«Non odiare», la memoria fra vendetta e perdono
Al cinema L'esordio alla regia di Mauro Mancini, tratto da una storia vera. Protagonista Alessandro Gassman
Al cinema L'esordio alla regia di Mauro Mancini, tratto da una storia vera. Protagonista Alessandro Gassman
Non odiare, recita il titolo del film d’esordio di Mauro Mancini che è stato chiamato a inaugurare la Settimana della Critica all’ultima Mostra di Venezia. Tutto prende le mosse da una situazione banale: un incidente d’auto, un uomo messo male, con il sangue che fuoriesce copioso, poi un medico che arriva casualmente sul posto pronto a intervenire in soccorso del ferito. Infatti chiama subito un’ambulanza e comincia a darsi da fare per cercare di salvare il malcapitato. Per fortuna, si potrebbe pensare. Mica tanto. Perché il medico si chiama Simone Segre è di chiara origine ebraica e ha un passato famigliare segnato dalla Shoah che ancora opera su di lui al punto che quando scopre che il ferito ha un’enorme svastica tatuata sul petto, in un attimo si blocca e praticamente lo lascia morire.
QUESTO è il punto di partenza di Non odiare, ispirato a una vicenda autentica, occorsa peraltro in Germania. E da qui partono diversi momenti che offrono l’impalcatura del racconto. Abbiamo un orfano del morto incidentato accecato dall’odio brutale e razziale dei mai sopiti fascismi. Scopriamo che il padre di Simone era fatto a modo suo, anche in termini di educazione nei confronti del bambino suo figlio che ora è devastato dai sensi di colpa, arrivando a dare un lavoro alla figlia dell’uomo che ha lasciato morire.
I luoghi comuni sono tutti lì, in agguato, Mancini, anche autore della sceneggiatura con Davide Lisino, procede come fosse uno slalom cercando di saltare tutti i paletti disseminati lungo la vicenda che potrebbero farlo saltare. Per far questo si affida anche molto ai suoi interpreti. Alessandro Gassmann che si presta con generosità e talento a indossare i panni, anche scomodi, del medico. Sara Serraiocco che nasconde una grande forza dietro un’apparente fragilità e Luka Zunic che irrompe con la (in)giusta cattiveria violenta del naziskin. Temi forti quindi quelli che il film vuole andare a toccare: l’odio, la vendetta, il perdono, la memoria, il senso di colpa legati all’onda lunga e giustamente mai sopita della Shoah. Ma nonostante le intenzioni c’è qualcosa che lascia un retrogusto amaro. Non tutto scivola via come dovrebbe.
COSÌ Non odiare suona un po’ troppo come frase importante da usare come claim per una vicenda che comincia a sembrare lontana nei tempi e nei modi. Vero che ovunque assistiamo a rigurgiti antiebraici, a violenze razziste a ragionamenti e approcci che non avrebbero stonato tra i gerarchi del ventennio fascista e neppure tra gli artefici del nazismo, ma il filo nero che lega quella storia terrificante alla realtà contemporanea è più complesso, articolato e contraddittorio. Certo non è un film che deve mandare «messaggi» o compiere analisi minuziose di quel che succede oggi nel mondo, ma forse Non odiare rischia di semplificare tutto questo, al di là delle intenzioni. E questo non aiuta, pur rimanendo un esordio coraggioso e inconsueto che punta a un livello di racconto e di storia più alto di quel che di solito viene offerto al cinema.
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