L’Europa, le istituzioni comunitarie, vivono un momento di difficoltà strette nella morsa della guerra e la rinascita dei nazionalismi. La guerra miete vittime, soprattutto tra la popolazione ucraina. A sostegno della quale va il nostro impegno e la solidarietà. Ci sono però anche vittime collaterali, vittime politiche, come l’Europa.

Il campo progressista, se non vuole ridursi alle sole pratiche di cannibalizzarsi, dovrà rilanciare un piano di lavoro comune a partire dalla sovranità europea contro la logica delle piccole patrie. Sovranità politica, energetica, green, dei diritti umani, economica. Questo dovrebbe essere il terreno su cui misurarci, tutto insieme.

E’ in corso una offensiva della destra che ha come obiettivo principale indebolire la politica comunitaria. Se non facciamo argine, la possibilità di avere presenze nazionaliste nella prossima Commissione europea è piuttosto concreta. La dinamica porta il Partito popolare europeo a stringere un patto con i Conservatori. Meloni, Weber e Metzola lavorano a questo obiettivo.

La guerra prolungata diventa terreno di scorribande di interessi differenziati: quelli dell’imperialismo russo che compra tempo confidando sui numeri imponenti di cui dispone in termini di risorse umane e militari; quelli americani che hanno rilanciato la Nato come soggetto politico e militare; quelli dei nazionalisti che preferiscono veder deperire la democrazia europea.

Nel contesto italiano la convergenza anti comunitaria della iniziativa militare russa, dell’amministrazione Biden e della premier Meloni appare evidente. La destra italiana punta alla destrutturazione delle istituzioni comunitarie per ridare fiato all’Europa delle nazioni.

In questo contesto sarebbe importante vedere le forze progressiste assumere una iniziativa comune, una agenda di lavoro pacifista, democratica e anti razzista. Una agenda fondata su pochi chiari punti di impegno capace di movimentare la società italiana, costruire un sussulto popolare. Il cuore resta la sovranità, e l’indipendenza europea come chiave per affrontare tre questioni di fondo.

Un piano di pace e di iniziativa diplomatica autonoma europea. Capace di dialogare anche con altre proposte, come ad esempio quella cinese. “Rispettare la sovranità di tutti i Paesi”, “Abbandonare la mentalità da guerra fredda”, “Avviare i colloqui di pace”, per stare ad alcuni stralci dei dodici punti di Pechino. L’Europa può fare di più e meglio, con una maggiore credibilità storica e culturale.

Il tema non è solo quello di dividerci sull’invio o meno di armi e addestratori italiani al fronte, ma di provare ad individuare un percorso comune capace di ridare dignità alla parola pace. Si può fare solo ritrovando e mettendo al centro del dibattito pubblico la vocazione diplomatica dell’Unione europea. L’Europa non può essere una succursale della Nato. Deve tornare a svolgere un ruolo autorevole proprio, mantenendo stretta l’alleanza militare atlantica. Ma appunto la funzione politica e quella militare devono tornare ad esprimersi su piani distinti.

C’è immediatamente dopo la lotta alle ingerenze delle lobby. Chi ha rubato e messo a dura prova la credibilità delle istituzioni europee dovrà pagare. Ma oltre ai soldi visibili ci sono quelli invisibili. Ogni anno le lobby della farmaceutica, delle industrie militari e della innovazione tecnologica spendono 1,5 miliardi di euro per influenzare il decisore politico. Lotta senza quartiere a chi inquina la dialettica democratica con soldi e prebende.

Da ultimo, la gestione dei flussi migratori. Su questo dovremmo dire una cosa netta: vogliamo abolire Frontex, agenzia discussa e discutibile, spesso complice e colpevole di mancato soccorso in mare.

Milioni di euro spesi per vedere la gente morire. Connessa ad una battaglia per avere risorse per realizzare su suolo italiano luoghi e progetti di prima e seconda accoglienza. I numeri dei migranti in partenza dal sud del mediterraneo sono destinati a crescere. Cominciamo con rivendicare una accoglienza organizzata intorno alla rete solidale diffusa sul territorio, che faccia base sulle straordinarie esperienze delle nostre Ong, della cooperazione e del volontariato.

Questioni dirimenti, più il supporto a tutte le iniziative connesse alla giustizia sociale e ambientale, che intrecciano il profilo ambizioso, autonomo della costruzione comunitaria. Senza questo scatto continueremo a subire l’Europa delle nazioni. Proviamoci, mettendo in campo le forze che vogliono contrastare il disegno autoritario fatto di muri, confini, guerra permanente e respingimenti.