Alias

Note globali, una questione di etichetta

Note globali, una questione di etichettaLa copertina di "The King of Sudanese Jazz" (Habibi Funk) di Sharhabil Ahmed

Tracce/Ecco le label più imprevedibili e sorprendenti, piccole, indispensabili Setacciano con agilità l’intero pianeta a caccia di ritmi e incisioni dimenticate o poco conosciute. Pubblicano nuovi lavori, collegano i continenti. Una lista

Pubblicato più di 2 anni faEdizione del 9 aprile 2022

«Un ricercatore deve saper prendere tempo: sedersi, ascoltare e registrare, per essere sicuro di svolgere il miglior lavoro possibile».
Così si esprimeva anni fa William Ferris, il maggior esperto vivente di folklore e cultura musicale afroamericana del sud degli Stati Uniti durante una nostra intervista. Una verità incontrovertibile, valida sia per gli etnomusicologi da cattedra che per quelli da strada, ed ancor più, per chi decide di aprire una casa discografica che riesca a raccontare al meglio una storia musicale non ordinaria. Parliamo di etichette che, invece di centrare esclusivamente la propria attività sul mero business, decidono di raccontare altro con il proprio impegno, dando nuova luce a sedute discografiche oramai perse nel tempo. Ristampe quindi che tornano a circolare non solo con fini commerciali, ma anche culturali e sociali. E che, per stessa ammissione di chi le anima, hanno talvolta anche un fine «politico», dove tale definizione acquisisce valore diverso a seconda della latitudine di riferimento. Stiamo parlando di musiche che giungono da ogni angolo del mondo e che da decenni vedono alcune label più o meno di grido, diffonderle ovunque. Oltre realtà già affermate, di cui alcune giunte a fine corsa, come Erased Tapes, Analog Africa, Terp, Soundway, Strut, Awesome Tapes e Bear Family, è ora il turno di altri tentativi più o meno consolidati. Che hanno alcuni punti in comune: archiviazioni ossessive di singoli individui che divengono altro, passione per il fascino fragile ed aleatorio dei suoni di un tempo passato, volontà di salvaguardare la musica come forma d’arte identitaria e collettiva. E mentre tutto questo permette di dare alle categorie note come world music e global south un significato difforme a seconda della longitudine in cui vengono pronunciate, va rammentato che fuori dalla fortezza Europa e dalla sua consorella Usa, vi è un mondo sonoro sconosciuto ai più. Di incomparabile bellezza che aspetta solo di essere svelata.

ULTIMA ARRIVATA
L’ultima arrivata in ordine di tempo è la label Syrian Cassettes Archive (SCA), nata con l’intento di preservare e documentare la grande stagione delle musicassette siriane, che tra il 1970 e il 2010 sono state la principale fonte di diffusione di musica in quello stato. A formulare la geniale idea, acquistando nel corso del tempo una enorme quantità di nastri, è stato il musicista, produttore e archivista Mark Gergis, noto anche con l’alias Porest. Gergis, per metà iracheno e per l’altra statunitense, con un lavoro certosino ha messo insieme stili musicali diversi, provenienti dalle varie comunità insediate in Siria prima dell’ultima sanguinosa guerra: arabi, curdi, assiri, armeni e iracheni. Ha dato forma al suo progetto includendo, oltre a registrazioni sul campo, sedute che vanno dagli album in studio a quelli dal vivo, passando per melodie religiose, patriottiche, classiche e destinate al mondo infantile. Non mancano ovviamente shaabi e dabka, con i suoni pop buoni per feste e matrimoni.
Gergis non è uno qualunque: ha uno spirito curioso e da sempre in movimento che gli ha permesso, non casualmente, di essere colui che dal 2011 a seguire portò alla ribalta Omar Souleyman e Rizan Sa’id, divenuti stelle internazionali del dancefloor grazie alle loro versioni electro di suoni tradizionali. Gergis all’epoca era parte attiva della leggendaria etichetta di Seattle, quella Sublime Frequencies che dal 2003 ad oggi vanta oltre centocinquanta pubblicazioni incentrate per lo più sulle musiche provenienti da Medio Oriente, nord Africa e sud est asiatico. Il genio dei fondatori, il regista Hisham Mayet e Alan Bishop che ricordiamo nei Sun City Girls, è ancora oggi produttivo e fa un certo effetto passare dalla prima storica uscita Folk and Pop Sounds Of Sumatra Vol .1, ai suoni saharaui del Group Doueh con Zayna Jumma, per arrivare all’ultima Magical Nights – Saigon Surf Twist & Soul (1964-1966), che vede protagonista Phuong Tâm, la regina del rock vietnamita dei sixties.
Giovane ma combattiva è la Rumi Sounds, nata nel 2021 e che prende il nome dall’iconografico poeta e mistico sufi. Il titolare Erbatur Çavusogluo, già cantante e chitarrista della rock band turca Zardanadam, ha scelto per la sua label di stampare uscite esclusivamente in vinile che pescano dalla Turchia di fine secolo scorso. Se per caso vi trovaste a Berlino, dalle parti di Kreuzberg, probabilmente potreste trovarlo nel suo quartier generale sito nel negozio di dischi che gestisce. Hanno la Turchia nel cuore e nei solchi del vinile anche a Duisburg, Germania, i tipi della Ironhand Records, che da qualche anno stanno svelando perle inattese, in buona parte portate alla luce dal mare magnum di un effervescente scena musicale che tra gli anni Sessanta e Settanta ha davvero stupito. Parliamo del jazz funk estremamente visionario firmato da Mustafa Kuscu, della Tavern music proposta dagli eccelsi Risar & Kupa 4, che rammentiamo agli esordi essere stati apertura del concerto di un giovane e arrembante Little Tony in tour a Istanbul nel 1965, del rock psichedelico e lisergico firmato dal Grup Dogus nel 1975. Il tutto prendendo spunto da molteplici stili locali e non solo, rebetiko e laiko in primis, a dimostrazione di una società turca all’epoca molto più integrata di quello che si possa immaginare.

