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Nuova dichiarazione costituzionale ed elezioni politiche entro sei mesi

Road map Dopo il golpe e la strage, Mansour decide senza i Fratelli. Il costituzionalista Zaid Al-Ali: «Ma senza Fratellanza ogni proposta è impraticabile»

Pubblicato più di 11 anni faEdizione del 10 luglio 2013

Il presidente egiziano ad interim Adli Mansour ha sospeso la Costituzione vigente ed emesso ieri una nuova «dichiarazione costituzionale» che definisce la «road map» per i prossimi mesi. Il decreto prevede che elezioni legislative si tengano entro sei mesi. Non solo, si fa cenno alla nomina di un comitato costituente di saggi che dovrà presentare emendamenti alla Costituzione sospesa.

Dovrà poi svolgersi un referendum popolare confermativo della nuova carta fondamentale. Una volta approvata la Costituzione, si terranno elezioni parlamentari e poi presidenziali, il tutto entro la fine dell’anno. Insomma, di nuovo procedure affrettate, come se non ci fosse stato un golpe militare, che non lasceranno il tempo e il modo per organizzarsi in vista del voto ai partiti – mentre, vale la pena ricordare, la leadership dei Fratelli musulmani, il primo partito del Paese è in galera e c’è stato un massacro dei sostenitori di Morsi.

Ma intanto, cosa accade alla Carta fin qui in vigore? «In questo momento non esiste una Costituzione. Le leggi penali, civili e amministrative sono valide ma la Costituzione è sospesa. – ci spiega il costituzionalista Zaid Al-Ali – Posso aggiungere «sospesa», non «cancellata». Questo passaggio è stato concordato solo tra esercito e salafiti. Questi ultimi hanno accordato di appoggiare la deposizione di Morsi ricevendo in cambio l’assicurazione che gli articoli inerenti le libertà religiose (2, 4 e 209) fossero mantenuti. Da parte sua, il liberale Mohammed El-Baradei aveva chiesto la cancellazione tout court di tutta la Costituzione approvata dagli islamisti», rivela l’esperto.

Era il marzo del 2011 quando venne emessa dall’esercito la prima dichiarazione costituzionale che manteneva in vigore la Carta del 1971 e conferiva poteri speciali all’esercito nella fase di transizione. Quel testo venne sottoposto a referendum popolare il 19 marzo e ottenne una schiacciante maggioranza di voti, incluso il sostegno dei Fratelli musulmani. Nacque allora la campagna «Laa», un variegato nucleo di giovani rivoluzionari e dei movimenti che bocciavano la dichiarazione costituzionale. Alla fine del 2011, la giunta militare tentò di far approvare dei principi sovra-costituzionali che conferivano all’esercito poteri di veto sulla legislazione ordinaria. Questo provocò dure contestazioni, determinando la crisi di governo di Essam Sharaf e l’inizio dell’esecutivo di Gamal al-Ghanzouri.

Con le elezioni parlamentari che si sono concluse il 6 gennaio 2012, si avviavano i lavori dell’Assemblea costituente per la scrittura della nuova Costituzione. Gradualmente, le opposizioni laiche abbandonarono i lavori e la costituzione venne approvata da Fratelli musulmani e salafiti, sollevando non pochi dubbi su articoli vaghi, poco rispettosi delle libertà religiose e dei diritti dei lavoratori.

Ora, come si procederà alla scrittura della nuova Costituzione? «La dichiarazione costituzionale che è stata emessa potrà essere cambiata e cambiata di nuovo. Tenteranno di mettere insieme le forze politiche e di creare una commissione composta da dieci esperti tra politici e giuristi, figure non elette, per l’approvazione del nuovo testo costituzionale. Ma senza la partecipazione della Fratellanza questo processo non avrebbe senso» – conclude Zaid.
A questo punto, il prossimo passaggio delicato è la formazione del governo. Su questo l’impasse è totale. Un’accelerazione è venuta ieri con l’aut aut del gran imam di Al-Azhar – la più importante università dell’islam sunnita – Ahmed El-Tayeb. Il leader spirituale ha minacciato di far saltare il tavolo e addirittura di dimettersi se non fosse stata resa nota la «road map», scritta da Mansour.

El-Tayeb – che resterà chiuso in casa fino a quando non termineranno le violenze – ha chiesto che una commissione di riconciliazione si metta subito al lavoro con pieni poteri e che le persone arrestate negli ultimi giorni, tra le quali cinque alti esponenti della Fratellanza musulmana, vengano rilasciate.
Ma, finora, non ci sono segni che i Fratelli musulmani – la cui leadership è incarcerata – parteciperanno al tavolo negoziale. Non riconoscono Mansour e, dopo il massacro di lunedì notte, iniziano a credere che nell’Egitto «democratico» non ci sia spazio per loro. Il golpe militare che proclama una nuova costituzione, ha chiarito quanto lo scioglimento del parlamento prima e le voci di vittoria del nazionalista Shafiq poi fossero vere minacce per l’esistenza della Fratellanza.

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