Nuovi divieti nelle regioni, ma il rosso-arancio si allarga
Emergenza Divieto di passeggiata in Emilia Romagna, Friuli e Veneto. Le ordinanze per evitare il passaggio al livello di rischio superiore che implicherebbe il divieto di circolazione tra comuni. Conte tenta ancora di evitare il lockdown, lite con la Campania. Arcuri cerca Covid hotel in ogni provincia per aiutare gli ospedali
Emergenza Divieto di passeggiata in Emilia Romagna, Friuli e Veneto. Le ordinanze per evitare il passaggio al livello di rischio superiore che implicherebbe il divieto di circolazione tra comuni. Conte tenta ancora di evitare il lockdown, lite con la Campania. Arcuri cerca Covid hotel in ogni provincia per aiutare gli ospedali
Divieto di «struscio» e di passeggiate al centro in tutto il territorio delle Regioni Emilia-Romagna, Friuli e Veneto. Ma in realtà sono innumerevoli le città, a partire da Roma, che hanno emanato o stanno per emanare disposizioni per consentire il passaggio nelle aree solitamente affollate solo in alcuni orari o a scaglioni. Le ordinanze delle tre Regioni sono praticamente identiche. Il divieto di passeggiare (ma l’Emilia si limita a un più ambiguo bando per le «attività motorie») per le vie del centro o comunque affollate, se non residenti, è il pezzo forte. Segue, in ordine di severità, la possibilità di consumare nei bar solo da seduti dalle 15 alla chiusura delle 18. I negozi di media e grande distribuzione saranno chiusi nei festivi e prefestivi. I piccoli negozi solo nei festivi. Obbligatorio infine l’uso della mascherina all’aperto, con la sola eccezione dei bambini al di sotto dei 6 anni. Solo un consiglio invece, ma non in Emilia, quello rivolto a chi ha più di 65 anni di servirsi nei negozi solo nelle prime due ore.
Concordate con il ministro della Salute, le ordinanze mirano a evitare il passaggio alla zona arancione, che implicherebbe la misura economicamente più pesante: il divieto di circolazione tra diversi comuni. Non è affatto certo che le restrizioni decise in autonomia siano sufficienti. Deciderà oggi la cabina di regia e dalla Salute segnalano che la decisione verrà presa sulla base dei dati. Nulla è ancora stabilito ma il passaggio in zona arancione sembra probabile. Il discorso vale a maggior ragione per la Campania, dove infuria la guerra di tutti contro tutti: il sindaco di Napoli De Magistris contro il presidente De Luca, il medesimo De Luca scatenato contro il governo e in particolare contro il ministro Boccia, accusato nel corso del vertice tra governo e Regioni di «accanimento contro la Campania».
«Avevamo chiesto 1.400 sanitari e sono arrivati solo 7 anestesisiti», ha puntato l’indice De Luca. «Se la Campania ha bisogno di medici faccia un altro bando», replica sullo stesso tono il ministro. Tra un insulto e l’altro l’ingresso della Campania in zona rossa è considerato probabile. A decidere saranno anche qui le cifre e solo in misura minore la relazione degli investigatori inviati da Speranza. Ma peserà anche il tremendo video registrato da un paziente, con un malato di Covid ottantenne lasciato morire in un bagno dell’ospedale.
La nuova ondata di zone arancioni o rosse e di restrizioni è l’ultima trincea prima del lockdown. La linea del Piave del governo è evitarlo e il commissario Arcuri, ieri in conferenza stampa, mostrava un certo ottimismo. «Un italiano su 60 è stato contagiato ma la curva sembra iniziare a raffreddarsi». Forse ha ragione. Forse invece è un tipico caso di wishful thinking, dal momento che i dati di ieri registrano un impietoso aumento della percentuale di infettati sui tamponi eseguiti, da 14 al 16%. «Il vaccino arriverà ma non subito e non per tutti», ammonisce il commissario.
Arcuri dedica solo un fugace passaggio al più tragico aspetto della crisi, la saturazione dei reparti ordinari, tanto zeppi di malati di Covid da essere costretti a non curare moltissimi pazienti affetti da più usuali malattie, anche molto gravi. Il danno è dunque doppio: i malati di Covid non possono essere curati adeguatamente e alla fine il conto delle vittime, tenendo conto delle fatalità «indirette», sarà decisamente più alto. «L’auspicio è di arrivare almeno a un Covid Hotel in ogni provincia», conferma Arcuri e Boccia concorda: «Sarebbero 20mila posti in più». Il combinato tra requisizione di alberghi vuoti da trasformare in Covid Hotel e accordi con la sanità privata per mettere in campo le decine di migliaia di medici e infermieri che operano in quel settore, oggi inutilizzati, è la sola via per decongestionare i reparti ospedalieri ordinari anche secondo il ministero. Il problema è che la responsabilità in materia è delle Regioni. Irrealistico dunque aspettarsi uguale efficienza su tutto il territorio nazionale.
Al versante sanitario della crisi si accompagna quello economico. La legge di bilancio, in ritardo di quasi un mese sulla data di presentazione sulla carta obbligatoria, dovrebbe arrivare alla camera tra oggi e domani. Dovrebbe essere anche l’occasione per avviare il dialogo tra maggioranza e opposizione e a questo fine il capogruppo Pd Delrio sta lavorando per arrivare alla definizione di un doppio relatore: uno di maggioranza e uno di opposizione.
Al senato i due dl Ristori sono stati accorpati in un unico decretone, con 5 mld di copertura. Non basteranno e le dimensioni del prossimo scostamento di bilancio saranno probabilmente in discussione nel Consiglio dei ministri di oggi. Per chiudere la partita ci vorrà del tempo ma l’ipotesi in campo è elevata: una ventina di miliardi.
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