capelli chiari, occhi azzurri, sbarbato – nel ruolo che era stato di Aloui, appunto, Saleh.

E, ALLORA, all’Argot Studio (fino a domani) e senza scomodare Diderot e il suo Paradosso sull’attore, è il teatro a trionfare, scoperchiando il pentolone dello scontro. Lì dove Aloui, stretto nei suoi dogmi, non resse il confronto con gli spettatori e improvvisò una ribellione fuori testo, Cedron, forte della sua non appartenenza musulmana, restituisce con l’onestà dell’attore questo mondo e le sue contraddizioni. Una laicità che rimbalza su Mario/La Ruina rasserenandolo e permettendogli sfaccettature comiche, in una dimensione di grande chiarezza concettuale, dalla quale si ricompongono le parole marxiane: la religione è l’oppio dei popoli. In un’ora di spettacolo La Ruina disegna la complessità del quadro, complice la voce registrata di Aloui determinato a riprendersi quello che il colonialismo gli ha rubato.