SPICCATA SENSIBILITÀ
Che in terra tedesca vi sia una spiccata sensibiltà verso culture sonore altre è informazione nota. Ecco quindi che non dobbiamo sorprenderci se ulteriori etichette sono di stanza da quelle parti. A dir poco egregio è quanto svolto in casa Habibi Funk, dove dietro la spinta propulsiva impressa dal boss Jannis Stürtz che spesso troviamo dietro al mixer come dj, brillano registrazioni che arrivano da Libano, Marocco, Algeria, Sudan, Tunisia e praticamente quasi ogni altro angolo del Maghreb. Per dare corpo alle sue intenzioni, Stürtz ha girovagato a lungo ed ascoltarne i racconti è interessante quanto i dischi da lui riesumati: inatteso e sorprendente il reggae libico di Ahmed Ben Ali, altrettanto è il funk soul epigono di James Brown e firmato dalla band di Casablanca chiamata Fadaul Et Les Privilèges, sbalorditivo il viaggio sonoro in salsa ambient e sperimentale compiuto dal compositore algerino Ahmed Malek da fine anni settanta in poi, che a seguito delle manipolazioni contemporanee del dj tedesco Flako ha preso forma nello stralunato The Electronic Tapes.
Ultimo giro in zona Kreuzberg, per entrare negli uffici della Piranha, che tra il serio e il faceto con il loro slogan «swimming among sharks since 1987», hanno da sempre preso le cose molto sul serio. Nuotando con arguzia e un pizzico di sfrontataggine nell’industria discografica, si son mossi con buon gusto tra musica gitana, ebraica e africana, portando a compimento più di duecento progetti discografici. Importante è stato il loro ingresso nel mondo del Womex Festival, di cui hanno prodotto numerose compilazioni intitolate The Womeximizer. E a proposito di eventi musicali, proprio a Berlino sono stati organizzatori di numerose rassegne di musiche dal mondo, tra cui la principale, HeimatKlänge, è andata in scena per diciotto anni dal 1988 al 2006, includendo gli artisti principali dell’etichetta, gente come Stella Rambisai Chiweshe, The Klezmatics e Sister Fa.
Spostiamoci in Belgio, a Gent per la precisione, dove troviamo Radio Martiko, che si definisce come un collettivo di dj e ricercatori di vecchie registrazioni, da cui non emerge nessun nome proprio, ma solo il marchio della label. Attivi dal 2015, hanno preso il via con il compositore e organista marocchino Abdou El Omari, divenuto per loro un’icona di riferimento. Attraverso la pubblicazione di suo materiale edito localmente negli anni Settanta, hanno iniziato un percorso di ricerca musicale che li ha portati nel corso del tempo in Congo, Perù, Grecia, Colombia, Egitto e nella sfera lusofona. Rimarcano di avere un approccio da viaggiatori e non da turisti, modalità che gli permette di concludere i progetti che mettono in cantiere. Notevoli in tale senso Nuits D’Été di El Omari, Respectable Families dell’egiziano Abd al-Rahman al-Khamissi e Divine Reeds di Tassos Chalkias. Filiazione di questa etichetta è Souma Records, che è composta oltre che dai Radio Martiko, anche da Fred Kramer. Dal 2018 si occupano squisitamente di mondo arabo. Souma era infatti il soprannome della leggendaria Umm Kulthum, di cui hanno pubblicato alcune ristampe, e a cui si aggiungono due uscite di valore del suonatore egiziano di organo Hany Mehanna. Parigina è invece la Akuphone, che ruota attorno a Fabrice Géry, che come selecter utilizza il nickname Cheb Gero. Il suo intento è quello di dare rinnovato vigore al pop folk globale, con propensione al continente asiatico. La comprova la si ha dal 2015 con le uscite diversificate praticamente in ogni continente. Mirabolante esempio ne sono il disco del 1968 Chinese Folk Songs della cantante di Taïwan Chao Xiao-Jun conosciuta come Lily Chao, la compilazione che va dal 1958 al 1962 della cantante giapponese Chiemi Eri in stile big band, la prima guitar band cambogiana Baksey Cham Krong fondata da Mol Kamach che si contraddistingueva per mescolare surf e ballate languide come si apprezza in Ne Penser Qu’à Toi.

