Non cancelliamo la cooperazione internazionale
Governo e pandemia I fondi per la cooperazione sono poco al di sotto dello 0,2% del Pil a fronte di un impegno dichiarato dello 0,7; tanto per capirci meno del valore di un solo F35
Governo e pandemia I fondi per la cooperazione sono poco al di sotto dello 0,2% del Pil a fronte di un impegno dichiarato dello 0,7; tanto per capirci meno del valore di un solo F35
Una lettera da parte delle Ong di cooperazione e solidarietà internazionale è sul tavolo del presidente del Consiglio. A questa iniziativa le ha spinte l’evidenza che il Covid-19 miete vittime invisibili tra le popolazioni più povere del Paesi in via di sviluppo.
Le fragilità strutturali di molti sistemi sanitari in Asia, Africa ed America latina stanno infatti condannando migliaia di persone ad una lenta agonia, fuori dal clamore dei media mainstream e nella crescente indifferenza di un modo industrializzato sempre più impegnato con gli effetti economici della crisi e sempre meno interessato a trarre le giuste lezioni in termini di riconversione ecologica dei processi produttivi.
Eppure, se una palese evidenza questa pandemia ha illuminato è certo il ruolo della solidarietà, tra individui, tra nazioni e tra continenti.
Nell’inestricabile nodo di Gordio della globalizzazione, qualunque aggettivo le si possa poi attribuire, siamo tutti legati, e nessuno ha la spada di Alessandro Magno per recidere i legami comuni, piaccia o meno. Di questi fanno parte le azioni di politica estera che vanno sotto il nome di cooperazione allo sviluppo, nel nostro Paese in capo al Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale (Maeci), così ribattezzato dopo la riforma che, oramai le lontano 2104, doveva rilanciare ciò che, nell’articolo primo della Legge viene definita come «parte qualificante della politica estera». I caposaldi della riforma erano sia di tipo quantitativo, cioè il progressivo adeguamento degli stanziamenti agli impegni presi in sede internazionale, per intenderci il sostegno ai cosiddetti Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile, cioè quel quadro di riferimento globale che muove verso un modello di sviluppo più sostenibile dal punto di vista ambientale ed inclusivo da quello sociale, sia qualitativo, cioè l’uso efficace delle risorse disponibili attraverso la creazione di una Agenzia per lo Sviluppo (Aics), una delega ad un Vice Ministro e la creazione di un Consiglio Nazionale in ruolo consultivo nel quale siedono tutte le rappresentanze dei soggetti protagonisti delle azioni di cooperazione allo sviluppo: organizzazioni non governative, enti locali, sindacati, università e settore privato.
A sei anni di distanza lo stato dell’arte è presto detto: i fondi per la cooperazione sono poco al di sotto dello 0,2% del Pil a fronte di un impegno dichiarato dello 0,7; tanto per capirci meno del valore di un solo F35, l’Agenzia ha una carenza cronica di organico, la delega al vice ministro non è stata ancora ufficialmente assegnata, il Consiglio Nazione non viene convocato da due anni, la programmazione degli impegni è ferma a tre anni or sono. Ora la pandemia Covid-19 ha mobilitato immediatamente i soggetti che da sempre sono vicini alle popolazioni più fragili: le Ong, che si sono reinventati i loro interventi in chiave anti pandemica. Solo che per continuare a portare avanti gli impegni presi con i beneficiari, in campo sanitario, educativo, di rispetto dei diritti umani e quant’altro, hanno chiesto di erogare urgentemente i finanziamenti previsti. Si tratta dunque di fondi già in bilancio ma di cui ad oggi ancora non si conosce né l’ammontare né la destinazione poiché la decisione in merito non è stata ancora presa. Ecco che a fronte delle esigenze di vita o di morte di migliaia di persone, di fronte al dovere della solidarietà umana, le richieste di chiarimenti sulla destinazione e l’ammontate di questi fondi sono diventate una lettera al presidente del Consiglio firmata dalle rappresentanze delle Ong. Le dinamiche interne al Governo non possono in nessun modo giustificare questi ritardi.
I popoli hanno memoria lunga e ricordano chi al momento del bisogno ha teso loro una mano. Ed ancora, per gli aficionados della realpolitik: è inutile osservare la progressiva erosione della presenza europea o italiana in Africa, a fronte di altre potenze emergenti, quando non si è in grado di utilizzare con lungimiranza uno strumento così importante come la solidarietà internazionale. Siamo certi che il Presidente Conte coglierà tutti questi aspetti e finalmente darà una risposta nel merito. Attendiamo fiduciosi ma il tempo delle scelte è ora.
* portavoce Coordinamento Italiano Network Internazionali
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