Si attendevano l’attacco da parte delle destre, ma probabilmente non si aspettavano che la minaccia arrivasse così presto, con la scelta di un presidente della camera come Lorenzo Fontana, che viene definito «omofobo», «fiancheggiatore della famiglia naturale».

Il timore diffuso è che si torni indietro sul fronte dei diritti e dei modelli culturali. E che la legittimazione alle istanze più reazionarie e intolleranti possa arrivare dall’alto, dallo scranno più alto della camera dei deputati, visto che Fontana in questi anni non si è mostrato aperto al dialogo ma ha condotto crociate integraliste che hanno occhieggiato all’estrema destra.

Fontana si attirò molte critiche già nel 2018, quando divenne ministro alla Famiglia e alla Disabilità nel governo Conte I. E ancora quando portò a Verona con il Congresso mondiale sulla famiglia. Quel convegno, ricorda oggi il segretario nazionale dell’Arcigay Gabriele Piazzoni, fu una delle pagine più «imbarazzanti» e «oscurantiste» degli ultimi anni. Del resto, dal circolo di cultura Mario Mieli, presidio storico delle lotte della comunità omosessuale, ricordano quel passaggio come «un medioevo dei diritti». Mario Colamarino, presidente del Mario Mieli promette: «Siamo pronti a scendere in piazza e a fare le barricate se vedremo che saremo attaccati per l’ennesima volta».
La condanna è bipartisan: anche Erico Oliari, presidente dell’associazione vicina al centrodestra GayLib mostra di non gradire l’elezione della terza carica dello stato. «Bisogna dire che Fontana – riconosce Oliari con un certo imbarazzo – non si è mostrato molto amico delle ‘nuove famiglie’. Mi auguro che se vuole rappresentare tutti, abbia un ripensamento, ci dia un segnale di apertura». Fabrizio Marrazzo, portavoce del Partito Gay Lgbt che alle ultime elezioni si è alleato con il Movimento 5 Stelle, ricorda quando durante il congresso della Lega nel 2017 Fontana disse «vogliamo un Europa dove il matrimonio sia solo tra mamma e papà e altre schifezze non le vogliamo».

Per Vincenzo Miri, presidente della Rete Lenford che si occupa di fornire assistenza legale e difendere i diritti Lgbt, spiega: «Fontana non ha mai fatto mistero di appoggiare il modello familistico della Russia di Putin. È ovvio che non può rappresentare le istanze della comunità Lgbt che ha sempre osteggiato. Addirittura si era opposto alle Unioni civili e alla famosa ‘propaganda gender’ nelle scuole, che non esiste». Dalla Rete D.i. Re dei centri antiviolenza annunciano che non accetteranno passi indietro sui diritti. «La destra affida le cariche più elevate del parlamento a due uomini che non sono una garanzia per chi ha a cuore i diritti umani e per chi, come noi, presidia la libertà e i diritti delle donne – spiega la presidente Antonella Veltri – Auspichiamo che questo non preluda a un’involuzione dei diritti civili, soprattutto quelli conquistati dalle donne in tanti anni di lotte per l’autodeterminazione e per l’emancipazione dalle gabbie del lavoro domestico». «La seconda e terza carica dello Stato devono essere elementi di rappresentatività e garanzia – aggiungono dal Gay Center – risulta preoccupante per uno Stato di diritto che tali ruoli fondamentali possano essere in mano a persone di nostalgica memoria o che diffondono fake news complottiste, antiabortiste e omofobe».

Ieri a Roma, all’Università La Sapienza, hanno protestato anche i collettivi studenteschi e le militanti di Non Una di Meno: dopo avere attraversato la città universitaria in corteo hanno fatto irruzione in un convegno sulla famiglia al quale oggi era annunciata anche la presenza dell’ex parlamentare leghista Simone Pillon ed espresso la loro contrarietà all’elezione di Fontana.