Visioni

Note sghembe e suggestioni anarchiche per Bud Spencer Blues Explosion

Bud Spencer Blues Explosion foto di Simone CecchettiBud Spencer Blues Explosion – foto di Simone Cecchetti

Musica Incontro con il duo che ha appena licenziato un nuovo album "Next big niente"

Pubblicato 11 mesi faEdizione del 4 novembre 2023

Se qualcuno avesse sorriso senza coglierne l’ironia quando, nei primi 2000, avendo letto il nome di questa band che mescolava l’immaginario degli spaghetti western e il blues alternativo di John Spencer, ormai da parecchio saprebbe quanto sia serio questo progetto. Dopo cinque anni i Bud Spencer Blues Explosion pubblicano un nuovo album già enigmatico nel titolo Next Big Niente (La Tempesta), perché partire da niente significa partire da tutto, da una visione smisurata e asimmetrica di contaminazioni, dove tecnica e sensibilità polimorfa si condensano in ogni brano per un inusuale quanto avvincente album di sonorità che spaziano fra blues, rock, tropical, psichedelia, rumorismo, techno e tanto altro. Il lavoro di Adriano Viterbini (chitarra e voce, etc) e Cesare Petulicchio (batteria, etc) è straniante al primo ascolto, con brani più imperscrutabili come Big Niente o Camper, e altri più etichettabili come Medioriente o Sabroso Tapas Bar, è un disco che richiede attenzione e quindi cura dei particolari che affiorano a ogni giro. “Sperimentazione” è una delle parole che più è stata affiancata alla band, che poi è anche una maniera per dire “libertà”, in questo lavoro c’è meno cantato, i testi sono ridotti all’osso, AV: “Abbiamo registrato quello che avremmo voluto ascoltare e che ci risuona meglio. La musica è un sentimento, si mettono in moto tanti fattori, che rendono questo campo imprevedibile e misterioso, e il mistero è affascinante. L’idea di non abbracciare la forma canzone a cui siamo abituati, è una possibilità interessante e divertente, trovo aderisca meglio al mondo che abbiamo intorno. Più che il suono delle parole, in questo album abbiamo usato le parole del suono”.

L’idea di non abbracciare la forma canzone a cui siamo abituati, troviamo che aderisca decisamente meglio al mondo che abbiamo intorno

IL TITOLO sembra, appunto, una riuscita dichiarazione di intenti che spalanca le porte a una sovraesposizione anarchica delle suggestioni che il duo trattiene nelle 10 tracce, CP: “Concettualmente siamo partiti dal titolo, anche se in realtà è venuto dopo. Siamo partiti proprio dal NIENTE. Avevamo scritto qualcosa pre-lockdown, ma dopo quel periodo assurdo abbiamo deciso di resettare tutto, come se fosse il primo disco dei Bud. Ci siamo detti: portiamo in una stanza tutti gli strumenti/effetti che riteniamo più lontani da quello che abbiamo fatto finora e premiamo rec. Abbiamo deciso fin da subito di produrre, registrare e mixare tutto da soli, per la prima volta in 17 anni. Volevamo che questo disco potesse rispecchiare il nostro mondo attuale al 100%. Siamo bombardati di contenuti dalla mattina alla sera, sembra sempre più difficile concentrarsi sul non fare niente, che però penso sia lo stato d’animo di partenza indispensabile e necessario per creare qualcosa di davvero originale. Ecco, con questa consapevolezza che abbiamo cominciato a scrivere. E dopo due anni e mezzo di lavoro, praticamente quotidiano, eccoci qui”. Si parla e si scrive molto di “rinascimento psichedelico”, in NBN ci si possono ritrovare elementi musicali ma qual è il processo creativo che vi ha portato fin qui? CP: “Siamo stati spesso considerati un gruppo psichedelico anche se in realtà, nell’accezione classica del termine e del genere, non penso che possiamo definirci tali. Forse sarà perché dal vivo improvvisiamo tanto, ci piace portare il pubblico in un viaggio di suoni che forse possiamo ritenere psichedelico. Penso in realtà che la nuova psichedelia sia più da considerare il mondo dell’elettronica. Ci siamo ispirati sicuramente più a quel versante per questo disco. Siamo voluti andare oltre la canonica strofa-ritornello e creare più situazioni imprevedibili. Personalmente, quando ascolto una canzone, mi sono un po’ stancato di aspettarmi il ritornello dopo quattro giri di strofa”.

IL DISCO è composto da pezzi che valgono come singoli eppure si sente la compattezza di un album che ha un inizio e una fine (non proprio scontato di questi tempi), la tensione e l’andamento sghembo sembrano seguire una precisa drammaturgia. Come avete trovato un invisibile filo di collegamento fra questi pezzi così diversi? AV:La musica di un album non è che la scegli poi cosi tanto, ti prendi quello che arriva. E arriverà qualcosa che ti somiglia. Certo ci abbiamo lavorato tanto, come artigiani, e la soddisfazione è tanta quando a lavoro finito lo ascolti e non ti sembra né troppo lungo né breve, non troppo pesante né leggero, quando senti quella sensazione di equilibrio riconoscibile solo nei dischi che ti piacciono. L’andamento sgrammaticato è vitale in questa musica, l’idea di imperfetto funziona, gli errori, le ingenuità, il sapere di non sapere, sono la forza di questo gruppo”. Sono trascorsi cinque anni da Vivi Muori Blues Ripeti, un tempo lungo se si considerano i ritmi attuali, ma i BSBE hanno macinato chilometri e concerti, in quindici anni hanno visto cambiare il palco, CP: “Abbiamo iniziato in un periodo di totale rivoluzione per la musica, soprattutto per quella indipendente. Parlo per esempio di MySpace. In pochi mesi potevamo caricare le nostre canzoni sul player e andare in giro per l’Italia a portare la nostra musica. Ora però i social sono al centro delle nostre vite, è più facile promuoversi, naturalmente se conosci quel linguaggio, ma allo stesso tempo è molto più semplice condizionare e incanalare l’opinione pubblica generale e la musica in particolare. Di conseguenza spesso è la qualità a pagarne le spese, è un gareggiare; questo aumenta le insicurezze e a volte distrugge anche potenziali talenti”.

VITERBINI E PETULICCHIO sono stati anche turnisti in varie band, e non a caso parrebbe che in un progetto così arioso come i BSBE confluiscano più artisti, ma la domanda è se resta più facile suonare in due? CP: “Per fortuna collaboriamo con tanti artisti. Forse è proprio quello il nostro segreto, ci piace ancora tanto l’interazione che riusciamo a creare in due. Ci possiamo permettere una certa libertà compositiva in studio e d’improvvisazione sul palco, più difficile da raggiungere in altri progetti. È ancora tanto stimolante la ricerca di un suono originale pur suonando sempre e solo i nostri strumenti. Fondamentalmente abbiamo gli stessi gusti, ci appassionano gli stessi dischi, e a volte lo scopriamo dopo mesi. Abbiamo in testa una visione comune di cosa è la musica per noi, di cosa è fare arte in generale”.

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