Visioni

Node, riconnettersi con gli abissi del sentire

Node, riconnettersi con gli abissi del sentireEllen Arkbro – foto di Davide Sabbatini

Musica Torna la rassegna di musica elettronica a Modena, protagonista la compositrice svedese Ellen Arkbro. Il suo è un live site-specific modulato sull’organo della Chiesa del Gesù Redentore

Pubblicato 10 mesi faEdizione del 8 dicembre 2023

Creare esperienze immersive in grado di modificare la percezione dell’ambiente attraverso le arti multimediali: questo l’intento del festival Node, giunto all’undicesima edizione portando a Modena artisti che spingono avanti i limiti della ricerca sul sonoro e sull’audiovisivo. Con un’identità precisa e uno sguardo rivolto a 360 gradi sull’attualità dell’elettronica mondiale, la rassegna è da anni un punto fermo sulla mappa dei suoni dell’oggi. Aperto dalla preview con i giapponesi Goat, quartetto capace di suonare techno disossata e ansiogena con strumenti rock, e dalla performance alla chiesa del Voto del designer cipriota Mihalis Shammas, incentrata sull’utilizzo del Lyraei, uno strumento elettroacustico progettato e realizzato dallo stesso sound artist, questa esplorazione nei nuovi linguaggi della sensibilità multimediale entra nel vivo per una quattro giorni di live consecutivi.

La prima a presentarci gli ultimi frutti del suo lavoro è la compositrice svedese Ellen Arkbro, classe 1990: Sounds While Waiting, come dichiarato dall’artista di Stoccolma alla webzine «The New Noise» in una recente intervista, oltre a essere il titolo del suo ultimo lavoro in studio è un’inedita composizione site-specific modulata sulle caratteristiche timbriche dell’organo della Chiesa del Gesù Redentore: strumento peculiare poiché le sue canne sono collocate in vari punti dell’edificio; da qui la spazializzazione del suono e la possibilità dunque di dilagare nello spazio sino ad abitare anche il pubblico, che diventa cassa di risonanza e parte attiva del processo di ascolto. Studi alle spalle con La Monte Young, faro del minimalismo, Arkbro, autrice di almeno un disco imperdibile, For Organ And Brass, si era già cimentata con un organo in Emilia, a Bologna, nel 2019, all’interno di una rassegna vicina al Node ovvero Live Arts Week. La performance comincia con la musicista non visibile: un bordone di suono, potente e insinuante, come una meditazione a occhi chiusi o il corrispettivo per l’udito di una campitura di colore di Mark Rothko. Mondi enigmatici in cui perdersi, mentre l’attualità affoga nel brusio e i più distratti restano in attesa che qualcosa avvenga.

IN REALTÀ nulla deve accadere, perché forse tutto è già successo e questi suoni senza apparente disegno o direzione servono per riconnetterci in qualche modo con il nostro sentire profondo, negli abissi dove non arrivano le parole. Il festival prosegue fino a sabato; dopo i set a/v al cinema Astra dell’ungherese Gábor Lázár e del peruviano Alex Guevara, entrambi presentati in anteprima nazionale, si prosegue, al teatro Storchi e col gran finale al Comunale con, tra gli altri, la prima nazionale di Kelly Moran, pianista e compositrice statunitense, il solo del sassofonista norvegese Bendik Giske, il set del percussionista turco Cevdet Erek e la performance collaborativa di Caterina Barbieri e Space Afrika, con gli interventi scenografici di Ruben Spini e di Mfo, al secolo Marcel Weber, già visual director di festival prestigiosi come Atonal di Berlino e Unsound di Cracovia.

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