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«Non occorre alcuna legge», via libera all’eterologa subito

«Non occorre alcuna legge», via libera all’eterologa subitoLa ministra della Salute, Beatrice Lorenzin

Fecondazione artificiale Con due sentenze gemelle il tribunale di Bologna smentisce la ministra della Salute, Beatrice Lorenzin

Pubblicato circa 10 anni faEdizione del 19 agosto 2014

Non occorre una legge nazionale che regolamenti ulteriormente la fecondazione eterologa, come auspicato dalla ministra della Salute Beatrice Lorenzin, perché la sentenza con cui la Corte Costituzionale ha abolito il 9 aprile scorso il divieto che era contenuto nella legge 40 non lascia alcun vuoto normativo. Dunque, via libera per due coppie che avevano presentato ricorso prima del pronunciamento della Consulta all’immediato ricorso alla tecnica di procreazione assistita con gameti esterni. A stabilirlo sono due ordinanze gemelle emesse il giorno prima di Ferragosto dal giudice Antonio Costanzo, della prima Sezione civile del Tribunale di Bologna, che impongono ai due centri medici a cui le coppie si erano rivolte ottenendo un rifiuto – il Sismer e la Tecnobios di Bologna – di procedere immediatamente al trattamento in vitro senza alcun vincolo di lista d’attesa.
«Queste sentenze mettono a tacere tutte le polemiche riguardo l’esigenza di una nuova legge, – commenta entusiasta l’avvocata Filomena Gallo, segretaria nazionale dell’Associazione Luca Coscioni, che insieme al collega Gianni Baldini ha vinto il ricorso contro il Centro medico Sismer – semmai il Parlamento si appresti a rimuovere tutti i divieti della legge 40 invece di pensare ad ostacolare una tecnica tornata a pieno titolo nell’ordinamento italiano. Anche perché attendiamo nei prossimi mesi che la Consulta si pronunci ancora sui casi da noi sollevati che riguardano il divieto di accesso per due coppie fertili ma portatrici di malattie genetiche e quello di donare embrioni alla ricerca». Le ordinanze del Tribunale bolognese assumono una certa rilevanza perché tolgono acqua alle argomentazioni della ministra Lorenzin, la quale, a capo della nuova crociata del centrodestra contro la fecondazione assistita (Pma), proprio nei giorni scorsi ha deciso di allungare l’attesa delle migliaia di coppie già in lista per l’eterologa affidando al Parlamento la bozza di decreto governativo e chiedendo contemporaneamente alla Regioni di non seguire l’esempio della Toscana che ha bruciato tutti sui nastri di partenza autorizzando anche i centri di ricerca pubblici a procedere senza indugio. Scrive infatti il giudice Costanzo: «Dichiarando infondata l’eccezione di inammissibilità relativa al paventato “vuoto normativo” la Corte costituzionale è stata chiara nell’escludere “nella specie” (ossia, con riferimento ai casi concreti sottoposti alla sua attenzione, del tutto assimilabili a quello qui in esame) l’esistenza di incolmabili lacune concernenti la regolamentazione essenziale dell’accesso alla Pma con donazione di gameti, sia quanto ai presupposti che quanto agli effetti. Non è un caso – si legge ancora in una delle due ordinanze – che il giudice delle leggi non abbia demandato al legislatore il compito di introdurre apposite disposizioni volte ad eliminare eventuali lacune insuscettibili di essere colmate dai giudici». Infatti, «nei limiti della compatibilità, in ipotesi di Pma con donazione di gameti (salva l’introduzione di una nuova e specifica disciplina) troveranno dunque applicazione le vigenti disposizioni in tema di donazione di cellule riproduttive anche se non proveniente da un partner (si applicheranno dunque i criteri di selezione del donatore di tessuti e/o di cellule e si eseguiranno gli esami di laboratorio richiesti per i donatori in generale), ma pur sempre nel rispetto dei requisiti» di legge. «Dunque – conclude l’ordinanza – l’accesso alla Pma rimane riservato alle coppie formate da soggetti maggiorenni di sesso diverso, coniugati o conviventi, in età potenzialmente fertile, entrambi viventi».
E allora, «linee guida aggiornate, decreti ministeriali attuativi, altri provvedimenti – aggiungono i legali Clara, D’Amico, Costantini e Papandrea, che hanno seguito il ricorso contro la Tecnobios a cui una delle due coppie bolognesi si era rivolta nel 2010 – potranno contribuire al miglioramento delle procedure: ma non sono e non possono essere il pretesto per negare un diritto e per aggirare una (chiarissima) sentenza della Corte Costituzionale». Ora il trattamento di fecondazione eterologa alla Tecnobios è possibile: «Se la coppia vuole – ha spiegato Andrea Borini, direttore del centro clinico privato – nel giro di un mesetto, se tutto andrà bene, dovrebbe essere possibile fare il trattamento».
E a questo punto c’è da aspettarsi che altre regioni seguano subito l’esempio della Toscana autorizzando anche i centri pubblici che, a differenza dei privati, sono attualmente bloccati in attesa di una decisione della Conferenza Stato-Regioni. «Le ordinanze – afferma l’assessore alle Politiche per la salute dell’Emilia-Romagna, Carlo Lusenti – ribadiscono ciò che noi abbiamo sempre sostenuto, così come era stato affermato dalla sentenza della Corte costituzionale: cioè che esiste un diritto, senza alcun vuoto legislativo, e che tale diritto deve essere reso esigibile anche attraverso il servizio pubblico».

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