GLI STANDARD
Abbandonando l’Europa, facciamo nuovamente tappa negli States dove tra le varie realtà presenti si segnala una delle migliori esperienze discografiche esistenti. Parliamo della Dust-to-Digital, capace non solo di tenere altissimi standard qualitativi, ma anche di avere una riuscita gestione comunicativa, affidata nella maggior parte alle reti sociali. Dove ha dalla sua numeri e visualizzazioni notevoli che garantiscono ai coniugi April e Lance Leadbetter di consolidare riconoscimenti di critica e pubblico. Dalla sede di Atlanta, Georgia, vengono sfornati prodotti che pescano in buona parte dalla tradizione african american, blues in primis, ma non solo. I box Voices of Mississippi: Artists and Musicians Documented by William Ferris e Parchman Farm: Photographs and Field Recordings, 1947–1959, solo per citarne alcuni, sono imperdibili esattamente come Excavated Shellac: An Alternate History of the World’s Music di Jonathan War , una documentazione di stampo world a 78 giri figlia di ricerche e confronto tra collezionisti. Di stanza a New York, ma operatività, mente e cuore in Thailandia per la Ostinato, che dal 2016 cerca tra negozi, mercati, archivi privati e pubblici di far tornare alla luce le espressioni artistiche obnubilate dall’uomo e dalla storia. Che si tratti della Somalia, del Sudan o di Djibouti, il patron Vik Sohonie riesce a scovare melodie che raccontano epopee musicali sconosciute ai più. Lo fa con una prospettiva culturale che mira a cambiare l’immagine globale del mondo non occidentale dal di dentro, grazie alle narrazioni sonore, da lui considerate un potente strumento educativo e identitario. E ascoltando Sweet as Broken Dates: Lost Somali Tapes from the Horn of Africa e (Djibouti Archives Vol. 1) Super Somali Sounds from the Gulf of Tadjoura non si può certo dargli torto.
Thailandia come epicentro di debordanti avventure discografiche? Sì, se si considera che Paradise Bangkok, oltre che una effervescente serata dance della capitale alla fine degli anni dieci, è divenuta anche una label dedita alla ristampa di rarità nazionali. Autori di questa entusiasmante avventura sono stati i due dj Maft Sai e Chris Menist, che a furia di redigere compilazioni per Finders Keepers e Soundway, si son convinti a creare una propria casa discografica. Che nel suo catalogo vanta sedute di registrazioni della seconda metà del secolo scorso provenienti oltre che dalla terra del sorriso, anche da Africa Orientale, Pakistan, Afghanistan, India e Malesia.
Fenomenali sono lavori come Doghala Vol.2, folk locale del pakistano Ashiq Hussain e il pop allegro dei malesi Flybaits in Mempersembahkan… Flybaits. Ambedue i titolari nelle vite personali non mancano certo di impegno: Sai è il titolare del negozio di dischi della capitale chiamato Zudrungma Records, Menist, è anche giornalista freelance. Insieme, continuano a collaborare con progetti per conto di altri, come accade per United Sounds of Asia, collana della Strut, per la quale hanno curato la recente uscita di Life Is a Heavy Burden: Ghazals & Poetry from Afghanistan, la prima compilation del cantante afghano Ghazal Dr. Mohammad Sadiq Fitrat, noto come Nashenas. Esempi lodevoli sono quelli di due fondazioni con le quali concludiamo questo viaggio. La prima è Amar (Arab Music Archiving and Research) con sede a Beirut, Libano, dove oltre settemila dischi e seimila ore di registrazioni su bobina, documentano l’intenzione di conservare e diffondere la musica araba tradizionale che va dal 1903 al 1930, da parte della fondazione. Che tra le sue attività prevede incontri, seminari formativi, concerti, attività promozionali e vendita di dischi creati con cadenza annuali. Tra i vari artisti spicca Tanburi Muhyiddin Ba’yun, maestro del cordofono tanbur, un liuto portato all’ennesima potenza dall’autore nel lavoro The Nightingale Of Beirut.

