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Nomine, troppa fretta. E il cda Rai s’incarta

Nomine, troppa fretta. E il cda Rai s’incartaMonica Maggioni e Antonio Campo Dall'Orto, presidente e dg Rai – Foto La Presse

Rai Freccero: hanno sbagliato la procedura. Per questo oggi il piano dell'informazione non potrà essere approvato

Pubblicato più di 8 anni faEdizione del 3 agosto 2016

«Se non ci danno il piano 24 ore prima della riunione del cda domani (oggi, ndr) non possiamo votarlo. Hanno fatto un colossale errore di procedura, l’ho fatto notare ai sindaci e ne hanno dovuto prendere atto». Il consigliere Carlo Freccero non trattiene la soddisfazione. Da quando, la settimana scorsa, ha saputo di un giro di nomine ai TgRai, improvviso agostano e quindi sospetto, ha indossato l’elmetto. Ed è partito lancia in resta contro «un blitz epurativo per schierare tutta l’informazione Rai a favore del sì al referendum». Neanche a farlo apposta, i dati che l’Agcom ha pubblicato ieri sono una clamorosa conferma della sua tesi: il Tg1 è il più sbilanciato a favore del sì (il 60 per cento rispetto al 36,9 del no)? E il suo direttore Mario Orfeo è l’unico che resterà al suo posto, mentre i direttori delle testate più equilibrate stanno per saltare.

Studiati i regolamenti, Freccero ha fischiato il fallo e costretto a rallentare l’operazione. Quindi stamattina il cda Rai prenderà visione del piano dell’informazione di Carlo Verdelli, ma non potrà votarlo in quanto formalmente non consegnato 24 ore prima ai consiglieri. Poi alle 15 il direttore generale Campo Dall’Orto e la presidente Maggioni saranno ascoltati dall’Autorità anticorruzione sulle procedure da loro utilizzate per le nomine esterne della precedente tornata. Infine alle 20 e 30 andranno in Vigilanza a presentare il «piano»: che però non sarà stato ancora approvato dal cda e quindi non avrà una veste ufficiale. Almeno fino a domattina, quando il cda si riconvocherà per votarlo. Di conseguenza anche le nomine con ogni probabilità slitteranno.

Insomma, per la fretta, dg e presidente sono andati in confusione. «Non siamo un votificio, debbono farci leggere quello che votiamo». Freccero è un fiume in piena. Anche perché basta rileggere le cronache per capire che sui nuovi direttori dei Tg c’è stata un’accelerazione curiosa: a luglio il dg Campo Dall’Orto dichiarava a Paolo Mieli che non erano in vista. «Ma perché hanno fatto questo scatto improvviso? Presidente e dg si sono infilati in un cul de sac e hanno dimostrato di essere deboli. Vogliono fare il Nazareno 3, un nuovo patto fra Letta e Renzi, però non riescono a mettersi d’accordo. E hanno quasi tutta la Vigilanza contro».
In effetti ieri Angelino Alfano ha lamentato «l’ingiusta punizione» di Marcello Masi che deve lasciare il Tg2. Le opposizioni sono tutte in guerra, con toni più sfumati da parte di Forza Italia, che pure chiede l’audizione di tutto il cda perché, sbotta Maurizio Gasparri, «ci sia una discussione trasparente e completa su un piano per l’informazione di cui allo stato non si sa assolutamente nulla». Discorso a parte quello di Renato Brunetta: «Il premier sta facendo carne da porco della Rai». Fuoco di fila di Sinistra italiana: «L’esecutivo punta ad allineare tutte le testate sul Sì al referendum, neutralizzando le voci più autonome come quella di Bianca Berlinguer», accusa Alfredo D’Attorre. Più o meno con le stesse parole della minoranza Pd, e tutti in difesa della rimossa, o meglio rimovenda. Che il cda deve ricollocare, come tutti gli altri cui verrà tolto l’incarico, per evitare nuovi inattivi a stipendio d’oro. Attacca anche l’Usigrai: «Direttore generale e presidente spieghino alla Vigilanza perché hanno disatteso l’impegno a procedure pubbliche e trasparenti per la nomina dei direttori, previsto al punto 15 del parere approvato a febbraio 2015 all’unanimità dalla Vigilanza stessa».

Quanto ai nomi, i giochi iormai sembrano fatti: al Tg1 verrebbe riconfermato Mario Orfeo, al Tg2 arriva Ida Colucci, al Tg3 di Luca Mazzà (che a ottobre aveva lasciato la Ballarò di Giannini in quanto «troppo antirenziano», secondo le voci, ed era passato ad Agorà di Gerardo Greco). Antonio Di Bella resta al suo posto, Rainews, ma senza promozioni al Tg3 né accorpamenti di testate, delle quali si era parlato. Forse non era abbastanza renziano.

Ma ieri Di Bella si è levato la soddisfazione di una clamorosa esclusiva Rai: l’intervista al presidente turco Erdogan, firmata dall’inviata Lucia Goracci che ha seguito le vicende di Nizza e poi il golpe e il controgolpe turco: «Una pagina di grande giornalismo che fa onore al servizio pubblico», ha detto il suo direttore.

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