Dopo un’attesa lunga quattro anni, i Nu Genea tornano finalmente con un nuovo disco dal titolo Bar Mediterraneo. Duo di musicisti e dj napoletani composto da Lucio Aqulina e Massimo Di Lena, la band ormai da qualche anno é il corrispettivo musicale di un crocevia di luoghi e culture differenti. Mescolando, con classe e originalità, ritmi napoletani a suggestioni dall’Africa all’India, abbiamo incontrato Massimo e Lucio per sapere qualcosa di più su questa ricerca, anche antropologica. «Ci siamo conosciuti nel 2006» esordisce Lucio «All’epoca, avevamo due carriere separate come produttori di musica elettronica e dj e collaboravamo anche con etichette straniere. Molto presto è nata un’amicizia e qualche anno dopo ci siamo ritrovati con l’idea di comporre musica. I primi esperimenti però non assomigliavano molto all’elettronica o alla techno ma più alle colonne sonore dei soft porn anni ’70 e ’80. Così abbiamo sperimentato nuovi generi anche per sfuggire un po’ dalle gabbie rigide del genere. Ci siamo trasferiti insieme a Berlino e poco dopo poco abbiamo conosciuto il manager di Tony Allen (il leggendario batterista di Fela Kuti, ndr) che ci propose di fare un album con lui. Per noi era la prima volta che ci avvicinavamo alla musica “suonata”. Da lì è nato tutto e nel 2018 è arrivato Nuova Napoli». 

PER I NU GENEA, la ricerca musicale va di pari passo con la composizione, come racconta Massimo «Cercare musica del passato è quello che ci regala nuova linfa e ci stimola durante la composizione. Secondo noi alcune musiche di un tempo non sono state comprese perché troppo avanti. Negli anni ’70 il funk e la disco erano dei macro-generi ma nel mondo sono esistite anche delle micro-nicchie, ibridi musicali fra musica tradizionale ed influenze americane. Apprezziamo artisti come George Benson o gli Chic ma non li abbiamo mai veramente approfonditi. Ci piace invece scoprire piccole band che magari non hanno sfondato ma concettualmente sono molto più interessanti di altre. La nostra ricerca non è mai analitica ma quasi antropologica, rifiutiamo il concetto di revival. E’ bello scoprire degli ibridi, band del Suriname ad esempio che, negli anni ’70, hanno forse ascoltato gli Earth, Wind & Fire e li hanno “rifatti”a modo loro con un pattern di percussioni locali. Ci interessa soprattutto l’esperienza umana dietro alla musica».

Cercare musica del passato è quello che ci regala nuova linfa e ci stimola durante la composizione. Secondo noi alcune musiche di un tempo non sono state comprese perché troppo avanti

PROSEGUE Lucio «Ci affidiamo molto ai musicisti con i quali collaboriamo. A volte addirittura chiediamo loro di ri-registrare alcune parti. Il nostro chitarrista ad esempio è bravissimo ma è capitato che gli chiedessimo di suonare “male” qualcosa. Stessa cosa per Fabiana Martore, la cantante che spesso collabora con noi. Lei ha una voce perfetta ma ogni volta cerchiamo di “sporcarla” un po’, chiedendole anche di cantare in qualche posizione scomoda. In Tienaté per esempio è come se interpretasse un ruolo, una scugnizza molto passionale, mentre in La crisi canta in maniera più soave. Dipende dal mood del brano. Ci piace molto anche mettere più voci insieme, aggiungere layer diversi». Trapiantati da qualche anno a Berlino, Bar Mediterraneo arriva per i Nu Genea dopo un lungo periodo di nuove ricerche musicali che li hanno portati a esplorare geografie inedite «Nuova Napoli è stato composto a Berlino perché ci mancava la nostra città. All’epoca eravamo più interessati al jazz, al funk e alle contaminazioni di alcuni artisti come Pino Daniele e James Senese. Nel nuovo album invece questa malinconia si sente di meno. Musicalmente, siamo stati influenzati dalla musica di paesi del Nord Africa ma anche della Nigeria. In Tienatè per esempio si sente molto l’influenza africana anche se la ritmica delle parole non è terzinata come la loro, assomiglia di più a certe canzoni del Brasile. Per Gelbi invece abbiamo avuto l’onore di collaborare con il percussionista tunisino Marzouk Mejri mentre in Vesuvio abbiamo riletto in chiave dance una canzone folk napoletana degli ‘E Zezi, storica band operaia di Pomigliano D’Arco. Abbiamo registrato le voci di un coro di bambini di Napoli, che aggiunge alla canzone una dimensione tribale e insieme evocativa». 

«BAR MEDITERRANEO» però non è soltanto una Babele musicale dove le culture si intrecciano ma, per i Nu Genea, potrebbe essere anche un luogo “politico”? «Secondo noi, il Mediterraneo ha un qualcosa di inspiegabile all’interno della musica» ci raccontano «Anche se l’ispirazione va al di là dei confini, spesso alcuni arrangiamenti diventano mediterranei nel momento in cui i suoni si incastrano in un certo modo. Straniero è un brano strumentale dove quella parola viene spesso ripetuta, è una suggestione diciamo, non ci sono messaggi. Per noi Bar Mediterraneo è un luogo dove parlare, dove lo straniero viene accolto, dove il linguaggio è universale e non esistono ranghi sociali. E’ un posto dove lo scambio di sapere è reciproco, dove si condivide la conoscenza e l’arricchimento fra le parti è mutuale. E questo andrebbe traslato anche nella vita in generale».