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Non rinunciamo allo sguardo lungo dei sognatori europei

Prima e dopo Non ci sono paragoni possibili con quello che stiamo vivendo oggi. Almeno per chi ha avuto la fortuna di nascere dopo la Seconda Guerra mondiale e in questa parte del […]

Pubblicato più di 4 anni faEdizione del 10 aprile 2020

Non ci sono paragoni possibili con quello che stiamo vivendo oggi. Almeno per chi ha avuto la fortuna di nascere dopo la Seconda Guerra mondiale e in questa parte del Mondo.
E’ una rottura, una lacerazione profonda che riordinerà tutto, dopo, secondo altre gerarchie e priorità. Non torneremo al prima, non lo ritroveremo, sarà un’altra cosa.

Specialmente quando si diffonde una sofferenza così vasta in quasi tutti i paesi del Mondo.
C’è chi dice: ora bisogna combattere. Vincere la guerra. E poi potremo vedere come progettare il nuovo. E’ la logica dell’emergenza. Certo che siamo in emergenza. E che occorrono decisioni rapide. C’è una spinta fortissima verso la semplificazione delle catene decisionali, verso l’uno che decida per tutti, a garanzia di tutti, verso al disciplinamento sociale fortissima.
Attenzione. Non è detto che in una situazione del genere debba vivere solo la spinta alla concentrazione: occorre invece scommettere sul meglio di un popolo, per fronteggiare il pericolo incombente e devastante. Unire nel profondo quello che il ‘virus’ sta separando e recludendo.
E del resto, non c’è anche questo segno nella compostezza e nel rigore con cui la stragrande maggioranza degli Italiani sta affrontando la prova, per non parlare di quanto stanno facendo i tanti impegnati direttamente nella lotta per la salute? E non stanno emergendo forse anche tratti di uno spirito pubblico e di comunità che spazza via anni di propaganda su piccole patrie e identità fasulle? Grande patrimonio su cui investire e Dio sa quanto scarso nella nostra storia. E tutto questo pur in presenza di quel di più di sofferenza che stiamo pagando per politiche di rigore a senso unico e di austerità per i più che hanno rappresentato il cuore della risposta neoliberista alla crisi del neoliberismo.
E’ una scelta. E’ una decisione dalle grandi implicazioni per il futuro.
Vedo un correre fin troppo facile verso soluzioni ‘semplici’, ‘necessitate’, ‘oggettive’.
L’Ungheria dei pieni poteri a Orban è un residuo di passato che riemerge o una possibile anticipazione di futuro?
Attenzione. Facciamoci guidare, dico noi Italiani, anche in un passaggio del genere, dalla Costituzione. Ne siano avvertiti in primo luogo i governanti a tutti i livelli. Non rinunciamo ad uno sguardo più lungo.
Nel cuore dell’Europa dominata dal nazismo, dalla sua legge brutale e violenta che invadeva vite, le mutilava, le eliminava, che appariva invincibile proprio in quanto capace di colpire la speranza stessa che la realtà potesse essere diversa, ci furono tanti che riuscirono a coltivarla la speranza. Insieme a quelli che furono poi partigiani, partigiani essi stessi in tanti casi, ci fu chi non rinunciò ad un pensiero su un’Europa diversa. Dovevano sembrare pazzi. E probabilmente lo erano anche. Ma quelle pazzie concorsero in modo decisivo alla sconfitta di quel ‘morbo’ implacabile e ci consegnarono anche le idee e le impalcature di quella società democratica che andava oltre quella liberale: nutrita della partecipazione di quei lavoratori e di quel popolo che invece prima era tenuto ai margini.
E allora, bisognerebbe pur trovare il modo per fare sì che in queste giornate, sì ora, la voce di milioni di cittadini italiani ed europei si potesse far sentire, nei modi in cui possibile, magari utilizzando proprio la Rete e per iniziativa del mondo della cultura e dell’informazione libera, del movimento sindacale, dell’associazionismo per non lasciare tutto nelle mani di 27 Capi di Stato e di Governo e il il bisogno di una svolta nel segno di una Politica europea, di investimenti peri bisogni dei cittadini europei per uno sviluppo sostenibile ed inclusivo , di conversione ecologica, per la ricerca e il sapere, per la riappropriazione della sovranità sociale sui dati e il rilancio delle sanità pubbliche.
Lo scontro in Europa oggi è su questo. E da questo dipenderà molto del ‘dopo’.

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