Nuova lettera della Bce a Roma: gli extraprofitti non si toccano
Un’altra lettera della Bce al governo italiano. Niente di paragonabile a quella del 5 agosto del 2011 ma comunque un’altra ingerenza nei confronti della politica del Belpaese sempre a rischio commissariamento.
Stavolta tocca all’attuale presidente Christine Lagarde prendere carta e penna per esprimere le perplessità della Bce sulla decisione di imporre una tassa sugli extraprofitti delle banche. La lettera – come anticipato dal Corriere – dovrebbe arrivare sulla scrivania di Giorgia Meloni e su quella del ministro Giancarlo Giorgetti nel giro di qualche giorno. La richiesta di un parere da parte dell’Eurotower, spiegano a via Venti Settembre, è partita proprio dal ministero il 10 agosto, data di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della misura che introduce il prelievo straordinario sulle banche.
Una misura blanda, richiesta da anni da sindacati e sinistra, che ha comunque provocato irritazione nel mondo del credito, anche a livello internazionale.
Sarebbero due – secondo le indiscrezioni – le osservazioni contenute nella missiva in arrivo a Palazzo Chigi e al ministero dell’Economia. La prima di metodo: Roma non avrebbe avvisato Francoforte su quanto aveva intenzione di fare. In effetti l’annuncio del prelievo sugli extramargini delle banche è arrivato a sorpresa, al termine del consiglio dei ministri del 7 agosto e Giorgia Meloni ne ha rivendicato la maternità – seppur dando una spiegazione che non sta in piedi: le banche avrebbero sfruttato gli aumenti dei tassi decisi dalla stessa Bce sebbene gli extraprofitti risalgono al periodo del Covid – mentre Giorgetti non si è presentato in conferenza stampa lasciando a Salvini gigioneggiare sul tema.
Facendo leva sul fatto che i trattati europei prevedono che la Bce sia consultata dai governi su materie di propria competenza, Lagarde ha deciso di esprimere un parere, anche se non richiesto.
La seconda critica è sul merito della misura. L’Eurotower contesta l’intervento sui margini di interesse delle banche fatto senza considerare i costi e indebolendo la capacità degli istituti di resistere a eventuali futuri shock. Il cuore delle critiche però riguarda la ratio e le finalità dell’intervento: per la Bce un’imposta sulle banche non dovrebbe finanziare «il taglio delle tasse o il sostegno alle famiglie per il pagamento dei mutui», ma dovrebbe al massimo servire per garantire i depositi o i fondi per le risoluzioni bancarie. Insomma, «i soldi sono delle banche e al settore bancario devono restare. Non vi azzardate a toccarli».
Sempre ieri è arrivato il parere della Banca centrale europea sulla riforma del Patto di Stabilità e crescita. La Bce chiede ai governi di fare presto: un accordo va raggiunto «non appena possibile» perché si rischia «incertezza»: «sarebbe fondamentale per ancorare le aspettative per la sostenibilità del debito». Nel merito per la Bce è «cruciale» che «gli aggiustamenti di bilancio non arrechino danni agli investimenti» prioritari come «la transizione verde e digitale». Che la Bce sia cambiata veramente?
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