Ci sono le avanguardie artistiche degli anni Venti e i processi staliniani degli anni Trenta, il cinema di animazione e i beffardi testi poetici di un scrittore internato in un ospedale psichiatrico, le ombre di Lenin e di Trockij e la fantascienza che guarda a uomini nuovi e nuovi mondi. È un tuffo all’indietro nelle illusioni e le tragedie della prima metà del Novecento O sentimental machine, la creazione realizzata da William Kentridge insieme al compositore François Sarhan che il festival di Romaeuropa ha presentato all’Auditorium romano. All’origine c’è una breve pièce, Telegrams from the nose, creata nel 2008 a Parigi da Kentridge e Sarhan per l’Ictus ensemble, che anche qui accompagna in scena il compositore.

A CUI SI È AGGIUNTA ora una seconda parte che arricchisce il quadro ma ne rende anche più sfrangiata la percezione. Si inizia con un film di animazione sovietico Mežplanetnaja revoljucija, ovvero Rivoluzione interplanetaria, firmato nel 1924 dai tre artisti, Nikolaj Codataev, Zenon Komissarenko e Jurij Merkulov, che guidarono il primo studio di Mosca dedicato a questa forma cinematografica. La tecnica che utilizzano è il cut-out, ripreso poi da Kentridge, l’uso cioè di sagome ritagliate e composte a formare una serie di immagini che, fotografate in successione, danno vita a un illusorio movimento.Il 1924 è l’anno della morte di Lenin. Mosca è un grande cantiere della rivoluzione, oltre che un luogo di sperimentazione culturale. Anche il cinema è terreno di scontro. Rivoluzione interplanetaria, fra navi spaziali in viaggio verso Marte e ricchi borghesi in veste di vampiri che succhiano il sangue di un giovane donna, fa il verso all’ambientazione fantascientifica di un film di grande successo popolare in quel momento, Aelita, ma poco gradito all’ortodossia. Kentridge lo proietta su un telo teso a fare da schermo sul fondo della scena, dove è riprodotto un collage di articoli di vecchi giornali, lasciando che questo sfondo traspaia sotto le figure in movimento del film. E intanto i cinque musicisti dell’Ictus ensemble, seduti a semicerchio davanti allo schermo, danno vita alla colonna sonora del film, dove accanto spiccano le sonorità di un violoncello e un violino Stroh, strumenti musicali a corde amplificati da un cono metallico invece che dalla cassa armonica, inventati alla fine dell’Ottocento. Poi è lo stesso François Sarhan a salire sullo stretto palco, posto sotto lo schermo, a declamare le storie di Daniil Charms, l’eccentrico scrittore surrealista morto nella clinica psichiatrica del carcere di Leningrado nel 1942.Tornano le atmosfere d’avanguardia della Russia post-Rivoluzione

OPPURE MESCOLATO ai musicisti, armato di megafono, a scandire con enfasi rumoristica la trascrizione della seduta del comitato centrale del partito comunista nel febbraio 1937, da cui prese il via il «Processo dei ventuno» che ebbe come principale imputato Nicolaj Bucharin. Lui cerca di chiarire la sua situazione, accompagnato dalle risate degli altri, Molotov, Kaganovic, il maresciallo Vorošilov, lo stesso Stalin. Sarà ucciso un anno dopo dalla «macchina infernale» delle purghe staliniane, come prevedeva. Mentre sullo schermo si animano le immagini surreali del «Compagno Naso» e lunghe processioni di ombre, ci si avvicina all’ultimo atto. Cala uno schermo bianco più grande dove si proietta un film più recente montato da Kentridge che vira verso una lettura giocosa e un po’ derisoria di tutte quelle avventure scientifiche, dove la segretaria di Lev Trockij si trova alle prese con un megafono antropomorfo. Si finisce invece con i funerali di Stalin. Una massa enorme si accalca intorno alla bara. In tutti gli angoli del vasto impero sovietico la vita si ferma per un momento. È il 1953, finisce un’epoca non rimpianta.