DALL’ARCIPELAGO
Molto meno austera, non a caso l’idea originaria non arriva da preti maroniti ed ex generali dell’esercito ma da una manciata di studenti universitari, è Irama Nusantara, con sede a Giacarta, in Indonesia. I sette fondatori negli anni novanta decisero di costruire un’archivio della musica indonesiana, dopo averne riscontrato, da appassionati, difficile reperibilità. Da quei primi giorni è nata Irama Nusantara, che in indonesiano significa melodia dell’arcipelago, con l’intenzione di preservare e archiviare dati e informazioni unicamente sulla musica popolare nazionale.
La caratteristica principale è quella della completa digitalizzazione dei materiali, di modo da rendere fruibile a chiunque oltre la musica, anche tutte le informazioni collegate ad ogni singola pubblicazione, artwork incluso. Il tutto in forma completamente gratuita e senza mai stampare su nessun supporto fisico. Essendo una fondazione senza scopo di lucro, Irama riceve sostegno economico oltre che da donazioni e sponsorizzazioni private, anche da un rapporto costante sia con il Ministero dell’Istruzione e delle Culture che da altre istituzioni governative collegate, attraverso sostegni annuali da rinnovare in modo cadenzato ad ogni gennaio. Il risultato dell’impegno di Nusantara conta ad oggi oltre 40mila canzoni disponibili, che giungono in buona parte da vinili messi in commercio tra gli anni Cinquanta e Settanta, arrivando comunque fino ai giorni nostri. Vi è spazio per ogni stile che si possa immaginare, ma tra i tanti consigliamo l’ascolto della formazione pop anni settanta Andarinyo Group e del loro Volume 1, la Orkes Teruna Ria con il calypso folk di Suling Bambu, il beat danzereccio firmato dalle Pattie Sisters in Terlambat e l’indie rock a tinte psichedeliche dei Virus e del loro trasgressivo Slank.

FUORI I DISCHI
Aa. Vv., Mixtape Vol. 1 (Syrian Cassette Archives)
Group Bombino, Guitars from Agadez, Vol. 2 (Sublime Frequencies)
Rişar & Kupa 4, Rişar & Kupa 4 (Ironhand Records)
Sharhabil Ahmed, The King of Sudanese Jazz (Habibi Funk)
Aa. Vv., Beat! Apartheid (Piranha)
Hany Mehanna, Music for Airplanes (Souma Records)
Aa. Vv., Sri Lanka: The Golden Era of Sinhalese & Tamil Folk-Pop Music (Akuphone)
Aa. Vv., Listen All Around: The Golden Age of Central and East African Music (Dust-to-Digital)
Aa. Vv., Two Niles to Sing a Melody: The Violins & Synths of Sudan (Ostinato)
Aa. Vv., Early Singers from Bilad Al-Sham (AMAR)

I consigli di mema

Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento