«Non penso quindi tu sei», la parola destrutturata di Pasquale Panella
Note sparse I cinque dischi bianchi scritti da Lucio Battisti con lo scrittore romano
Note sparse I cinque dischi bianchi scritti da Lucio Battisti con lo scrittore romano
Dopo la parentesi di E già (1982) – il disco elettronico che interrompe il sodalizio con Mogol, sostituito dalla moglie di Battisti, Grazia Letizia Veronese autrice dei testi sotto il nome di Velezia, il cantautore di Poggio Bustone si prende una pausa di quattro anni. Un periodo dove trova il tempo per curare anche la produzione artistica di due album dell’amico Adriano Pappalardo. E proprio durante la lavorazione del secondo Oh,era ora! (1983), fa la conoscenza di Pasquale Panella che dietro lo pseudonimo di Vanera firma i testi dei due dischi di Pappalardo. Un metodo di lavoro curioso iniziato nel 1977 per le canzoni scritte insieme a Enzo Carella (Malamore, Barbara fra quelle più celebri) dove con ironia esce dai cliché della classica canzone d’amore per virare deciso su alliterazioni e giochi di parole.
PER BATTISTI è la folgorazione perché il suo nuovo percorso musicale necessita di un cambio deciso di metodo, rispetto agli anni passati con Mogol. Decodificano e destrutturano canoni compositivi che entrambi definiscono consumati. Il primo frutto di questo incontro è un passo indietro rispetto all’avanguardia ricercata in E già, ma è qualitativamente una delle punte più alte della scrittura musicale di Battisti. Gli otto brani che vanno a comporre Don Giovanni (1986) – produzione affidata a Greg Walsh, arrangiamenti di Robyn Smith, copertina bianca sporcata da un disegno come nei successivi, segnano un punto di non ritorno per la musica italiana che sarà costretta nei decenni successivi a far riferimento a questo disco. Suoni e testi esaltano al massimo lo spirito di evocazione e di suggestione delle nuove composizioni, che tocca il suo apice nel brano che intitola l’album.
Gli otto brani che vanno a comporre Don Giovanni (1986) – produzione affidata a Greg Walsh, arrangiamenti di Robyn Smith, copertina bianca sporcata da un disegno come nei successivi, segnano un punto di non ritorno per la musica italiana
UNA VERA E PROPRIA romanza dove Panella gioca proprio su uno dei suoi consueti paradossi, questa volta cartesiano «Non penso quindi tu sei» aggiungendo poi anche riferimenti ai mutamenti intercorsi nella vita artistica di Battisti «che ozio nella tournée, di mai più tornare, nell’intronata routine del cantar leggero». Intercorrono due anni – sarà la cadenza fissa di ogni sua uscita da quel momento fino al conclusivo Hegel nel 1994 – prima dell’uscita del secondo capitolo dell’incontro con il paroliere romano. L’apparenza – prodotto da Robyn Smith – è più essenziale nei suoni rispetto al precedessore, ma Panella è ancora più presente attraverso una ricerca fonetica (e poetica) nei testi anche perché – è lo stesso Panella a raccontare a Luciano Ceri nel volume Pensieri e parole (Tarab) – «Da L’apparenza in poi io fornivo di volta in volta a Battisti i testi delle canzoni e lui su quelli componeva successivamente le musiche. Ed erano strutture assolutamente improprie alla canzone, direi inorganiche alla canzone». Nel 1990 è la volta de La sposa occidentale, ancora otto brani .- produce Greg Walsh, sempre ricchi di spunti melodici ma con un tocco ritmico in più e citazioni disco anni settanta. Cosa succederà alla ragazza – siamo nel 1992 – vede Panella sviluppare il suo stile con suggestioni sonore ma sempre implacabile nei suoi giochi di parole: «La padrona del proprio girovita, del proprio girocollo, del proprio giropeplipo del corpo» sono versi che incantano l’ascoltatore in Ecco i negozi.
Il cerchio si chiude il 29 settembre (data simbolica) 1994 quando arriva nei negozi Hegel che non mostra sostanziali mutamenti rispetto ai precedenti lavori. La destrutturazione della canzone era arrivata all’estremo, andare oltre era impossibile. La coppia si separa, poi il silenzio e la morte di Battisti faranno di Hegel il capitolo conclusivo di una carriera leggendaria.
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