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Norman Manea, deviazioni letterarie dalla via del destino

Norman Manea, deviazioni letterarie dalla via del destinoAdrian Ghenie, «Lo zio IV», 2020

Scrittori romeni Un romanzo-collage, basato sulla novella fantastica di von Chamisso, il cui protagonista – che scende a patti con un diavolo – diventa il referente del personaggio autobiografico di Norman Manea: «L’ombra in esilio», dal Saggiatore

Pubblicato circa un anno faEdizione del 1 ottobre 2023

Dotato di una trama complessa, in cui biografia e sensibilità letteraria si intrecciano armoniosamente con la Storia, il nuovo libro di Norman Manea, L’ombra in esilio Romanzo collage (tradotto in maniera esemplare da Roberto Merlo e Barbara Pavetto per Il Saggiatore, pp.368,  € 26,00) accompagna il lettore in un viaggio tra i ricordi dei drammi che hanno segnato il Novecento europeo alle prese con i totalitarismi, contemplando sia il registro malinconico che quello umoristico, mentre riflette sulle incredibili vicende del protagonista, un ebreo in esilio perpetuo che, sopravvissuto miracolosamente ai campi di concentramento in Transnistria, fugge dalla Romania comunista per trovare infine approdo negli Stati Uniti.

Nato nel 1936 nella città di Suceava, in Bucovina, Norman Manea appartiene a una famiglia di origine ebraica, insieme alla quale venne deportato in un campo di prigionia in Ucraina all’età di 5 anni. La sua carriera di scrittore cominciò negli anni ’60, affiancata alla professione di ingegnere: nel 1987 lasciò la Romania e, dopo un anno trascorso a Berlino, si stabilì definitivamente a New York, lavorando come insegnante al Bard College. Nel contesto dell’ampia produzione di Manea, L’Ombra in esilio si offre come ulteriore testimonianza dell’incertezza sulla quale è fondata la soggettività di coloro che, in quanto ebrei, condividono sia il senso di una perenne emarginazione, sia l’impossibilità di trovare uno spazio nel mondo: alla ricerca di un luogo in cui sentirsi a casa, il protagonista del romanzo giunge prima a Berlino da un suo vecchio amico, Günther, romeno di famiglia tedesca, poi a New York, dove vive Tamar, la sorellastra, che soltanto al fratello è consentito chiamare Agatha, nome in codice che nasconde il segreto della loro condizione di orfani e sopravvissuti all’Olocausto.

Frammentata da riflessioni dell’autore su questioni letterarie, la narrazione di questo romanzo-collage è continuamente attraversata dall’opera dello scrittore e botanico francese, Adelbert von Chamisso, L’uomo senza ombra, romanzo del genere fantastico, scritto in tedesco, il cui protagonista, Peter Schlemihl (cognome che in ebraico significa «amato da Dio» e nel Talmud figura come uno sventurato, goffo e deriso dalla comunità, per questo caro agli Elohim) funziona come referente del personaggio messo in campo da Manea, dotato di un destino inesorabilmente incerto.

Molti elementi – a cominciare dalle iniziali del nome, Nomade Misantropo – accomunano autore e personaggio, il cui esilio dall’innominata Romania, è tuttavia reso evidente dalle regioni menzionate: Transilvania, Banato, Bucovina, oppure quando vengono ricordati i monti Carpazi.

Intervallata da numerose citazioni di diversi autori – da Thomas Mann a Maksim Gor’kij, da Benedetto Croce a Hermann J. Weigand – la narrazione in forma di collage segue un filone principale affidato alla voce di Nomade Misantropo, appellandosi anche a numerose altre voci finzionali, che si susseguono apparentemente senza logica, dando luogo a episodi secondari: uno di questi vede in scena una donna di nome Fiona, apparentemente devota alla famiglia, che tradisce il marito e lo minaccia di rendere pubblico il suo adulterio, chiedendogli soldi in cambio del silenzio.

Infine la questione dell’ombra, introdotta con il personaggio chamissiano, Peter Schlemihl (che rappresenta una sorta di «ombra nell’ombra» dall’interno di questo romanzo), e che sembra quasi guidare la voce narrante nella lettura e nell’interpretazione delle proprie vicende, è arricchita di una valenza di doppio; come si può osservare ad esempio nella figura dell’informatore dei servizi segreti dei regimi totalitari, colui che seguendo il sorvegliato, riesce a prendere il controllo anche del suo stesso pensiero. Concentrandosi sui meccanismi di difesa contro gli agenti visibili e invisibili del Potere, il prigioniero finisce pertanto con il diventare un’ombra di sé stesso, sviluppando una sorta di meccanismo «pavloviano» dei sui comportamenti all’interno del contesto sociale in cui vive.

Grazie all’esilio, Nomade Misantropo riesce ad emanciparsi dall’ombra proiettata su di lui dall’uomo al servizio dell’apparato repressivo, ma ricade nell’ombra che si accompagna alla sua nuova condizione di straniero: l’Altro oscuro per antonomasia, inconoscibile fonte di ostilità e di odio. Come il personaggio di Adelbert von Chamisso, che vende al diavolo la sua ombra in cambio di una borsa magica, e come lo stesso Manea, che è giunto negli Stati Uniti senza per questo congedarsi dal proprio passato e dalla lingua romena, Nomade Misantropo attraversa l’oceano per raggiungere un paese democratico, dove per sopravvivere deve necessariamente rinunciare a una parte di sé.

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