Venezia festeggia i 700 anni dalla morte di Marco Polo (1254-1324) con una grande mostra nell’appartamento dei dogi, a Palazzo Ducale, fino al 29 settembre: I mondi di Marco Polo. Il viaggio di un mercante veneziano del Duecento. Oltrepassate le consuete folle e le statue bronzee di Valdès in Piazza San Marco – Las Meninas dal famoso quadro di Velázquez (pubblicità praticamente regalata dal Comune alla Galleria Contini e all’artista) –, si arriva a Palazzo Ducale, dove una bella mostra vuole sottolineare il carattere mercantile dei viaggi di Marco Polo: ma la storia vera, sembra, è come la leggenda, dato che il diciassettenne imbarcatosi nel 1271 con il padre e lo zio reduci dalla Cina nel 1269, attraversò, e come noto, descrisse i suoi viaggi dettando il testo a Rustichello da Pisa, in prigione, a Genova, dopo 24 anni trascorsi principalmente, ma non solo, in Cina.

Prima di entrare si è accolti da una «statua» in rete metallica di Lorenzo Quinn (quello delle Mani gigantesche appoggiate a Ca’ Sagredo sul Canal Grande), raffigurante Marco Polo, di cui non esiste un ritratto ma solo interpretazioni, anche otto e novecentesche. Il primo intento dell’esposizione è sfatare l’idea diffusa che Marco sia stato solo in Cina. Suddivise in quattro sezioni, troviamo testimonianze artistiche delle regioni dai Polo attraversate e da Marco descritte: per usare le sue parole, «le più grandi meraviglie e le grandi diversità della Grande Armenia, della Persia, dei Tartari, dell’India e di molte altre regioni» (p. 29 del catalogo, trascrizione ed edizione critica di Mario Eusebi ed Eugenio Burgio, pubblicata da Edizioni Ca’ Foscari in rete nel 2018).

Le quattro sezioni mostrano l’arte dei quattro paesi: stoffe, ceramiche e porcellane, manoscritti con miniature, statue e altri manufatti artistici. Ma prima di arrivarci si parte da Venezia, dove la casa di Marco Polo è illustrata anche alla luce dei recenti scavi (si veda il saggio in catalogo di Michela Agazzi e Rossella Cester), in un luogo chiamato «Il Milion» dove sostano ammirati i turisti asiatici. Si è poi accolti da una grande mappa che altro non è che la riproduzione ingrandita del Mappamondo di Fra Mauro (1459-1460), mostrato «diritto» per non confondere lo spettatore: nella stanza seguente il Mappamondo è orientato con quello che per noi è il Sud a Nord, come Fra Mauro l’aveva fatto. Simbolo della mostra un arazzo di Zoran Mušic, Il viaggio di Marco Polo (1950), realizzato – a quanto pare – per una nave, e quindi simbolico del viaggiare.

Dopo che il visitatore ha potuto vedere i diversi itinerari, di andata e ritorno, dei Polo, segue una scelta di manoscritti, in parte miniati, e di libri a stampa che segnalano la grande popolarità del Milione, tradotto nelle più varie lingue, compresi il catalano e il dialetto toscano: non mancano le versioni più note, di Giovanni Battista Ramusio, in due edizioni a stampa. Spicca tra gli altri il fac-simile del manoscritto del Devisement dou monde di Parigi (fr.1116, su cui è basata l’edizione critica, citata sopra, di Eusebi e Burgio).
Dopo un’esposizione di testi di altri viaggiatori in Asia, prima e dopo i Polo, si attraversa l’Armenia, con manoscritti raffinati, monete e un leggio di legno del 1272 (tutti prestiti del Museo di Yerevan); si arriva poi ai paesi dell’Islam, con miniature, tessuti, coppe in ceramica, una collana d’oro, e in Cina, l’Impero Celeste, le cui stanze sono dipinte di azzurro). In Cina in effetti Marco Polo fece amicizia con Kubilai Khan, che lo inviò con un lasciapassare d’oro in diverse ambasciate. Per questa sezione il Museo di Shanghai ha fornito diversi prestiti: da sigilli del XIII secolo a pesi e monete, a vesti e copricapi, al cenotafio nestoriano di Siraq, a lacche intagliate, a meravigliose porcellane bianche o dipinte. Non mancano pezzi da Zurigo, Berlino e Roma, ma l’apporto del Museo di Shanghai è certamente anche merito della Rettrice dell’Università Ca’ Foscari, Tiziana Lippiello, sinologa con molti rapporti con la Cina. Segue la sala dell’India, popolata di statue di dèi e dee.

Si arriva così all’Ottocento e al Novecento, con interpretazioni pittoriche (Tranquillo Cremona), disegni (Giuseppe Gatteri) e manifesti novecenteschi. In una vetrina sono accatastati molti libri su Marco Polo, a riprova della sua popolarità. Nella stanza finale, ancora una grande mappa sul muro: nei vari luoghi percorsi dai Polo sono appese scatole che si aprono, dove si possono annusare fiori o spezie, a dare un’idea dei profumi dell’Oriente.

Giovanni Curatola, già professore a Ca’ Foscari e a Udine, inviato in missioni anche archeologiche da diversi Ministeri in paesi quali Turchia, Iran, Iraq, Giordania, Siria, Egitto, Yemen, Tunisia, Libia, Russia, Cina, Corea, Giappone, ha diretto questa mostra, ben riuscita, insieme a Chiara Squarcina, Direttrice Scientifica della Fondazione Musei Civici. Il catalogo (Magonza editore) offre una serie di saggi firmati dai curatori e dagli studiosi citati, ma anche da specialisti di cartografia come Piero Falchetta, e da altri esperti.