Lavoro

Landini a Camusso: «Non rinunciamo alle nostre ragioni»

Landini a Camusso: «Non rinunciamo alle nostre ragioni»Rimini, il congresso Fiom – Aleandro Biagianti

Congresso Fiom Il leader delle tute blu parla dal palco e lancia dure critiche alle politiche sul lavoro del governo Renzi. Affondo sulla concertazione

Pubblicato più di 10 anni faEdizione del 11 aprile 2014

«Hashtag, Matteo non stare sereno». Il tweet di Maurizio Landini dal congresso Fiom di Rimini è piuttosto polemico nei confronti del governo. «Noi alle nostre richieste non rinunciamo e non ce ne faremo una ragione», dice il segretario metalmeccanico, infiammando la platea delle tute blu. Il passo della relazione che fa il bilancio delle prime mosse dell’esecutivo, è sicuramente uno dei più attesi, e Landini lo sa bene. D’altronde, la presenza del premier aleggia sulla tre giorni romagnola degli operai Cgil: è stato invitato in quanto segretario del Pd, come tutti gli altri leader di partito, e nessuno qui può escludere con certezza che il presidente del consiglio non venga a fare una comparsata, sorprendendo tutti, come è sua abitudine. Certo, dovrebbe esporsi a un pubblico complesso, e in campagna elettorale è meglio non rischiare fischi.

Landini, invece, fa il pieno di applausi, i più fragorosi proprio quando parla del complicatissimo menage à trois con Camusso e Renzi, e poi quando tocca il nodo concertazione. «Il problema – dice – non è capire se Renzi sia di destra, di centro o di sinistra, e chi sta con lui o no: questa mi pare, per dirla con Fantozzi, una stronzata pazzesca. Il nodo è capire piuttosto che cosa fa la Cgil».

E qui l’affondo sulla concertazione: «A cosa è servita? – chiede Landini – Le pensioni sono peggiorate, l’articolo 18 è andato. L’articolo 8 ce lo siamo bevuto». Idem per le strategie contrattuali del sindacato, il bilancio è fallimentare, e il premier si rivela più sindacalista dei sindacalisti: «Io 80 euro con un solo rinnovo non sono mai riuscito a ottenerli: dovevamo aspettare Renzi?».

Insomma, il sindacato è chiamato a una forte autocritica, ma questo non vuol dire che debba spegnere la sua voce: anzi, al contrario, bisogna saper rilanciare. Accettare la sfida, anche entusiasmante se vogliamo, che il nuovo quadro politico e l’iperattivismo del premier lanciano ai lavoratori: «Noi ci siamo posti degli obiettivi, abbiamo un documento programmatico, che abbiamo scritto in forma di lettera aperta al governo, e sul quale non abbiamo avuto ancora risposte chiare e adeguate – dice Landini – Come porteremo a casa i risultati? Dobbiamo sostenere le nostre ragioni con le mobilitazioni e la lotta».

«Alcune misure annunciate dal governo sono positive – spiega il segretario Fiom – altre non le riteniamo accettabili. Bene gli 80 euro in busta paga, bene che si tassino le rendite finanziarie e si finanzino i contratti di solidarietà. Ma non si dà niente ai pensionati, ai precari, e io dico anche a chi guadagna 25.500 o 26 mila euro: sta poco sopra la soglia dei beneficiati, ma non si può certo definire ricco, e paga tutte le tasse». «Male il decreto sui contratti a termine – prosegue Landini – perché liberalizza la precarietà. Noi avevamo aperto rispetto a un contratto a tutele crescenti, però si era definito ‘unico’: ma se il governo non vuole cancellare le attuali 46 forme di rapporto, e anzi vuole arrivare a 47 o 48, dove starebbe l’unicità? Così è soltanto una presa in giro».

Un altro progetto del governo che non piace a Landini è l’annunciato piano di privatizzazioni: «E’ profondamente sbagliato che si scelga di vendere l’Ansaldo, che si privatizzino pezzi di Finmeccanica, Fincantieri. Come, tu hai dei gioielli, che potrebbero rilanciare lo sviluppo, e li vendi? Possiamo costruire treni, navi, aerei, potremmo creare un polo dei trasporti producendo anche autobus – e cito la Irisbus, che si è deciso di chiudere – e non usi queste possibilità?».

La Fiom chiede una nuova politica industriale pubblica: per i trasporti, appunto, ma anche per la siderurgia – sapendo che però «devi rispettare l’ambiente, per non creare nuove Ilva» – o per l’auto. L’invito di Landini alla ministra Guidi, e al governo, è di non lasciare andare via la Fiat: «Il presidente del consiglio parli al ministro dello Sviluppo e le dica che un ministro non può dire che un’azienda può fare quello che le pare. A maggio Marchionne dirà, da Detroit, cosa farà per il nostro Paese. Io dico che se si producono 6 milioni di auto, un milione di queste auto lo si dovrebbe fare in Italia».

Altre richieste Fiom sono il ritorno alle pensioni di anzianità, abbassando i limiti posti dalla riforma Fornero; reintrodurre il divieto di cumulo tra lavoro e pensioni più alte; abrogare l’articolo 8 varato da Sacconi su misura per la Fiat; approvare una legge sulla rappresentanza, che combinata con contratti validi erga omnes introdurrà di fatto un salario minimo; estendere a tutti la cig e un reddito minimo garantito; permettere al lavoratore di utilizzare subito, se gli serve, il tfr.

Infine, l’annuncio che la «Via maestra» continuerà la sua strada: «Stiamo pensando a una raccolta di firme per un referendum per togliere il pareggio di bilancio dalla Costituzione – dice Landini – E al Parlamento diciamo: siamo sicuri che gli eletti con il Porcellum siano legittimati a cambiare la Carta? Non dovremmo piuttosto eleggere una Assemblea costituente?».

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