Europa

Nomine, nuovo tentativo. Timmermans in gioco

Nomine, nuovo tentativo. Timmermans in giocoFrans Timmermans, – LaPresse

Commissione Ue L’estrema destra punta su un nulla di fatto come prova della paralisi della Ue

Pubblicato più di 5 anni faEdizione del 30 giugno 2019

Se non bastasse la cena di stasera, che inizia alle 18 dopo un pomeriggio di incontri bilaterali, a Bruxelles sono già stati ordinati i croissant per lunedì mattina: i capi di stato e di governo dei 28 si riuniscono per la terza volta attorno alla quadratura del cerchio delle nomine, dopo le elezioni europee di maggio. L’obiettivo è trovare prima del 2 luglio, data della prima sessione del nuovo Parlamento europeo, il nome che sblocchi la principale carica, quella del prossimo o della prossima presidente della Commissione, poi a seguire le altre cariche da decidere subito (Mr o Mrs Pesc, presidenza del Consiglio, poi presidenza dell’Europarlamento a carico di Strasburgo, ma elemento del negoziato complessivo, con un pensiero costante di tutti per la decisione d’autunno sul successore di Draghi alla Bce).

La pratica dello Spitzenkandidat è contestata, ma soprattutto perché la persona indicata dal Ppe, primo gruppo all’Europarlamento (anche se in declino rispetto alla precedente legislatura), non è considerata adeguata: secondo Die Welt, anche Angela Merkel avrebbe ormai abbandonato Manfred Weber (tedesco della Csu), che non ha le qualità oggettive, non essendo mai stato ministro (ha fatto tutta la carriera a Strasburgo). Come premio di consolazione potrebbe diventare presidente dell’Europarlamento e il Ppe avrebbe anche la presidenza del Consiglio Ue. Ma se il meccanismo dello Spitzenkandidat non fosse abbandonato, potrebbe tornare in ballo Frans Timmermans, candidato di S&D, ma c’è l’ostilità italiana (è severo sui conti pubblici), oltre che polacca e ungherese (come vice di Juncker è stato in prima fila nelle procedure contro Varsavia e Budapest per le violazioni dello stato di diritto). Se fosse scelto, potrebbe recuperare come vice la danese Margrete Vestager (liberale), che comunque resterà a Bruxelles (e resta in corsa per la presidenza). Timmermans è soprattutto considerato un buon candidato per la carica di Alto rappresentante della politica estera. Ci sono altri nomi per la successione a Juncker, ma saranno messi sul tavolo solo se la pratica Spitzen viene definitivamente abbandonata: dal francese Michel Barnier (Ppe, negoziatore Brexit), al primo ministro irlandese Leo Varadkar (nato nel ’79, del Fine Gael, Ppe).

La quadratura del cerchio deve trovare un equilibrio tra gruppo politico, origine geografica, di genere. Al Consiglio, il Ppe è ben rappresentato con 9 paesi diretti da un suo esponente, 8 liberali e 6 socialdemocratici, invece i Verdi sono assenti anche se devono pesare nelle decisioni visto il successo alle europee. Geograficamente, il Ppe è ormai spostato a est, mentre all’ovest, oltre ai Verdi si sono rafforzati i liberali (S&D è più forte nel sud). L’estrema destra resta ai margini del negoziato in corso sui top jobs, ma intende pesare sulle nomine per le presidenze dei comitati legislativi dell’Europarlamento: qui tutti possono essere accontentati, perché ce ne sono 22 (ognuno con un presidente e 4 vice). Il gruppo Identità e democrazia (Lega, Rassemblement National, Brexit Party) vuole l’Agricoltura e gli Affari legali. Gli altri gruppi sono divisi, tra chi è rassegnato all’entrata dell’estrema destra come effetto dei risultati elettorali e chi vorrebbe che si mantenesse il “cordone sanitario” attorno ai nazionalisti.

Ai margini del G20 di Osaka, gli europei hanno discusso di nomine. «Siamo più vicini a una soluzione» ha detto il presidente del Consiglio Ue, Donald Tusk. Sui pro-europei pesa una grossa responsabilità: un’eventuale assenza di accordo sarebbe usata dall’estrema destra come una prova della paralisi della Ue (anche se, sulla carta, ci sarebbe tempo fino alla seconda sessione dell’Europarlamento, 15-18 luglio).

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