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Non arrendiamoci all’imposizione del glifosato

Non arrendiamoci all’imposizione del glifosato

Il glifosato è l’erbicida più usato al mondo. La sua licenza per il mercato Ue è stata rinnovata l’ultima volta nel 2017 per soli 5 anni, invece dei canonici 15, […]

Pubblicato circa un anno faEdizione del 5 ottobre 2023

Il glifosato è l’erbicida più usato al mondo. La sua licenza per il mercato Ue è stata rinnovata l’ultima volta nel 2017 per soli 5 anni, invece dei canonici 15, in considerazione della sua diffusione nei suoli e nelle acque e del parere della Iarc (International Agency for Research on Cancer) dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, che lo aveva classificato «probabile cancerogeno per l’uomo». Bayer-Monsanto, il colosso nato dalla fusione delle due imprese nel 2018, ha messo da parte 4,5 miliardi per far fronte agli eventuali risarcimenti delle 30 mila cause pendenti negli Stati Uniti da parte di agricoltori e giardinieri che si sono ammalati di cancro.

Un caso emblematico è quello di Edwin Hardeman che, dopo aver usato un erbicida a base di glifosato per trent’anni, contrasse il linfoma non Hodgkin, un tumore che si origina nel sistema linfatico. Decise di fare causa alla Monsanto e, nel marzo del 2019, un tribunale statunitense riconobbe che il glifosato era stato un «fattore sostanziale» per l’insorgenza della patologia, condannando l’impresa a pagare 80,8 milioni di dollari, successivamente ridotti a 25,3. Ciononostante, la recentissima valutazione dell’impatto del glifosato sulla salute dell’uomo, degli
animali e dell’ambiente fatta dall’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (Efsa), non ha evidenziato alcuna area di preoccupazione critica e la Commissione europea ha proposto il rinnovo dell’autorizzazione dell’erbicida glifosato per altri 10 anni.

Lungi dal mettere in discussione il parere dei miei ex-colleghi tossicologi ed ecotossicologi dell’Efsa, vorrei semplicemente ricordare che la presenza diffusa del glifosato e del suo metabolita Ampa (acido aminometilsolfonico) nelle acque di falda e di superficie (vedi il recente rapporto di Greenpeace e gli studi dell’Istituto di Ricerca sulle Acque del Cnr) rende necessari costosi trattamenti e sofisticate analisi da parte delle aziende che gestiscono gli acquedotti di cui non è stata certo Bayer-Monsanto a sostenere i costi, bensì i contribuenti. Inoltre, la presenza di fitofarmaci nelle acque destinate al consumo umano, anche se quasi sempre al di sotto delle soglie di sicurezza stabilite per legge, lede la fiducia dei cittadini per l’acqua di rubinetto, inducendoli all’acquisto di acqua in bottiglia (di cui gli italiani sono i primi consumatori in Europa), con tutte le conseguenze che questo comporta dal punto di vista economico e ambientale. Il 3 luglio 2017 furono consegnate 1.320.517 firme di cittadini europei alle autorità competenti per chiedere la messa al bando del glifosato ma i colossi dell’agribusiness non si sono arresi e sono tornati alla carica. Penso proprio che dovremmo fare altrettanto.

* Già cattedra di Ecologia, Università degli Studi di Milano

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