Scuola

«Non è possibile criminalizzare un’opinione espressa in privato»

Washington, in marcia per chiedere il cessate il fuoco a Gaza foto Ap/Tom WilliamsManifestazione pro Palestina – Ap

La lettera Per i commenti sul conflitto israelo-palestinese espresse in chat è stato licenziato e ora rischia di perdere lo status di rifugiato

Pubblicato 9 mesi faEdizione del 9 febbraio 2024

Caro manifesto,

a fine gennaio è stata riportata da alcuni quotidiani la notizia della sospensione di un educatore da una prestigiosa scuola francese con sede a Roma: l’istituto Chateaubriand. Il provvedimento è stato notificato all’interessato poco tempo dopo che questi aveva subito una perquisizione, il 17 gennaio scorso, da parte della Digos di Roma.

L’educatore risulta indagato per aver condiviso, su alcune chat private di WhatsApp, la sua posizione sul conflitto israelo-palestinese, per aver espresso grande sconforto in merito alla morte di migliaia di bambini palestinesi e per aver manifestato apprezzamento per un leader di Hamas. La perquisizione sarebbe stata decisa allo scopo di rinvenire eventuali armi o esplosivi, ma si è conclusa in un nulla di fatto. La scuola ha smentito l’eventualità che la sospensione sia stata richiesta direttamente dalla questura.

Rispetto a quanto condiviso dall’educatore le indagini sono ancora in corso e lo stesso si è detto profondamente dispiaciuto per l’accaduto: era scosso per i video e le immagini che arrivavano dalla striscia di Gaza, ma non intendeva in alcun modo incitare alla violenza. L’algerino Bensouibat Seif, questo il suo nome, è titolare di regolare permesso di soggiorno in Italia, essendogli stato riconosciuto lo status di rifugiato politico; e dispone di carta di identità rilasciata dal Comune di Roma. È incensurato, privo di carichi pendenti e prestava regolare attività lavorativa da oltre nove anni con la qualifica di pedagogo e contratto a tempo indeterminato.

Successivamente il provvedimento di sospensione si è tradotto in licenziamento e gli è stato notificato l’avvio della procedura di revoca dello status di rifugiato. Il tutto, come si è detto, quale diretta conseguenza di quanto condiviso da Seif su alcune chat private. Non è prevedibile quale sarà l’esito dell’iter di verifica del suo status di rifugiato politico, ma già da ora esprimiamo tutta la nostra preoccupazione.

Riteniamo superfluo sottolineare che sul conflitto israelo-palestinese le nostre posizioni sono diverse da quelle di Seif e che riteniamo Hamas un nemico della causa palestinese, ma: pensiamo che la morte dei civili e dei bambini palestinesi rappresentino un crimine di guerra e che le opinioni, anche le più lontane dalle nostre, quando restano opinioni, tanto più come in questo caso espresse in forma privata, non debbano costituire un fattore di criminalizzazione.

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