Visioni

«Notte Morricone», il suono del tempo secondo Marcos Morau

Una scena da "Notte Morricone"Una scena da "Notte Morricone" – foto di Christophe Bernard

A teatro Uno spettacolo ideato dal coreografo valenciano per sedici danzatori di Aterballetto

Pubblicato 2 giorni faEdizione del 26 ottobre 2024

Una musica che risuona nel corpo, suggeritrice di una molteplicità di immagini che scivolano via sfumando, lasciando nel sentimento un’eco, una musica che per tracce, per schegge, per improvvise apparizioni, risveglia attraverso una macchina teatrale trasformista ricordi solitari o collettivi, storie intrecciate nel vissuto personale di spettatori che, seduti uno accanto all’altro, si ritrovano a teatro insieme per una sera. Una musica che respira nella danza.

Accade in questi giorni al Teatro Argentina di Roma dove giovedì sera con Romaeuropa Festival ha debuttato indoor, dopo la prima all’aperto di quest’estate al Macerata Opera festival, Notte Morricone, visionario, metaforico e sorprendente viaggio coreografico dentro e per la musica di Ennio Morricone, ideato da un autore di genio quale è il valenciano Marcos Morau per i sedici danzatori del Centro Coreografico Nazionale Aterballetto diretto da Gigi Cristoforetti.

Un affondo non olografico, perché sfaccettato nel cogliere le questioni che si dibattono in un cammino umano oltre che artistico guardato attraverso la lente onirica della dimensione notturna. Con Romaeuropa resta all’Argentina fino a stasera, poi da domani repliche con la Fondazione Teatro di Roma sempre all’Argentina fino al 10 novembre, prima della tournée internazionale con ritorno in Italia da febbraio.

LA SCENA, spostata a vista dai danzatori, è giocata a partire da una parete color lavagna, piena di schizzi, di disegni, di possibili aperture. Mossa, diventa la stanza del compositore, lo studio di registrazione, il cinema. Uno spazio in cui gli oggetti prendono vita, spartiti, leggii, il podio del direttore d’orchestra, un pianoforte a coda, metronomi, poltroncine con le ruote, enormi fari, una bicicletta, registratori, cuffie, consolle, pupazzi con le sembianze di Morricone. Una scena di oggetti danzanti, popolata dai sedici artisti di Aterballetto, formidabili nel dare corpo all’immaginario di Morau: recitano, cantano, ballano, maschi e femmine tutti e tutte vestiti e vestite in pantaloni e camicia, gli occhiali sul volto, un corpo unico che si compone e scompone in modo tentacolare, complice una coreografia piena di dettagli, con movimenti giocati su fratture nette alternate a gesti di generosa ampiezza.

L’omaggio al grande maestro fra musica, cinema e danza

TUTTI sono Morricone, guidati in primis da Leonardo Farina e Giovanni Leone, uno l’alter ego, lo sdoppiamento dell’altro, ma i danzatori sono anche a tratti le apparizioni dei musicisti che eseguono le partiture del compositore, i cowboy dei film western, gli spettatori del cinema, i tanti incontri dell’artista. La coreografia è un gioco di specchi e di riflessi, di fantasie: apparizioni sostenute da un lavoro musicale potentissimo. Le tracce di Morricone scelte per lo spettacolo sono state registrate dall’Orchestra Cherubini, diretta da Maurizio Billi, musicista, amico e collaboratore del compositore. La partitura definitiva che si ascolta in Notte Morricone viaggia poi secondo il progetto magnetico di Morau che non indulge in motivi ascoltati per intero, lasciando nelle orecchie una continua nostalgia. Arrivano alle orecchie il tema d’amore di Nuovo cinema Paradiso, quello di Deborah da C’era una volta in America, il tema de La Califfa, On earth as it is on heaven da The Mission, The man with the Harmonica da C’era una volta il West, e ancora Se telefonando scritta per Mina (con testo di Maurizio Costanzo…), Here’s to you che cantò Joan Baez per Sacco e Vanzetti canticchiata dai danzatori a fine spettacolo. Si guarda lo spettacolo e la mente va a dove si era, a quando e con chi si è visto un certo film, scoprendo quanto sia la musica ed essere oggi così viva e parlante fondendosi con la danza. Motivi che nello spettacolo si intrecciano al sound design elettronico di Alex Roser Vatiché e Ben Meerwein e a stralci di discorsi di Morricone, di quando prese l’Oscar, di quando discusse sulla musica tonale e atonale, di come essere prevedibili fosse una delle sue paure più grandi, della sua passione per gli scacchi, dell’amore per la moglie Maria, registrazioni con la voce del compositore, parole dal vivo dette dai danzatori. A ogni spettatore un bagaglio di immagini da portarsi a casa.

“Notte Morricone”, foto di Piero Tauro

MORRICONE che gioca a scacchi con se stesso in una delle prime scene con Farina e Leone. Morricone/Farina su una panca, intorno tutti gli altri con in mano dei microfoni. Li appoggiano sul corpo disteso, stralci di musica riempiono l’aria, interrotti uno dall’altro, sulla sinistra della parete color lavagna un dj. L’assolo di Farina sul tema di C’era una volta il West: il corpo si avvita su se stesso, si strema e attraverso la danza mette in luce il travaglio dell’atto creativo. Estelle Bovay e Matteo Fiorani sul tema di Deborah, inarcamenti e lift per cosa sia l’amore, il duo più ruvido di Ana Patricia Alves Tavares e Nolan Millioud su un motivo da The Mission. E i tanti quadri d’insieme, come quello degli Oscar presi e non presi con le corse tra mazzi di rose rosse, le trascinanti scene western o come il momento con tutti i danzatori intorno e sopra e dentro il pianoforte portato per la scena, con qualcuno che tocca la tastiera, mentre gli altri si aprono con un moto irrequieto quasi fossero note di uno spartito ancora in divenire. Perché con questo spettacolo di valore intimo e grandioso al contempo, Morau attraverso Morricone e Aterballetto regala il desiderio di guardare avanti, rispondendo a una delle ultime frasi dette in scena: «volevo sapere che suono avesse il tempo».

Sguardi contemporanei

Marcos Morau è stato nominato per la stagione 2025-2027 Artista Associato di Triennale Milano. Già ospite negli anni con la sua compagnia La Veronal di Barcellona, Morau ha inaugurato a inizio ottobre «Legacy. 50 anni di teatro», stagione della Triennale in omaggio al cinquantesimo anniversario del CRT Centro di Ricerca per il teatro. In debutto il site specific «Totentanz. Morgen ist die Frage», immersione con sguardo contemporaneo nell’iconografia medioevale della Danza della Morte.

«Morgen ist die Frage – (Il domani è la domanda)» ha portato non a caso il pubblico per gli spazi della Triennale dove la riflessione su una questione certa nel destino dell’uomo quale è la morte si è intrecciata visivamente con la realtà tragica del nostro tempo. Un cammino guidato con icastica presenza da tre danzatori e una danzatrice, l’iconica Lorena Nogal, in cui la morte, legata a due grandi pupazzi femminili in camicia bianca, afferrava con il suo fremito. Incancellabile l’impressione di quella nebbia che avvolgeva i corpi degli spettatori, stretti passo dopo passo verso un luogo sconosciuto.

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