Obbligo di conciliare, a volte ritornano
Fra le 80 misure decise dal governo con il decreto del cosiddetto “fare”, potete trovare un intero capitolo dedicato alla Cenerentola di tutte le giustizie, quella civile. Anzi, ne trovate […]
Fra le 80 misure decise dal governo con il decreto del cosiddetto “fare”, potete trovare un intero capitolo dedicato alla Cenerentola di tutte le giustizie, quella civile. Anzi, ne trovate […]
Fra le 80 misure decise dal governo con il decreto del cosiddetto “fare”, potete trovare un intero capitolo dedicato alla Cenerentola di tutte le giustizie, quella civile.
Anzi, ne trovate due.
Il primo blocco riguarda i provvedimenti che dovrebbero aggredire il famigerato arretrato, cioè le cause pendenti (più di 5 milioni) in campo civile. Il secondo, punta a migliorare le prestazioni della giustizia verso i soggetti imprenditoriali, in particolare stranieri. Come si vedrà, i due obiettivi potrebbero avere accoglienze piuttosto differenti.
Per cominciare, la ministra Cancellieri intende reintrodurre la mediazione obbligatoria. Oscar Giannino ha già esultato su Twitter. Qualsiasi opinione abbiate sull’argomento, va da sé che la guardasigilli dovrà blindare bene il testo, su questo argomento. La mediazione obbligatoria è stata infatti bocciata dalla Consulta come incostituzionale. Non è detto che bastino le idee finora diffuse dal governo: adeguato coinvolgimento della classe forense, esclusione delle controversie per sinistri stradali, riduzione dei costi. Inoltre, va segnalato che uno degli aspetti peggiori del decreto 28/2010 è stata la proliferazione, nel giro di un anno, di decine di migliaia di “mediatori” provenienti dai più diversi ordini professionali, formati con sole 50 ore di studio.
Nel caso la lite vada comunque a giudizio, va registrato che si prescrive il dovere per il magistrato, con l’articolo 185 bis della procedura civile, di proporre una soluzione transattiva o conciliativa. Il rifiuto della proposta senza giustificato motivo sara’ un elemento che peserà sulla decisione. Da aggiungere che tutti gli avvocati iscritti all’albo saranno automaticamente mediatori.
La creazione dell’ufficio del processo, o del giudice, chiamatelo come volete, è forse il punto che riscuoterà maggiori consensi da parte della magistratura. Non si tratta di un consenso di parte. Quello che il governo ha definito “stage di formazione presso gli uffici giudiziari dei tribunali” va accolto bene perché contribuirà ad alleggerire il carico di lavoro dei magistrati (a chi pensa che poco lavorano, va ricordato che i magistrati in servizio sono 9.183 a fronte di quasi 9 milioni di processi aperti e di 240.000 avvocati come controparte) e potrà offrire opportunità di occupazione e di esperienza ai giovani neolaureati più bravi. Peccato, semmai, che siano istituiti, questi stages, solo in tribunale.
Qui entrano in ballo le altre misure. Un contingente di 400 giudici non togati dovrà smaltire l’arretrato di Corte d’appello (e questa potrebbe essere una buona strada) e un drappello di 30 giudici ordinari sarà assegnato dal Csm alle sezioni civili della Corte di Cassazione. Quest’ultima misura potrebbe non piacere alla magistratura, per la semplice ragione che i 30 andranno sì a rinfoltire gli uffici del Palazzaccio ma saranno tolti ai tribunali che pure hanno il loro daffare. La verità è che servirebbe un reclutamento straordinario di giudici considerando che la legge prevede un organico di 10.151 e ne mancano quindi più di 900.
Il secondo blocco di provvedimenti è tutto mirato alla cosiddetta giustizia d’impresa: ad esempio, si prevede di concentrare a Milano, Roma e Napoli i contenziosi che coinvolgono gli investitori esteri. E, se da un lato sarà un bene se una causa di recupero crediti scenderà sotto i mille giorni di attesa, non altrettanto ben vista può essere la conferma (già sono stati istituiti i tribunali dedicati) di una giustizia a doppia efficienza/velocità: una per gli operatori economici, l’altra per il cittadino comune.
Del tutto assente, infine, qualsiasi tentativo di ridurre la litigiosità punendo chi agisce o resiste in giudizio con malafede o colpa grave, uno dei grandi problemi della giustizia civile italiana.
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