Per metà figlio di una commissione della Trondheim Jazz Orchestra (i primi quattro brani) e per l’altra di riflessioni e digressioni che prendono spunto dallo standard che intitola l’album, questo disco mette in mostra ancora una volta il talento di uno dei pianisti più personali dell’avant-jazz di oggi. Cory Smythe ci aveva già fatto drizzare le orecchie con il precedente Accelerate Every Voice e conferma qui che il suo è un percorso da seguire con grande attenzione. Le prime quattro tracce vedono dieci musicisti oltre al leader: una nutrita sezione fiati nella quale segnaliamo Peter Evans e Ingrid Laubrock, poi il violoncello di Tomeka Reid e la voce di Sofia Jernberg, già con Fire! Orchestra. I titoli dicono già tanto: Liquiform e Combustion; forme aperte, enigmatiche, suoni para-elettronici (probabilmente Evans, maestro irraggiungible alla tromba), un camerismo denso e irrequieto dove attitudine zen ed economia dei gesti la fanno da padrone. Da qualche parte tra Braxton e un’idea di glitch-jazz acustico e che però serba un cuore capace di pompare ritmo e sangue nei vasi di un corpo molto più umano di quanto non appaia a un primo ascolto.