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Non è un paese per bambini

L'impaziente inglese Le notizie provenienti dagli Stati Uniti di Trump non fanno più ridere. Il fascismo incipiente del Presidente ormai non è una descrizione iperbolica e il trattamento degli immigrati e in […]

Pubblicato più di 6 anni faEdizione del 7 luglio 2018

Le notizie provenienti dagli Stati Uniti di Trump non fanno più ridere. Il fascismo incipiente del Presidente ormai non è una descrizione iperbolica e il trattamento degli immigrati e in particolare dei bambini al confine meridionale degli USA è diventato un simbolo della sua disumanità, dell’applicazione della forza contro i più deboli e della mancanza di rispetto per i diritti umani. Ma il confine del sud è sempre un incubo per gli americani del nord. Da Frontiera di Tony Richardson di 1982 a Non è un paese per vecchi, da Breaking Bad a The Counselor – Il procuratore e Sicario, la frontiera è un ricettacolo di criminalità, una terra di mezzo in cui la moralità viene infettata da compromessi fatali. Perfino Babel di Alejandro Inarritu mostra in un episodio come un soggiorno brevissimo in Messico metta in pericolo le vite dei bambini americani e della loro bambinaia. Come tutti i film hollywoodiani sul Vietnam non sono veramente sul Vietnam ma sugli effetti del Vietnam vissuto dagli americani – così i film ambientati al confine meridionale degli USA si focalizzano su personaggi americani nel bel mezzo di un dilemma morale, spesso impossibile. Le persone che provengono dall’altra parte del confine sono invece criminali spietati o vittime, spesso senza nome, terrorizzate o uccise, corpi nei muri o nel deserto. Ma un corpo trovato nel deserto ha ispirato proprio il documentario dell’attore Gael García Bernal, Chi è Dayani Cristal? (2014) in cui l’attore ripercorre il viaggio di un clandestino morto. Un mix di indagine e ricostruzione, il film, nonostante le buone intenzioni, fatica ad allontanarsi dallo slum tourism, dato che Bernal può scappare quando vuole. Invece l’impotenza dei migranti e dei rifugiati si vede chiaramente in Sin Nombre (2009) di Cary Fukunaga – il regista della prima stagione di True Detective. È un film che penetra non solo il mondo di Sarya, un’adolescente dell’Honduras ma anche di una gang che rapina e sfrutta i migranti. Sarya viaggia sul treno famoso La Bestia che attraversa il Messico con un carico illecito di clandestini sul tetto. Il treno appare anche nel documentario dello stesso anno Which Way Home che segue i bambini non accompagnati nel loro lungo viaggio epico e pericoloso. Un po’ di speranza e un’alternativa alla paura e all’ingenerosità della politica di Trump e Salvini si possono trovare in un altro documentario, Llevate Mis Amores – All of Me (2014). Questo racconta il lavoro delle donne di un paesino vicino ai binari della Bestia, che prestano soccorso e offrono cibo ai passeggeri. I film di cui sopra precedono tutti l’elezione di Donald Trump e se c’è una cosa di cui dovremmo ringraziare il Grande Arancione è che nel suo maldestro tentativo di risolvere la situazione è riuscito almeno a rendere visibile il problema. Il nostro dovere adesso è non solo di vedere un problema da risolvere ma di vedere le vite reali, sofferenti e in gran parte innocenti, da proteggere e da salvare.

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