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Non ci sono ancora le parole

Non ci sono ancora le paroleMerab Mamardashvili (1930-1990)

Finestre di Orosia Qui tra amici, al cohousing, ci si cerca, per sentirsi uniti...

Pubblicato più di 2 anni faEdizione del 9 aprile 2022

Qui al cohousing sono scarse le tracce di Primavera: qualche ciliegio fiorito e sparute margherite nei prati. I giorni sono ancora freddi, non piove abbastanza e la terra è arida. Poi c’è l’orrore della guerra e la sua ombra su di noi. Pensare che sino a due anni fa vivevamo nell’allegria di grandi tavolate e la Primavera era un arcobaleno di colori e progetti. Ora l’aria è secca e triste. Qui ognuno cuce la giornata con il suo lavoro di sempre, e cerca a suo modo di testimoniare pace e impegno per la solidarietà: Ernesto con la protezione civile, Lola nell’accoglienza dei profughi di guerra, Olga partecipando ai tavoli per la pace. Ci si confronta su ciò che sta succedendo, appesi alle mille notizie che arrivano. Ma le parole sono confuse ed in disordine. Oltre alle parole di geopolitica, di economia, dell’ordine del mondo, che faticano a trovare strade di pace, i sentimenti esplodono come una nuvola atomica che avvelena. I sentimenti bruciano e non trovano quiete e non la troveranno né nella storia né nella morte.

Qui tra amici ci si cerca, per sentirsi uniti. La domanda degli sguardi addolorati è sempre quella: sull’enormità e incomprensibilità del male e della sofferenza. Smirna è convinta che abbiamo dovere di ascolto non solo dei fatti, ma anche dei sentimenti, che vanno espressi e ricordati per non abituarsi alla guerra. Distribuisce copie di un libro: «Preghiera per Cernobyl» di Svetlana Aleksievic, scrittrice e giornalista Bielorussa, Premio Nobel per la Letteratura nel 2015. Il libro è una raccolta di testimonianze dirette sulla tragedia di Cernobyl, il più grave disastro del nucleare civile con l’esplosione del quarto reattore alla centrale ucraina, il 26 Aprile 1986, costato la vita ad un milione e mezzo di persone, con conseguenze ancora presenti. È testimonianza di errori tecnici e umani, di menzogne, ma soprattutto ricostruzione di sentimenti, di vite da ricordare per educare l’umanità al futuro, vite che, non raccontate, sarebbero seppellite nel buio della storia: «Siamo spesso silenziosi. Non gridiamo e non ci lamentiamo. Sopportiamo, come sempre sopportiamo. Anche perché non ci sono ancora le parole».

Dice Anna insofferente «Non so se queste letture mi aiutano: mettono paura e ne ho già tanta io». Pier le risponde: «Tanto la paura c’è. Per me invece sono come un controcanto d’amore e di vita». Legge alcune pagine: racconti di persone che hanno saputo restare umane, capaci di solidarietà inaudita e coraggio, come sta succedendo anche oggi, in questa guerra. Allora l’aria si riempie di tenerezza per le creature umane, di comunione con loro, di forza interiore. E le parole riportate nella prima pagina di «Preghiera per Cernobyl» di M. Mamardašvili, filosofo della Georgia, sono: «Noi siamo l’aria, non la terra».

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