È possibile nutrire la popolazione mondiale senza compromettere per sempre risorse e salute della Terra? Possiamo garantire un pianeta sano per le generazioni di future? Se guardiamo i numeri, ci troviamo davanti a due fatti incontrovertibili: gli abitanti del pianeta crescono a un ritmo sostenuto mentre la produzione alimentare per il loro sostentamento è la principale fonte di gas serra e di impoverimento delle riserve di acqua dolce. Per non parlare della deforestazione necessaria a pascoli e monocolture intensive. Alla luce di queste premesse, è chiaro che la risposta alla domanda di apertura è una delle sfide maggiori che l’umanità deve affrontare. Ci giochiamo il destino della nostra specie sulla Terra.

Nonostante il preambolo poco rassicurante, abbiamo una buona notizia: una risposta c’è ed è positiva! Ce la fornisce una ricerca pubblicata e coordinata da The Lancet, una delle più importanti riviste scientifiche del mondo, che ha riunito 37 tra i più importanti scienziati viventi. Dopo due anni di studi i numeri parlano chiaro: possiamo nutrire il pianeta, anche le generazioni future, a patto che il tema entri subito nell’agenda politica internazionale e nazionale e che noi tutti prendiamo qualche accorgimento.

Già, perché se da un lato The Lancet ci dice che possiamo sfamare il mondo senza compromettere la nostra casa comune, dall’altro lato ci dice anche che per farlo è necessario ribaltare i nostri comportamenti alimentari che, così come sono, risultano insostenibili già con una popolazione ferma a 7,5 miliardi.
L’aspetto su cui lo studio insiste di più è la riduzione dell’apporto di cibi di origine animale e la loro sostituzione con alimenti di origine vegetale. Meno carne, meno latticini, meno uova rispetto agli attuali standard europei e nordamericani (l’Africa subsahariana e il Sud-Est asiatico sono già più che allineati). Al contrario, più cereali integrali, più legumi, più verdura, più frutta a guscio. Quasi niente zucchero, non troppo pesce con un occhio di riguardo a specie e allevamenti. Fermo restando che è sempre azzardato e forse anche inopportuno prospettare presunte «diete universali», non c’è dubbio che questo studio confermi molte delle convinzioni che chi si occupa di sostenibilità alimentare e ambientale promuove da tempo. Una conferma anche per noi di Slow Food che abbiamo sosteniamo numerose campagne di sensibilizzazione sul legame tra produzione alimentare, sostenibilità ambientale e cambiamento climatico e sulla necessità di azzerare il consumo di carne proveniente dagli allevamenti intensivi, per consumarne poca e proveniente da allevamenti di qualità, attenti al benessere degli animali e all’ambiente.

Se inizieremo a seguire le indicazioni fornite dagli scienziati riuniti da The Lancet, non solo si potranno nutrire tutti gli abitanti del pianeta (inclusi gli attuali 800 milioni di affamati e malnutriti) senza distruggere l’ambiente, ma si potrebbe anche porre un freno all’epidemia di obesità, diabete di tipo 2 e malattie cardiovascolari a cui stiamo assistendo praticamente inermi. In ultimo, ma non meno importante, si potrebbe garantire agli animali che mangiamo un livello di benessere degno di questo nome. È la prima volta che una rivista scientifica di questo spessore si esprime in maniera così decisa su come le abitudini alimentari influiscano su ambiente, sicurezza alimentare e salute. Ora tocca a noi: serve una presa di coscienza individuale per modificare i nostri comportamenti, e una richiesta collettiva affinché arrivi dalla politica quello scatto d’orgoglio affinché questa battaglia di salute e di futuro diventi la bandiera di un nuovo corso globale. Ne abbiamo bisogno e sappiamo già come fare.