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Obama-Netanyahu, nuovo scontro su Gaza e armi

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Striscia di Gaza Il Wall Street Journal ha riferito che i due leader mercoledì hanno avuto una “accesa” conversazione telefonica su Gaza e gli armamenti Usa. Tiene la nuova tregua Israele-Hamas ma l'accordo di cessate il fuoco permanente resta un miraggio. Oggi in Italia i funerali di Simone Camilli

Pubblicato più di 10 anni faEdizione del 15 agosto 2014

La fragile tregua a Gaza, prolungata per altri cinque giorni, tra israeliani e palestinesi ha fatto riemergere la frattura tra Barack Obama e Benyamin Netanyahu. Frattura non strategica, non tra i due paesi – Israele e Usa sono e rimarranno stretti alleati in Medio Oriente – ma personale. Il Wall Street Journal ha riferito che i due leader mercoledì hanno avuto una “accesa” conversazione telefonica, con Netanyahu che chiedeva il massimo delle garanzie di sicurezza in cambio della firma di un accordo di cessate il fuoco a Gaza a tempo indeterminato. Il presidente Usa da parte sua ha ordinato controlli più stringenti sul trasferimento di armi americane a Tel Aviv dopo essere venuto a conoscenza che l’esercito israeliano ha avuto accesso a forniture di munizioni dal Pentagono senza la sua autorizzazione. L’ambiguità di Obama è palese: dietro le quinte da anni critica le politiche di Netanyahu e poi fa poco, di fatto nulla, per appoggiare la realizzazione dei diritti dei palestinesi sotto occupazione. In ogni caso un funzionario israeliano ieri ha confermato la decisione americana di sospendere, per il momento, l’invio di missili “Hellfire” a Israele, per evitare un’ulteriore escalation militare a Gaza.

La Spagna si era mossa nella stessa direzione nei giorni scorsi e mercoledì anche il premier britannico Cameron aveva ribadito l’intenzione di Londra di non vendere più armi a Israele, ovvero di sospendere le consegne in corso, se l’offensiva contro Gaza fosse ripresa. Ben diverso è il percorso scelto dall’Italia, decisa, non importa quale sia il primo ministro in carica, a non riconsiderare in alcun caso i rapporti militari con Israele. La ministra della difesa Roberta Pinotti ha di nuovo ribadito la posizione che «l’Italia è da sempre sensibile alle esigenze di sicurezza di Israele, non fornendo però al paese sistemi d’arma di natura offensiva». Su questo le obiezioni sarebbero molte, a cominciare dalla commessa dei 30 aerei M-346 (Alenia Aermacchi), per l’addestramento dei piloti dei caccia israeliani e trasformabili in bombardieri leggeri. Aerei e piloti che sono poi impiegati in operazioni belliche. D’altronde l’Italia è il primo paese armatore di Israele dell’Unione europea. Vende a Tel Aviv quello che mettono insieme Francia, Germania e Gran Bretagna: oltre il 41% del totale degli armamenti esportati dall’Ue verso lo Stato ebraico è di produzione italiana. Armi che hanno messo a disposizione tutti, da Prodi a Berlusconi, da Monti a Renzi. A ciò si aggiunge la concessione del poligono sardo di Capo Frasca, per le esercitazioni che da settembre coinvolgeranno anche piloti e cacciabombardieri israeliani.

In nome delle buone relazioni e dei buoni affari in tempi di crisi economica, Renzi e i suoi ministri fingono di comprendere che quello in corso tra israeliani e palestinesi è un conflitto vero, che va risolto sulla base del diritto internazionale, e non una questione di ordine pubblico. E le prospettive sono nere. Palestinesi e israeliani hanno accettato di prolungare per altri cinque giorni la tregua ma al tavolo delle trattative del Cairo la distanza tra il governo Netanyahu e la delegazione palestinese che include anche Hamas è enorme. Secondo la tv libanese Al-Mayadeen la bozza di accordo presentata da Israele prevede il dispiegamento ai valichi di agenti dell’Autorità Nazionale Palestinese di Abu Mazen e non indica alcuna data per la riapertura dei confini. La proposta non fa alcun riferimento al trasferimento di denaro per il pagamento dei dipendenti pubblici di Gaza e sono rimandate a negoziati successivi persino questioni apparentemente meno complicate come l’allargamento della zona di pesca. Non è chiaro inoltre quale sia la posizione definitiva di Tel Aviv sulla costruzione di un porto e di un aeroporto e sul rilascio dei prigionieri. Israele di fatto ha solo dato via libera a una rimozione parziale dell’assedio di Gaza e continua a chiedere il disarmo di Hamas. I palestinesi chiedono che Gaza non sia più una prigione per i circa 2 milioni di persone che ci vivono.

Occorre perciò una forte dose di ottimismo per immaginare che da qui fino al 19 agosto le due parti riescano a trovare un compromesso. Le trattative vanno avanti solo per l’insistenza dei mediatori egiziani e nelle ultime ore la terza “tregua umanitaria” è sembrata sul punto di crollare più volte. Ieri pomeriggio si è di nuovo riunito il gabinetto di sicurezza israeliano (i principali ministri e Netanyahu) per analizzare l’andamento dei negoziati. Secondo Channel 2, dovevano presentate le loro condizioni per la tregua: il ministro della giustizia Livni e quello delle Finanze Lapid, secondo l’emittente, intendevano premere per un rafforzamento della posizione e del ruolo di Abu Mazen nell’amministrazione e controllo di Gaza. Mentre Naftali Bennett (Economia) e Avigdor Lieberman (Esteri) avrebbero puntato sul monitoraggio ferreo dei fondi palestinesi e internazionali che saranno trasferiti nella Striscia per la ricostruzione.

Intanto ieri sera si attendeva l’arrivo in Italia della salma di Simone Camilli, il videoreporter dell’Ap, ucciso due giorni fa a Gaza assieme a quattro palestinesi durante il disinnesco di una granata israeliana da parte di artificieri locali. La Croce Rossa Internazionale ieri mattina aveva provveduto a trasferire la salma attraverso il valico di Erez e a farla arrivare all’ospedale St. Joseph di Gerusalemme. Tra i tanti amici e colleghi che ieri hanno voluto ricordare Simone Camilli a Gerusalemme c’era anche l’ex vicepresidente dell’Europarlamento, Luisa Morgantini. «Simone diceva sempre che voleva far conoscere la verità – ha ricordato Morgantini – e la sua morte dice la verità sui resti di bombe che non sono esplose. Ha raccontato la vita e la morte di un popolo sotto occupazione, occupazione di cui lui era molto consapevole». I funerali di Simone Camilli si svolgeranno oggi alle 18, nella cattedrale di Pitigliano dove il padre del reporter Pier Luigi Camilli è sindaco.

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