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Non si ferma l’impeachment a Dilma

Non si ferma l’impeachment a DilmaBrasile, manifestazione pro-Rousseff – La Presse

Brasile Una giudice democratica e una famosa attrice, emissarie dei movimenti popolari, ricevute dal papa in Vaticano

Pubblicato più di 8 anni faEdizione del 11 maggio 2016

Cautela, qui le cose cambiano giorno per giorno». Un avvertimento quantomai puntuale quello rivolto da Dilma Rousseff ai suoi sostenitori che festeggiavano l’inaspettata decisione del presidente a interim della Camera di sospendere per vizio di forma l’impeachment già approvato in Parlamento il 17 aprile. Con un’altra svolta, il deputato Waldir Maranhao (del Partito Progressista) ha infatti revocato la decisione, senza spiegarne il motivo. Maranhao sta sostituendo Eduardo Cunha, grande accusatore di Rousseff, deposto per corruzione e distrazione di fondi pubblici. Ma già il presidente del Senato, Renan Calheiros, che appartiene allo stesso partito di Cunha (il Partito del movimento democratico brasiliano – Pmdb -) aveva definito l’annullamento «uno scherzo alla democrazia» e deciso di mandare avanti al Senato l’esame dell’impeachment.

Al momento per noi di andare in stampa, il responso degli 81 senatori non era ancora arrivato, ma secondo le previsioni anche questa volta sarà sfavorevole alla presidente. In questo caso, Dilma verrebbe sospesa per 180 giorni in attesa del processo e a sostituirla sarebbe il vicepresidente Michel Temer (Pmdb). Temer è a sua volta sotto inchiesta e a rischio di impeachment per le stesse imputazioni di Rousseff. L’altroieri, i Sem Terra hanno occupato una delle sue aziende agricole, «sede di attività golpiste».

E di golpe istituzionale hanno parlato ieri anche due donne molto conosciute in Brasile: l’attrice Leticia Sabatella, molto impegnata nelle battaglie per l’ambiente e per i diritti umani e la giudice Kenarik Boujikian Felippe, di stanza al tribunale di San Paolo e presidente dell’Associazione dei giudici per la democrazia. Per oltre un’ora, sono state ricevute in Vaticano da papa Bergoglio. Dopo l’incontro, accompagnate da Serena Romagnoli (amici dell’Mst) e dal traduttore Aimone Spinola, hanno tenuto una conferenza stampa.

«Obiettivo del viaggio – ha spiegato poi Felippe al manifesto – è stato quello di mantenere il dialogo tra il Papa e i movimenti popolari, avviato già da due incontri precedenti sulla questione dei diritti fondamentali: lavoro, terra, casa, particolarmente a rischio per noi oggi in Brasile, dov’è in corso un golpe istituzionale. Che il colloquio sia durato oltre un’ora e che il Papa ci abbia ricevuto proprio in questo momento difficile, mi sembra un messaggio eloquente: la sua preoccupazione principale sono i poveri, che tengono alla presidente eletta». E cos’ha a che vedere una giudice con i movimenti popolari? «L’associazione di cui sono co-fondatrice – risponde – è un movimento sociale che appoggia i movimenti popolari ma non ne fa parte. E’ nata nell’88 con l’idea di dare un contributo allo sviluppo della democrazia, sia in senso generale che nell’ambito giudiziario, con un impegno sui diritti fondamentali e sui diritti umani».

E su questi temi, i governi di Lula e Dilma hanno fatto bene? «C’è ancora molto da fare, ma i risultati più importanti si sono avuti proprio nell’ambito dei diritti civili, economici e sociali. Per esempio, la nostra Costituzione definisce la dignità umana un diritto fondamentale. Per questo il governo ha istituito il programma Bolsa Familia che ha tolto dalla fame e dalla povertà – condizioni disumane – 40 milioni di persone. La democrazia non è l’esercizio del voto, ma della vita umana. Aver fatto grandi passi avanti in questo ambito è importantissimo. Rispetto alla vecchia Europa, siamo un paese giovane: 516 anni sono poca cosa, ma sono anche tante vite e aver salvato 40 milioni di persone da condizioni disumane in 10 anni, è un passo importante. E adesso c’è una volontà reazionaria di azzerare i diritti. La democrazia che ci è costata tanto, è nuovamente a rischio».

Il Pt, però, non ha fatto solo cose buone. Ora fa autocritica e annuncia una svolta a sinistra. C’è ancora tempo? «Io non ho condiviso diverse leggi approvate dal governo: da quella, recente, contro il terrorismo, a quella che ha approvato il nuovo codice forestale, sancendo un ritorno indietro sulla difesa dell’ambiente e delle risorse. I partiti sono stanchi e screditati, ma ci sono ancora tante persone rispettate che hanno mantenuto saldi i principi. Perché la democrazia diventi realtà, ci vuole una profonda riforma politica.».

Le inchieste giudiziarie stanno dettando ormai l’agenda politica… «E’ un problema serio, che necessita di profonda riflessione. Non è sano che un potere con funzioni limitate determini il funzionamento di tutta la società. Il potere giudiziario è sempre stato fortemente condizionato dai grandi poteri economici. La linea della riforma di 10 anni fa è stata dettata dalla Banca mondiale e si basa su un impianto verticistico. E così è stato per tutta l’America latina. Questo non significa che alcuni giudici non ne abbiano coscienza, mentre altri premono quotidianamente sul sistema di garanzie aumentando le misure coercitive».

L’attacco delle destre alla presidente è stato definito un femminicidio simbolico. Che ne pensa, la giudice? «Quella di genere è una questione molto seria in tutti i poteri. Nonostante la legge preveda il 30% di donne, la presenza femminile è ancora bassissima a livello legislativo. L’ambito giudiziario è molto conservatore. Non c’è mai stata una Procuratrice generale, l’Ordine degli avvocati non ha mai avuto una presidente… Dati che dimostrano la forte relazione patriarcale che esiste ancora in Brasile».

Dal Venezuela al Brasile, il format del golpe istituzionale è il medesimo, e le destre corrono a Washington prima di innescarlo… «L’America latina è un continente di grandi risorse che suscita grandi appetiti». E se Dilma viene sostituita, se la parola passa allo scontro piazza? «Manifestare, è un diritto. Occupare una scuola per protestare contro le politiche educative, è un diritto. Prendersi la terra e la casa in assenza di una riforma agraria, è un diritto. E’ diritto degli indigeni non essere cacciati dai loro territori ancestrali. Questa è la democrazia reale».

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