L’unico eccidio contro un forte nucleo di classe operaia nel nostro paese: tra il 13 ed il 14 giugno 1944 Niccioleta fu travolta dalla furia nazifascista che in due giorni uccise 83 minatori di cui 6 fucilati il 13 nella piccolissima corte del dopolavoro di Niccioleta e 77 mitragliati e buttati in un burrone a Castelnuovo di Val di Cecina. Nonostante la ferocia questo eccidio cadrà nell’oblio, lo stesso Camilleri si chiedeva come mai di tutte le stragi compiute dai tedeschi in Italia, questa era una delle meno conosciute.

La narrazione di Niccioleta (toponimo derivante dai numerosi alberi di nocciolo circostanti), un villaggio sorto su una collinetta a 460 metri di altezza attorno alla miniera di pirite aperta nel 1930 dalla Società Montecatini, si dividerà tra prima e dopo l’eccidio. Per lavorare in miniera nel piccolo villaggio si insediarono 200 famiglie tra operai, impiegati, tecnici e dirigenza provenienti da tutta Italia ma soprattutto dai vicini paesi dell’Amiata. Carlo Cassola e Luciano Biancardi nel 1956, in una inchiesta sui minatori della Maremma, avevano frettolosamente previsto la morte del villaggio in concomitanza con la chiusura della miniera. Invece mentre la produzione mineraria ha chiuso i battenti nel ‘92, il villaggio oggi è ancora li a rappresentare un importante esempio di archeologia industriale e la testimonianza dell’unico blocco abitativo di fondazione fascista conservatosi quasi integro. Con i suoi 180 residenti è poco più di un borgo a 8 chilometri da Massa Marittima, ma un tempo le sue case e le sue vie erano percorse da una intensa vita sociale vissuta all’ombra della miniera e scandita dal tempo della guerra e dall’eccidio.

Una storia di lavoro duro in miniera e di morte ma anche di straordinaria vivacità sociale destinata all’oblio se non fosse per la ricerca di Riccardo Zipoli, già docente di ‘Lingua e Letteratura Persiana’ e ‘Ideazione e Produzione Fotografica’ a Ca’ Foscari (attualmente è professore emerito) nonché pluripremiato fotografo, ricostruita nel poderoso volume Niccioleta Fotografie e memoria di un villaggio minerario, edito dalla biblioteca comunale di Massa Marittima. Scopo del volume è il quadro fotografico e testuale della storia di Niccioleta: le attività minerarie, la storia del villaggio, l’eccidio. Zipoli descrive minuziosamente gli impianti minerari e il paesaggio circostante, si sofferma su «nascite e morti, il lavoro e la disoccupazione, la fatica e il riposo, l’impegno e lo svago, gli arrivi e le partenze, gli amori prima e dopo l’eccidio, la fatica fisica e l’espressione intellettuale, le lotte e le delusioni». Due anni di intenso lavoro per il quale si è avvalso del contributo corale dei residenti oltreché di saggi, tesi, schede, carte e mappe, citazioni, tabelle e documenti vari. Ha riprodotto digitalmente ben 4800 fotografie, sia private che pubbliche, trovate negli archivi. Tra queste ha pubblicato circa 400 fotografie sottratte agli scatoloni e alle buste casalinghe di 54 archivi privati. Ha utilizzato inoltre archivi pubblici tra cui il «Fondo fotografico Montecatini» e, per le foto dell’eccidio, l’archivio di Corrado Banchi. Per la storia del villaggio si è avvalso della collaborazione della comunità niccioletana e,per alcune interviste, della tesi di laurea di Valentina Basarri che contiene le testimonianze di persone nel frattempo scomparse. Per la situazione sindacale ha utilizzato il lavoro dello studioso Silvano Polvani. «Questo tipo di coralità ‘aperta’ ha fatto sì che nel libro convivano sensibilità eterogenee che talora portano a vedere una stessa realtà da angolazioni diverse e che si riflettono anche in vari stili di scrittura. Si tratta di una pluralità di voci e di toni- spiega Zipoli- che arricchisce, a mio avviso, il valore dell’iniziativa. Alcuni contributi, poi, sono vere e proprie attività di gruppo».

L’autore ripercorre novant’anni di vita consegnandoci una microstoria importante, intercetta storie e personaggi, racconta le innumerevoli pieghe della società e della condizione umana esistenti nel villaggio. Il primo nucleo di otto fabbricati per operai e sorveglianti fu costruito nel ‘33, nei primi anni ‘40 arrivarono i dormitori, le case per gli operai e, rigorosamente divise, quelle per gli impiegati, la scuola rurale, il dopolavoro con annessi il bar e, al primo piano, cinema e una sala biliardo, la chiesa, il lavatoio, gli orti sociali. Durissimo il lavoro dei minatori che lavoravano immersi nell’acqua fino alle ginocchia o pativano un caldo infernale. Solo 12 i giorni di ferie all’anno. Alla domenica giocavano a pallone o andavano a caccia di selvaggina in mezzo ai boschi. Il 60% era antifascista, alcuni di loro aderirono alle formazioni partigiane. In molti scioperarono contro le pesantissime condizioni di lavoro ma anche contro il fascismo. Sui vagoncini una volta si lesse la scritta «Viva la Russia», un’altra «Abbasso il duce».

Il 9 giugno 1944 i partigiani (fra cui anche alcuni minatori) occuparono la miniera. Nella tarda nottata del 12 giugno due plotoni tedeschi della terza compagnia e reparti della quarta compagnia del battaglione di polizia, al comando dell’aiutante maggiore tenente Emil Block, si avvicinavano a Massa Marittima. Il battaglione era il «III Polizei-Freiwilligen-Bataillon‘Italien’» formato da ufficiali tedeschi, sottufficiali sia tedeschi che italiani, e soldati di truppa italiani ai quali venne riferito che l’8 giugno ben 800 partigiani avevano occupato il paese. Preoccupati per la situazione i minatori organizzarono la guardia notturna alla miniera. Tra il 12 e i1 13 giugno, fascisti e SS entrarono nel villaggio all’alba proprio mentre, alle 5,30 le guardie operaie smontavano dal servizio. Dopo le perquisizioni e le intimidazioni nelle case, la milizia fascista trucidò sei minatori, dietro il forno della dispensa. Gli altri, nel frattempo, vennero ammassati nel ricovero per essere poi trasferiti a Castelnuovo Val di Cecina e rinchiusi nel cinematografo. Alle 18 un ufficiale divise i prigionieri in due gruppi: da una parte i 77 che fecero i turni di guardia, dall’altra i restanti (40-50 circa) addossati contro il muro della sala. Fascisti e tedeschi portarono i 77 in un dirupo dove li uccisero con la mitragliatrice. Nelle settimane successive le salme dei fucilati vennero trasferite nei cimiteri dei paesi di origine. A Massa Marittima alla fine di settembre 1944 una folla immensa seguì i feretri.

Nell’ambito della rassegna Maremma Novecento, promossa dai Musei di Massa Marittima, il volume sarà presentato oggi 29 aprile alle 16 presso la biblioteca Gaetano Badii. Al tavolo dei relatori oltre al curatore del volume Riccardo Zipoli anche Mirco Carrattieri, responsabile scientifico di Liberation Route Italia e Sergio Smerieri, direttore artistico del festival internazionale GU.PHO di Guiglia.